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Cava Padulello un anno dopo. Ma non doveva chiudere? A rischio le risorse idriche della città

A distanza di quasi un anno dal nostro lanciato allarme e dopo molte e vane dichiarazioni da parte di varie autorità politico/amministrative (in testa quella del Sindaco di Massa Roberto Pucci) alla fine la cava del Padulello (monte Tambura-Cavallo), malgrado gli scarsi livelli occupazionali e malgrado le innumerevoli violazioni commesse e rilevate dai guardiparco, ha ottenuto l'autorizzazione a riprendere l'escavazione in una delle zone paesaggistiche più delicate delle Apuane ma soprattutto più vulnerabili dal punto di vista idrogeologico.

Infatti nella stessa documentazione allegata all'autorizzazione rilasciata dall’ente Parco Alpi Apuane il 20 agosto 2012, si evidenzia che "le sorgenti del Frigido sono risultate vulnerabili nel corso del monitoraggio effettuato" e la stessa ditta richiedente, nella relazione sulla gestione delle acque (di lavorazione), dichiara una "perdita per infiltrazioni che può essere stimata tra il 40 ed il 60% del totale".

Le cronache di questi giorni ci parlano di situazioni di siccità in termini sempre più preoccupanti e drammatici e le autorità preposte alla tutela dell’ambiente cosa fanno? Concedono un'autorizzazione all'escavazione (o per meglio dire formalizzano una situazione di fatto consolidatasi per l’inerzia dei controlli e successiva a un  provvedimento di chiusura non integralmente rispettato) estremamente pericolosa per gli inevitabili sversamenti di marmettola e per i rischi non eliminabili connessi alla manipolazione di materiali altamente inquinanti, come i carburanti e gli oli esausti, in una zona in diretto collegamento con la sorgente del fiume Frigido mettendo a rischio l'unica fonte di acqua potabile ancora sfruttabile per soddisfare le future necessità di tutta la città.

Invitiamo tutti i cittadini a riflettere per un attimo su cosa succederebbe se una mattina dal rubinetto cominciasse ad uscire acqua lattiginosa a causa della marmettola oppure imbevibile per la presenza di oli esausti, sostanze notoriamente cancerogene.

Auspichiamo pertanto nell’immediato un vero severo controllo nell’interesse pubblico, un immediato provvedimento di ritiro della autorizzazione, per la chiusura della lavorazione e  conseguente vero ripristino ambientale dell'area, attività che potrebbe garantire una continuità lavorativa ai tre operai assunti nella cava e restituire alla comunità un pezzo di territorio che è, per legge, un bene comune indisponibile.