A Pisa il 29 settembre, a cura della Biblioteca Serantini, della fondazione Turati, dell’Istituto De Martino e dell’Università è stato ricordato Luciano Della Mea, “inquieto intellettuale” che si definiva un “socialista libertario”. Fu un in effetti un rappresentante di quel socialismo di sinistra che ha accomunato uomini che hanno fatto la storia della sinistra italiana, si può dire i nostri grandi vecchi, almeno per la mia generazione. Per me fu anche un amico.
Nel 2003, anno della sua morte, la rivista “Il Grandevetro” di Santa Croce sull'Arno, uscì con un numero speciale, “Ho visto Della Mea”, dedicato a Luciano, che della rivista fu artefice, come di molte altre per tutta la vita, coltivando infiniti contatti e amicizie che teorizzava dovessero costituire, in tempi ante internet, la rete di piccole isole di democrazia.
In quel numero speciale Gaetano Arfè, nell’articolo: “Indissolubilmente legato ai suoi compagni di allora”, scrisse che uomini come Giovanni Pirelli, Gianni Bosio, Raniero Panzieri, Luciano della Mea, dei quali fu amico e con i quali respirò gli stessi aneliti sociali, “hanno rappresentato nella storia della sinistra italiana un filone inconfondibile, traboccante di idee e di valori, che non ha mai vinto e che non è mai stato vinto, che è sopravvissuto alle loro persone, e che ricorrentemente risorge, a fecondare i campi inariditi dalla rassegnazione o avvelenati dal cinismo”.
Un riflessione profonda, certo oltre i livelli delle odierne diatribe, che dimostrava la consapevolezza delle sconfitte, ma al contempo la convinzione del dover comunque continuare l’azione politica.
In questi ultimi vent’anni purtroppo quei campi si sono tragicamente ingigantiti. Ormai di fatto o si è rassegnati (e addirittura non solo non si milita, ma non si vota), oppure si è cinici, sposando un populismo che non distingue, e che può essere suddiviso in quello ingenuo (in cui governa solo l’istinto della condanna) ed in quello molto peggiore e pericoloso che le distinzioni le conosce bene tanto da cavalcarle in base ad un precisa strategia politica.
La riflessione di Arfé ci deve servire da viatico, il sapere cioè che un futuro per la sinistra ci sarà sempre, e che occorre quindi, oggi più che mai, non demordere, resistere. Il ricordo di Luciano, e delle sue idee e della sua azione politica, può servire a sostenerci in questo convincimento.