Siamo in un momento di crisi mondiale che non sembra avere precedenti. Nel secolo scorso due guerre hanno sconvolto buona parte del globo, ma oggi è tutta la terra in gioco dal punto di vista sociale e politico. Ci sono guerre in Africa e in Asia, rivolte locali, ammazzamenti dovuti a criminali organizzati su scala nazionale in America e in Europa. La paura del terrorismo è sempre più diffusa: si temono le bombe nelle città, sui treni, sugli aerei. Grandi operazioni terroristiche o miniterrorismi diffusi. Si moltiplicano le norme per la "sicurezza": siamo spiati ovunque. La libertà è diventata un accessorio.
I furti dei ricchi e dei potenti ai danni dei poveri e indifesi sono diventati giganteschi: lo scontro tra capitale e lavoro tocca vertici che si ritenevano cancellati dalla fine dell'Ottocento. Dopo Marx, il liberalismo e perfino la dottrina sociale della Chiesa, le conquiste umane di un secolo fa sono diventate ostacoli da abbattere. La disoccupazione è oggi uno spettro ovunque, e non solo in Occidente. Per la ricerca del profitto non si registrano soltanto i massacri dei narcos in Sudamerica o le guerre del petrolio in Medio Oriente o la distruzione delle foreste equatoriali o il colpevole inquinamento degli oceani, ma soprattutto i conflitti nel mondo dei commerci, delle industrie, della finanza. Anzi questi sono i padri e i padrini di quelli. Si ruba la terra, quello che vi nasce sopra, quello che si trova sotto. Si ruba l'acqua, si ruba l'aria. Milioni di persone muoiono di fame.
Ci rubano anche l'anima. Qui non si fa un discorso morale, metto insieme le notizie. In questa logorante situazione così come appare dai mass media e, per la verità, anche da come l'abbiamo sotto gli occhi e la stiamo vivendo nel nostro Paese, si fanno avanti negli animi cinismo e scetticismo. Il cinismo dei governanti italiani - siamo considerati uno dei paesi più corrotti al mondo - diffonde il cinismo tra gli individui. Quasi nessuno ha più fiducia nel prossimo, è difficile pensare a come porre le basi per il futuro. Milioni di piccoli esempi si hanno per le strade: liti assurde, accoltellamenti improvvisi, uomini e donne che scavalcano i morti ammazzati o caduti per un malore, correndo via per non aggiungere, nella loro mente, nuovi pensieri alla quotidiana turbolenza dei vecchi. "Me ne frego" è un motto scettico e malvagio che si pensava defunto col fascismo, ma che, anche quando non pronunciato, cova sempre più spesso dentro di noi.
Il 15 gennaio 1949, sul primo numero del quindicinale "Adesso", don Primo Mazzolare, che quel giornale aveva voluto con tutte le sue forze per poter essere libero di parlare come cittadino e come sacerdote, pubblicava un editoriale in cui tra l'altro diceva: "Dio può attendere, l'uomo no". Era un appello ai cittadini, ai politici, ai preti su su fino ai vescovi e al papa Pio XII. Parlava di adesso, non di domani. Ricordava: "Io avevo fame e tu non mi hai dato da mangiare", e dopo alcune ferme osservazioni, aggiungeva: "Tra i cristiani, sia al governo che in altri campi, in politica o in religione, sono troppi i prudenti. Rischiamo di morire di prudenza in un mondo che non vuole e non può attendere". Sono passati più di sessant'anni, ed ecco un richiamo che vale ancora oggi: "Il tempo è una grande medicina, ma nel tempo si fanno le rivolte e le guerre; nel tempo si rischia di smarrire perfino l'immagine di Dio qualora i cristiani dimentichino di ravvivarla nel fuoco della loro carità". La carità, è evidente, non è l'elemosina. Si basa sulla spina dorsale, non sui centesimi.
Mario Pancera