Sono socio dell’ANPI che è un ente morale. Sono vice presidente dell’Istituto Storico della Resistenza Apuano e membro del CD dell’Istituto Storico della Resistenza Toscana che si richiamano espressamente alla Costituzione ed ai suoi valori etici e morali. Sono anche un dipendente statale tenuto ad una condotta pubblica e privata fondata sul senso morale. Non sono religioso ma da laico credo in una coscienza morale che si fonda sulla natura umana e che è patrimonio di tutti gli uomini e di tutte le donne. Di fronte alle condanne sul moralismo, che in questi giorni invadono il dibattito politico e che mi pare di fatto confondano strumentalmente i concetti, mi chiedo se devo vergognarmi della mia moralità. Io penso di no e resisto convinto nella mia condizione. Forte anche della consapevolezza che personalità di ben più alto spessore della mia sono definite come autorità morali, si pensi per esempio al Capo dello Stato, che ne è la massima espressione. Un dubbio invero mi viene pensando al Parlamento, anch’essa autorità morale di rilievo, perché ha recentemente votato un atto di diniego alle richieste dell’autorità giudiziaria con motivazioni invereconde che la morale dimostrano nemmeno di sapere cosa sia, perché sono state asserite senza alcuna vergogna, concetto forse arcaico che alla morale però è strettamente collegato. Ma tale Parlamento fa venire alla mente (è un associazione di idee non una equiparazione), quello che Mussolini trasformò in un bivacco di manipoli; od ancora peggio il senato dove Caligola nominò il suo cavallo. La Resistenza, attraverso degli uomini semplici, impose una severa lezione civile proprio distinguendo il moralismo, la morale, e soprattutto l’etica pubblica permettendo così al paese una rifondazione. Ora quella lezione è davvero il tempo di rinnovarla!
Io poi, lo confesso, ho educazione non certo televisiva, e amo addirittura anche la morale delle favole.
Massimo Michelucci