dal n. 1135 del 5 dicembre 2005 del notiziario "La nonviolenza è in cammino"
[Dalla rivista mensile di Pax Christi "Mosaico di pace" di novembre 2005 riprendiamo l'editoriale di Alex Zanotelli].
[Dalla rivista mensile di Pax Christi "Mosaico di pace" di novembre 2005 riprendiamo l'editoriale di Alex Zanotelli].
La barbara uccisione dell'on. Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale della Calabria ci ha riportati tutti a toccare con mano lo strapotere della 'ndrangheta, oggi regina delle mafie. Ci rendiamo conto che le mafie, dalla Sicilia alla Campania, sono ritornate a controllare il territorio come e più di prima. E non è semplicemente un fenomeno meridionale ma è ormai un cancro che rode l'intero tessuto nazionale. "Il problema oggi" - ha detto il coraggioso vescovo mons. Bregantini ai funerali di Fortugno - "non è solo a Locri ma è soprattutto a Roma. C'è una dimensione nazionale e non solo locale". È quanto mi avevano ripetuto i ragazzi tossicodipendenti del rione Sanità di Napoli: "Alex, non usare più la parola camorra, ma parla di 'o sistemà". La 'ndrangheta ha un fatturato di 35 milioni di euro, superiore al Pil della California. È sempre più ricca e sempre più internazionale, spiazzando la stessa Cosa Nostra. "Si è rafforzata nel silenzio - ha scritto recentemente Attilio Bolzoni su "La Repubblica" - nelle complicità vicine e lontane, ha stretto patti con i cartelli colombiani, si è inserita nelle logge massoniche o nel sistema economico come neanche i siciliani erano riusciti a fare". È importante oggi sottolineare questi intrecci tra cosche mafiose e logge massoniche.
Sembra ormai confermato che ogni cosca abbia il suo rappresentante nella locale loggia massonica (trovo incredibile il totale silenzio stampa sulla massoneria e sul ruolo che sta giocando).
Questa situazione preoccupa seriamente questa redazione di "Mosaico di pace" perché la nostra è una rivista collocata a Sud e non può non essere interpellata dal fenomeno mafioso. Come possiamo dirci una rivista sulla pace se non ci impegniamo in prima fila ad analizzare e poi a sfidare queste organizzazioni criminali responsabili di una violenza inaudita all'interno delle nostre comunità? È questo l'insegnamento di Tonino Bello (che ha voluto - e ha voluto al Sud - "Mosaico di pace") che tanto si è impegnato anche su questo fronte. In fedeltà al grande vescovo ("santo" lo ha chiamato Bregantini) la nostra rivista desidera affrontare con più coraggio questo "cancro". "La 'ndrangheta non è un tumore da estirpare da un organismo sano - afferma l'antropologo Lombardi Satriani -. È così invischiata nel tessuto economico che non si può non entrare in contatto".
È soprattutto nella cultura così profondamente mafiosa. Una cultura diffusa che sta diventando globalizzata. Le piccole cosche della 'ndrangheta e di Cosa nostra sono legate a livello mondiale (e sono le più ricche del pianeta) e controllano il cuore della finanza internazionale. Sono queste famiglie, legate sia alle mafie sia alle logge massoniche sia ai servizi segreti, che governano il mondo. È questo intreccio incredibile fra realtà mafiose locali e grandi famiglie che controllano la finanza che rende ancora più difficile l'impegno contro le mafie locali. Davanti a tutto questo, cosa possiamo fare noi? Non lasciamo sola la Chiesa e la comunità calabrese. Sarebbe bello leggere un appello congiunto dell'episcopato calabrese. Una lettura condivisa della realtà che possa incoraggiare le comunità cristiane della regione. Perché non pensare un Concilio regionale delle Chiese del Sud per affrontare questa drammatica realtà? Sarebbe auspicabile che tutta la Chiesa italiana si prepari al convegno nazionale del prossimo anno a Verona focalizzando l'attenzione su questo problema chiave. Per realizzare tutto questo è necessario che le realtà ecclesiali di base facciano rete con tutte le altre realtà. Solo così possiamo affrontare le mafie: esse non possono ammazzare intere comunità nè un popolo unito. Non ci servono croci, ci servono cittadini uniti che si alzano in piedi.
Occorre un forte risveglio delle coscienze, non alimentando più l'iniquità del male, opponendoci alle richieste estorsive, denunciando l'usura. Occorre uno sforzo comune da parte di tutti contro una diffusa cultura mafiosa che è humus per il dilagare della criminalità organizzata. In un contesto mafioso deve nascere uno stile di vita alternativo: "Più chiara sia la nostra parola di preti, più vivo il Vangelo che annunciamo, più profetica la nostra testimonianza cristiana, più consequenziale tutta la nostra vita" (mons. Bregantini).
Sembra ormai confermato che ogni cosca abbia il suo rappresentante nella locale loggia massonica (trovo incredibile il totale silenzio stampa sulla massoneria e sul ruolo che sta giocando).
Questa situazione preoccupa seriamente questa redazione di "Mosaico di pace" perché la nostra è una rivista collocata a Sud e non può non essere interpellata dal fenomeno mafioso. Come possiamo dirci una rivista sulla pace se non ci impegniamo in prima fila ad analizzare e poi a sfidare queste organizzazioni criminali responsabili di una violenza inaudita all'interno delle nostre comunità? È questo l'insegnamento di Tonino Bello (che ha voluto - e ha voluto al Sud - "Mosaico di pace") che tanto si è impegnato anche su questo fronte. In fedeltà al grande vescovo ("santo" lo ha chiamato Bregantini) la nostra rivista desidera affrontare con più coraggio questo "cancro". "La 'ndrangheta non è un tumore da estirpare da un organismo sano - afferma l'antropologo Lombardi Satriani -. È così invischiata nel tessuto economico che non si può non entrare in contatto".
È soprattutto nella cultura così profondamente mafiosa. Una cultura diffusa che sta diventando globalizzata. Le piccole cosche della 'ndrangheta e di Cosa nostra sono legate a livello mondiale (e sono le più ricche del pianeta) e controllano il cuore della finanza internazionale. Sono queste famiglie, legate sia alle mafie sia alle logge massoniche sia ai servizi segreti, che governano il mondo. È questo intreccio incredibile fra realtà mafiose locali e grandi famiglie che controllano la finanza che rende ancora più difficile l'impegno contro le mafie locali. Davanti a tutto questo, cosa possiamo fare noi? Non lasciamo sola la Chiesa e la comunità calabrese. Sarebbe bello leggere un appello congiunto dell'episcopato calabrese. Una lettura condivisa della realtà che possa incoraggiare le comunità cristiane della regione. Perché non pensare un Concilio regionale delle Chiese del Sud per affrontare questa drammatica realtà? Sarebbe auspicabile che tutta la Chiesa italiana si prepari al convegno nazionale del prossimo anno a Verona focalizzando l'attenzione su questo problema chiave. Per realizzare tutto questo è necessario che le realtà ecclesiali di base facciano rete con tutte le altre realtà. Solo così possiamo affrontare le mafie: esse non possono ammazzare intere comunità nè un popolo unito. Non ci servono croci, ci servono cittadini uniti che si alzano in piedi.
Occorre un forte risveglio delle coscienze, non alimentando più l'iniquità del male, opponendoci alle richieste estorsive, denunciando l'usura. Occorre uno sforzo comune da parte di tutti contro una diffusa cultura mafiosa che è humus per il dilagare della criminalità organizzata. In un contesto mafioso deve nascere uno stile di vita alternativo: "Più chiara sia la nostra parola di preti, più vivo il Vangelo che annunciamo, più profetica la nostra testimonianza cristiana, più consequenziale tutta la nostra vita" (mons. Bregantini).