Penso a Sacco e Vanzetti, mandati alla forca perché italiani.
E ai cartelli “vietato ai cani e agli ebrei”.
Ai giovani iraniani, creste impomatate nel gel e scarpe a punta, nei centri commerciali - prodotti turchi in vetrina sognando la California.
Al pasticcere di Teheran che in una libreria, parlandomi di censura citò Nuovo Cinema Paradiso. Come se ci fosse un pasticcere romano – anche un solo pasticcere a Roma – in grado di conoscere i film di Panahi e Makhmalbaf.
E penso a Ivan – giovane interprete a Gaza, figlia di personale, palestinese come lei, dell’Unrwa. Buon inglese, nonna di origini russe – da qui il nome. Sognava anche lei l’America, o almeno l’Europa, che a sognare più vicino magari il sogno si avvera. Ivan ci traduceva e ci aiutava a capire e ci proteggeva. E detestava più di noi i barbuti di Hamas.
I nostri interpreti iracheni e iraniani, gli interpreti cuore buono e passaporti canaglia, ci aiutano e ci proteggono. E ci fanno scudo con la loro conoscenza del luogo. E soffrono con noi se quel giorno non arriviamo alla meta. E parlano per noi – per trovare una sim card un modo per inviare i servizi anche da Aleppo e Baghdad. Scavalcano cancelli con noi, per arrivare a non “bucare il satellite” e farti andare in onda anche quando intorno i pasdaran bastonano i ragazzi e le ragazze, cercando di non guardare la caduta agli inferi della loro gente, quando l’onda verde di Teheran si tinge di rosso sangue.
Ivan, dicevo.
La ritrovai dopo anni. A Gaza. Da dove non si usciva e non si entrava.
“Mio padre è stato male – mi disse – al cuore, molto grave. Si è salvato, è potuto uscire da qui verso un ospedale israeliano, solo grazie alle sue conoscenze nell’Unrwa. Se mio padre fosse morto - mi disse con aria grave Ivan sempre ottimista - credo che avrei scoperto cosa significhi odiare.
E’ l’odio degli esclusi. Dei giovani iraniani con le creste e le camicie a punta che vogliono andare a studiare in America.
L’odio di chi ha pensato che oltre la rete ci fosse la salvezza – e ora ci trova solo un'altra rete. Delle Ivan, tagliate fuori perché sono nate dove non va bene nascere. Dei Badr, degli Ahmad, delle Antonia, che hanno rischiato la vita con me. Che hanno tradotto in arabo le mie risposte agli interrogatori. E magari hanno trovato anche il modo di tirarmi fuori di lì.
Penso ai loro sguardi, che immagino di sorpresa. Ai loro pensieri, che saranno certo di sgomento.
E a me, che non saprò più sostenere né gli sguardi né i pensieri, se il mio governo, insieme con altri governi, non avranno la forza di fermare Donald Trump
Segnalato da Michele Borgia