Speravamo di esserci liberati dei «comunisti» di Berlusconi, quei nemici inesistenti (sfortunatamente) che il Cavaliere si era inventato come un Don Chisciotte all'incontrario per non affrontare le critiche (vere) degli oppositori. E invece è di nuovo allarme, allarme rosso compagni, ci sono i «fascisti». Ne ha scovato uno Bersani, non fra i suoi alleati in Sicilia; non fra i Ciarrapichi e i La Russa che stanno nella maggioranza di Monti e cioè anche sua; non fra i finiani con i quali Bersani vagheggia un patto chiamandolo persino «costituzionale»; e nemmeno attorno a lui, in parlamento, dove si votano senza uno straccio di dibattito nel paese provvedimenti che mai sono stati nei programmi politici e che cambiano il corso delle nostre vite, come il pareggio del bilancio nella Costituzione.
Per Bersani il fascista nazionale è Beppe Grillo. E non c'è da dormire tranquilli: una volta sdoganato il termine «fascista», fin qui ostracizzato, impronunciabile, confinato nello slang della sinistra estrema e ascoltato con sufficienza dalle democratiche orecchie, farà proseliti. Visto l'entusiasmo con cui i democratici hanno accolto l'improvviso do di petto del segretario, presto «fascista» sarà chiunque non si dia una regolata lessicale, e via scendendo chiunque sospettato di quello che Violante definisce «populismo giudiziario» e il direttore di Repubblica «nuova destra». Citazione inquietante: negli anni 80 la «nuova destra» era la sinistra del Msi che si opponeva ad Almirante.
Fascista intanto è Grillo, «per il linguaggio che usa», spiega Bersani, perché gli dà dello zombie e via insultando. E per dare l'idea della rabbia, il leader Pd ci aggiunge un virile «vengan via dalla rete e vengano qui a dircele».
Non saremo certo noi a difendere il qualunquismo di Grillo e dei suoi amici giornalisti, di cui siamo spesso vittime e ci costituiamo parte civile. Né a tacere sull'uso autoritario che Grillo fa della rete, né sull'autoritarismo del suo movimento, i cui eletti ogni giorno si piegano a un capo via web, neanche fosse l'ologramma dell'Imperatore di Guerre Stellari. Una «parte», quella del comico, di un copione scritto dal guru-webmaster Casalecchio, in un conflitto di interessi del quale Grillo si rifiuta di parlare proprio come faceva la buonanima del Cavaliere.
Ma stupisce che fra tanti fascismi in corso, in Italia e nel mondo (tanti e diversi, ma bisogna fare la fatica di chiamarli con nomi più pertinenti altrimenti i «democratici» stanno lì a fare le bucce), Bersani abbia scelto quello più facile, un Grillo in calo di appeal. Il fascista sbagliato, quello che serve, al pari dei comunisti di Berlusconi, in campagna elettorale a eccitare gli animi dei suoi, ovviamente poco allegri per l'imminente alleanza forse con gli ex fascisti (quelli veri), certo con l'Udc, coartefice di Berlusconia, che per 15 anni fino all'altro giorno si è votata tutte ma proprio tutte le leggi ad personam del Cavaliere.
Su chi guadagnerà da questa trappola lo sentenziava già ieri il Corriere, con il titolo di prima: «Una grande rissa a sinistra», in cui la sinistra sarebbero Bersani e Grillo. Chi detiene il copyright dell'antipolitica non poteva sperare in un successo migliore.
Il manifesto del 28 agosto 2012