"Quando l'informazione e la politica alimentano l'allarme criminalità"
Sbatti il mostro in prima pagina. No, non si tratta del celebre film di Marco Bellocchio con Gian Maria Volontè, bensì di una fine strategia informativa che i media italiani oramai da diversi anni portano avanti con scopi diversi, creando i presupposti per far crescere ed usare opportunamente una vera e propria strategia della paura. A dirlo non sono le sensazioni di qualche opinionista controcorrente, ma i dati che emergono dalla seconda edizione dell'indagine "La sicurezza in Italia: significati, immagine e realtà", curata da Fondazione Unipolis.
L'indagine si basa sui i dati raccolti da Demos, che riassumono le percezioni dell'opinione pubblica (tramite un campione di duemila cittadini) sulla sicurezza e sulla ricerca dell'Osservatorio di Pavia sulla presenza sui Tg delle principali reti nazionali, Rai e Mediaset, di notizie relative a crimini e reati.
In sintesi, mentre il trend dei reati denunciati è sostanzialmente stabile negli ultimi anni, con addirittura una discesa lieve ma costante a partire dal primo semestre del 2007, l'informazione italiana dedica uno spazio crescente al problema, con una "impennata" delle notizie di cronaca nera nel primo e ancor di più nel secondo semestre 2007. L'interesse della tv per i temi della sicurezza ridiscende poi nel primo semestre 2008, fin quasi ai livelli del 2005-2006. Un dato che, associato alla percezione che i cittadini hanno del rischio criminalità, fornisce indicazioni di grande rilievo: nei sondaggi effettuati negli stessi periodi, la risposta alla domanda "secondo lei, c'è maggiore o minore criminalità nella zona in cui abita rispetto a cinque anni fa?" segue fedelmente il trend dello spazio dedicato dalla tv alla sicurezza.
In altre parole, la paura dei cittadini sale e scende a seconda di come e quanto i telegiornali trattano il tema.
La lunga, lunghissima campagna elettorale che ha caratterizzato l'Italia dall'autunno 2007 all'aprile 2008 ha indubbiamente avuto forti riflessi sulla comunicazione mediatica. I dati esposti nella ricerca lo dimostrano e i curatori dell'indagine lo sottolineano esplicitamente: la sicurezza e la criminalità hanno ottenuto grande visibilità perché prioritari nell'agenda dei politici in vista del voto. Conseguentemente l'insicurezza è divenuta in tv tema di prima serata, un titolo da posizionare in testa ai notiziari.
C'è molto da riflettere quindi sui ripetuti "allarme sicurezza" dettati da un sistema della comunicazione che segue logiche del tutto proprie, raramente connesse con la dinamica del numero dei reati. Ondate giornalistiche che provocano insicurezza generica, o al contrario, e peggio, incentrate su un particolare aspetto che assume una rilevanza sproporzionata fino a scatenare reazioni sociali fuori controllo, come le ronde o le spedizioni punitive.
Se il cambiamento del clima d'opinione dipende ovunque dal cambiamento del clima politico e mediatico, in Italia tutto ciò ha dell'inquietante, osservando come politica e informazione siano strettamente legate. Giova ricordarlo, anche a costo di apparire ripetitivi e lamentosi, dal momento che nessuno appare più interessato al problema - che il leader della principale forza politica del Paese è mero proprietario di tre televisioni (e di un discreto numero di quotidiani) e che lo stesso leader, come capo del governo, esercita, con il tacito assenso di un'opposizione acquiescente (in cambio di qualche strapuntino) il controllo di fatto su buona parte della tv pubblica.
Sbattere il mostro in prima pagina conviene, dunque. Conviene alla politica, soprattutto alla destra, maggiormente avvantaggiata nell'affrontare questi temi; conviene ai media, perché la cronaca nera fa grandi indici di ascolto tra un'opinione pubblica sulla cui capacità di giudicare e osservare i fatti occorre cominciare a interrogarsi; conviene pure ai potentati economici (comproprietari di giornali e finanziatori della tv con le inserzioni pubblicitarie). Nel paese in cui migliaia di persone hanno perso i risparmi di una vita in obbligazioni spazzatura o hanno perso il lavoro a causa di scelte industriali fallimentari, piuttosto che far sapere che i responsabili di tutto ciò operano ancora impuniti e stimati, fa più comodo sbattere il mostro in prima pagina. Oggi i romeni, ieri i musulmani, domani l'immigrazione clandestina. E in mezzo, ampie dosi di bici di Garlasco e pigiamini di Cogne. Qualunquismo? Sterile "benaltrismo"? Forse sì. O forse no.
La ricerca completa è disponibile sul sito www.fondazioneunipolis.org
Spazio mensile dedicato alle notizie di reato in tv (fonte: Fondazione Unipolis)
L'indagine si basa sui i dati raccolti da Demos, che riassumono le percezioni dell'opinione pubblica (tramite un campione di duemila cittadini) sulla sicurezza e sulla ricerca dell'Osservatorio di Pavia sulla presenza sui Tg delle principali reti nazionali, Rai e Mediaset, di notizie relative a crimini e reati.
In sintesi, mentre il trend dei reati denunciati è sostanzialmente stabile negli ultimi anni, con addirittura una discesa lieve ma costante a partire dal primo semestre del 2007, l'informazione italiana dedica uno spazio crescente al problema, con una "impennata" delle notizie di cronaca nera nel primo e ancor di più nel secondo semestre 2007. L'interesse della tv per i temi della sicurezza ridiscende poi nel primo semestre 2008, fin quasi ai livelli del 2005-2006. Un dato che, associato alla percezione che i cittadini hanno del rischio criminalità, fornisce indicazioni di grande rilievo: nei sondaggi effettuati negli stessi periodi, la risposta alla domanda "secondo lei, c'è maggiore o minore criminalità nella zona in cui abita rispetto a cinque anni fa?" segue fedelmente il trend dello spazio dedicato dalla tv alla sicurezza.
In altre parole, la paura dei cittadini sale e scende a seconda di come e quanto i telegiornali trattano il tema.
La lunga, lunghissima campagna elettorale che ha caratterizzato l'Italia dall'autunno 2007 all'aprile 2008 ha indubbiamente avuto forti riflessi sulla comunicazione mediatica. I dati esposti nella ricerca lo dimostrano e i curatori dell'indagine lo sottolineano esplicitamente: la sicurezza e la criminalità hanno ottenuto grande visibilità perché prioritari nell'agenda dei politici in vista del voto. Conseguentemente l'insicurezza è divenuta in tv tema di prima serata, un titolo da posizionare in testa ai notiziari.
C'è molto da riflettere quindi sui ripetuti "allarme sicurezza" dettati da un sistema della comunicazione che segue logiche del tutto proprie, raramente connesse con la dinamica del numero dei reati. Ondate giornalistiche che provocano insicurezza generica, o al contrario, e peggio, incentrate su un particolare aspetto che assume una rilevanza sproporzionata fino a scatenare reazioni sociali fuori controllo, come le ronde o le spedizioni punitive.
Se il cambiamento del clima d'opinione dipende ovunque dal cambiamento del clima politico e mediatico, in Italia tutto ciò ha dell'inquietante, osservando come politica e informazione siano strettamente legate. Giova ricordarlo, anche a costo di apparire ripetitivi e lamentosi, dal momento che nessuno appare più interessato al problema - che il leader della principale forza politica del Paese è mero proprietario di tre televisioni (e di un discreto numero di quotidiani) e che lo stesso leader, come capo del governo, esercita, con il tacito assenso di un'opposizione acquiescente (in cambio di qualche strapuntino) il controllo di fatto su buona parte della tv pubblica.
Sbattere il mostro in prima pagina conviene, dunque. Conviene alla politica, soprattutto alla destra, maggiormente avvantaggiata nell'affrontare questi temi; conviene ai media, perché la cronaca nera fa grandi indici di ascolto tra un'opinione pubblica sulla cui capacità di giudicare e osservare i fatti occorre cominciare a interrogarsi; conviene pure ai potentati economici (comproprietari di giornali e finanziatori della tv con le inserzioni pubblicitarie). Nel paese in cui migliaia di persone hanno perso i risparmi di una vita in obbligazioni spazzatura o hanno perso il lavoro a causa di scelte industriali fallimentari, piuttosto che far sapere che i responsabili di tutto ciò operano ancora impuniti e stimati, fa più comodo sbattere il mostro in prima pagina. Oggi i romeni, ieri i musulmani, domani l'immigrazione clandestina. E in mezzo, ampie dosi di bici di Garlasco e pigiamini di Cogne. Qualunquismo? Sterile "benaltrismo"? Forse sì. O forse no.
La ricerca completa è disponibile sul sito www.fondazioneunipolis.org
Spazio mensile dedicato alle notizie di reato in tv (fonte: Fondazione Unipolis)