Due preghiere Egregio Presidente della Repubblica,
in questi mesi lei ha detto molte volte cose molto sagge, di cui ogni persona di retto sentire e di volontà buona sa che deve esserle grata.
Mentre parte non irrilevante del ceto politico e la quasi totalità dei mezzi d'informazione sembrano essere corrivi o comunque subalterni alla sciagurata retorica razzista ed alle pratiche barbare e scellerate da essa ispirate, lei ha richiamato costantemente al riconoscimento dell'umanità degli esseri umani che cercano di raggiungere il nostro paese in fuga dalla guerra e dalla fame, dalle dittature e dai disastri ambientali, da poteri politici, economici, ideologici, militari e criminali che prolungano la ferocia disumanizzante del colonialismo, che ripropongono la segregazione e la schiavitù come modello globale di organizzazione sociale ed economia politica per il terzo millennio dell'era volgare.
Chiunque riconosce e comprende la disumanità della retorica razzista e schiavista, e tuttavia essa infetta sempre più il discorso pubblico, con la sua folle astrattezza, con la sua cruda protervia, con il suo solipsismo e la sua pretesa sacrificale.
E siamo già arrivati alle prime avvisaglie di quelli che se non immediatamente ed energicamente contrastati si svilupperanno in veri e propri tentativi di linciaggio, tentativi di pogrom.
Proprio mentre despoti folli lanciano sfide insensate che possono dar luogo finanche a un'escalation bellica con uso delle apocalittiche armi nucleari; proprio mentre guerre e persecuzioni flagellano tante parti del mondo; proprio mentre la prima radice ed il primo modello di ogni violenza, il maschilismo, anche nel nostro paese pressoché quotidianamente giunge fino a menare strage di donne; e proprio mentre le emergenze ambientali smascherano quanto profondi siano i danni provocati alla biosfera da politiche economiche rapinatrici e desertificatrici, da ideologie e prassi consumiste onnicide, è necessario un più intenso, adeguato impegno per porre un argine alla barbarie, per predisporre una linea di resistenza civile che abbia come principio e fine, come ratio e come metodo, la difesa nitida e intransigente del diritto di ogni essere umano alla vita, alla dignità, alla solidarietà.
Egregio Presidente della Repubblica,
sia lei a promuovere una riflessione e un impegno necessari: in difesa dell'ordinamento giuridico democratico, in difesa dello stato di diritto, in difesa della Repubblica e della Costituzione, in difesa dell'umanità.
Rientra nei suoi compiti, in un momento di smarrimento di tanti, essere voce che chiama al dovere morale e all'impegno civile.
Due cose in particolare la pregheremmo una volta ancora di voler dire, invitando il Parlamento a porre attenzione a due esigenze ed impegnarsi per esse.
La prima: che ogni essere umano ha diritto alla vita.
Ed affinché questo sia vero non solo come enunciato teorico ma come realtà effettuale, occorre che ogni persona ed ogni umano istituto di questo nome degno orienti la sua azione a questo primo fine: salvare le vite.
Troppe sciocchezze vengono quotidianamente profuse dai mass-media, ma in cuor suo ogni persona sa che vi è un solo modo per far cessare le stragi dei migranti in fuga, un solo modo per annientare l'infame business dei trafficanti schiavisti e mafiosi. E questo modo è quello che già Immanuel Kant indicava nel suo Progetto per la pace perpetua: riconoscere ad ogni essere umano il diritto di muoversi liberamente su tutto il pianeta casa comune dell'umanità. Riconoscere ad ogni essere umano il diritto di giungere nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro: fosse riconosciuto e garantito questo diritto, nessuno più si getterebbe tra gli artigli delle mafie dei trafficanti schiavisti.
Se non si fa questo, non vi è speranza di contrastare il male.
Chi a Roma, a Bruxelles o a Strasburgo propone di fare della Libia un gigantesco lager in cui recludere gli innocenti del Sud del mondo in fuga dalla fame e dalle guerre, non sa quel che si dice.
Sia lei, egregio Presidente, a dire le parole che devono essere dette, a riportare il discorso pubblico nella sfera della razionalità, della civiltà, dell'umanità.
La seconda cosa che con tutto il cuore la preghiamo di voler dire, è l'invito al Parlamento a riconoscere finalmente il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.
Per quanto riguarda le elezioni amministrative lei ricorderà che già negli anni Novanta del secolo scorso se ne discuteva tanto negli enti locali quanto in Parlamento come di una evidente necessità non più rinviabile: sono passati vent'anni e nulla se ne è ancora fatto; frattanto i non nativi che vivono e lavorano nel nostro paese sono il dieci per cento della popolazione; le tasse le pagano tutte, ma il diritto di partecipare alle decisioni pubbliche che riguardano le loro stesse vite gli è ancora negato. Che scandalo.
Alcuni anni fa l'Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia, per quanto attiene all'ambito di sua specifica competenza e peculiare interesse, ovvero in riferimento alle elezioni comunali, ha predisposto e proposto all'attenzione del Parlamento un progetto di legge recante "Norme per la partecipazione politica ed amministrativa e per il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità": la discussione parlamentare di questa ragionevole proposta non è ancora neppure iniziata.
Ma non ci sono solo le elezioni amministrative, ci sono anche quelle politiche, ed è nel Parlamento che si fanno le leggi valide erga omnes.
Da mesi è stato promosso l'appello "Una persona, un voto", primi firmatari padre Alex Zanotelli e la partigiana e senatrice emerita Lidia Menapace, per il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone stabilmente residenti in Italia.
Questo appello muove dalla constatazione che "vivono stabilmente in Italia oltre cinque milioni di persone non native, che qui risiedono, qui lavorano, qui pagano le tasse, qui mandano a scuola i loro figli che crescono nella lingua e nella cultura del nostro paese; queste persone rispettano le nostre leggi, contribuiscono intensamente alla nostra economia, contribuiscono in misura determinante a sostenere il nostro sistema pensionistico, contribuiscono in modo decisivo ad impedire il declino demografico del nostro paese; sono insomma milioni di nostri effettivi conterranei che arrecano all'Italia ingenti benefici ma che tuttora sono privi del diritto di contribuire alle decisioni pubbliche che anche le loro vite riguardano".
E poiché Il fondamento della democrazia è il principio "una persona, un voto", conclude che "l'Italia essendo una repubblica democratica non può continuare a negare il primo diritto democratico a milioni di persone che vivono stabilmente qui".
A questo appello appello hanno già aderito tre ministri emeriti, Maria Chiara Carrozza, Giuseppe Fioroni e Cecile Kyenge, e 165 parlamentari in carica di varie forze politiche sia di maggioranza che di opposizione, e insieme a loro migliaia di cittadini, tra cui innumerevoli illustri personalità della vita culturale, morale, civile ed istituzionale, personalità come Giancarla Codrignani, Heidi Gaggio Giuliani, Francuccio Gesualdi, Chiara Ingrao, Raniero La Valle, Luisa Morgantini, Giorgio Nebbia, Riccardo Orioles, Moni Ovadia, Annamaria Rivera.
L'accoglimento di questo appello da parte del Parlamento e quindi la sua traduzione in legge farebbe cessare l'attuale regime di effettuale segregazione elettorale per circa un decimo della reale popolazione italiana stabilmente residente; e contrasterebbe efficacemente il razzismo ed ogni violenza. Perché come ricordava Guido Calogero è con la democrazia che si contrasta la violenza, essendo la democrazia la scelta di contare le teste invece di romperle. L'Italia è un paese democratico e fondamento della democrazia è il criterio "una persona, un voto", pertanto non può continuare l'attuale assurda decimazione elettorale.
Egregio Presidente della Repubblica,
tra il mondo di ieri, in cui sia lei sia chi le scrive queste righe abbiamo vissuto la gran parte delle nostre vite, e il mondo di domani (se vi sarà ancora un mondo umano, e vi sarà solo se l'umanità avrà appreso le "tre verità di Hiroshima" di cui parlava profeticamente Ernesto Balducci), vi è oggi l'ora, il "kairos", in cui occorre dire le verità necessarie e fare le azioni buone e giuste, le azioni indispensabili per il bene comune; cominciando noi stessi, nel nostro paese, seguendo quell'esortazione gandhiana ad essere noi stessi il mondo come vorremmo che fosse, ad essere noi stessi l'umanità come dovrebbe essere.
Soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto.
Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di vivere e muoversi liberamente, in modo legale e sicuro, sull'intero pianeta, casa comune dell'umanità.
Inverare la democrazia: una persona, un voto.
Augurandole ogni bene,
Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo
Viterbo, 19 settembre 2017