In attesa del Conclave, arrivano in Vaticano i nuovi banchieri
di Mario Pancera
Quarant’anni fa, 1970, don Enrico Peyretti scrisse al mensile «Testimonianze» di padre Ernesto Balducci una lettera in cui si proponeva l’istituzione di una giornata di preghiera e penitenza per ottenere che Dio liberasse la chiesa cattolica dal suo potere temporale, come cento anni prima, 1870, l’aveva liberata da quello di allora. Balducci sostenne l’idea e ne parlò a Reggio Emilia, a un convegno degli amici del mensile «Lettere ‘70», diretto dal giornalista cattolico Raniero La Valle. Il vescovo prese subito le distanze, scoppiarono le polemiche.
Chi non le ricorda, le può immaginare. Nel 1870, si erano avuti il Concilio Vaticano I (infallibilità del papa) e la presa di Porta Pia da parte dei bersaglieri (fine dello Stato pontificio). Nel 1970, era papa Paolo VI, i governi italiani erano di centrosinistra ma presieduti da democristiani. Peyretti era allora sacerdote, oggi è padre e nonno, ma sempre sostenitore della pace e della libertà della e nella chiesa. Balducci era un vivace scolopio toscano, sempre all’avanguardia sui problemi dei poveri e della pace e perciò sempre nel mirino non tanto dei suoi superiori quanto della curia vaticana. Scomparso settantenne nel 1992, Balducci aveva allora 48 anni, era nel pieno della sua maturità.
Liberare la chiesa dal potere temporale? Non c’è riuscito il Concilio Vaticano II. Siamo ancora qui: laici credenti, sacerdoti ed ex sacerdoti parlano, scrivono, pubblicano, stimolano i vertici della chiesa, che però non possono fare a meno di tenere strette le redini del potere. Il denaro è la conquista sovrana. Certamente, ci sono ancora sacerdoti giovani che premono contro la lentezza delle autorità religiose. Si sono formate associazioni e organizzazioni che si battono per eliminare povertà, miseria e guerre, ma la situazione di oggi pare la stessa di ieri, come se i secoli non passassero. C’è una discussa banca vaticana, e un avvocato d’affari, tesoriere del ramo tedesco dei Cavalieri di Malta, arriva nel cuore economico-finanziario del Vaticano.
Balducci venne presentato come portatore di istanze «ribellistiche», trattato quasi come un minus habens. Eppure, sicuro della sterilità di ogni secessione, diceva che non gli interessava alzare cartelli in piazza San Pietro: «Sarebbe un episodio di folclore. Mi interessa invece che certi movimenti di inquietudine morale che serpeggiano nella base cattolica trovino un’espressione, un linguaggio liturgico, cioè entrino nel cuore della chiesa». Invece, ci entrano i banchieri.
Poco tempo dopo, Balducci ebbe uno scontro tv con padre Jean Daniélou, allora cardinale e consigliere di Paolo VI. Parlando di crisi del clero, Daniélou sostenne che la colpa era dei preti contestatori «perché mettono in discussione lo scopo stesso del sacerdozio: si sposano[…]». Balducci fece un balzo, rispose: «La crisi del clero non è imputabile alla questione banale del celibato, ma alla crisi di fede che attraversa tutta la chiesa. Lo scandalo più grave è vederla in contraddizione con il Vangelo. Molti preti spezzano il legame con l’istituto ecclesiastico non per indisciplina, ma per conformarsi più radicalmente alla parola di Cristo. I preti sono annunciatori di giustizia in una chiesa che questa giustizia non si preoccupa di realizzare nel suo interno, che parla ai poveri senza essere povera, che parla agli oppressi senza domandarsi se non abbia per caso collusioni con le potenze che la opprimono».
Ancora una voce dal cortile: «Siamo come due secoli fa? Non è vero. Il toscano Balducci veniva da un paese di minatori, il fiduciario del papa arriva dalle banche tedesche. Basta con i preti e i poveri, si è già dimesso un papa. In attesa del conclave, cantate le canzoni del festival».
Mario Pancera