Prima di entrare nel merito del dibattito è bene ribadire la necessità di saldare insieme volontà di costruire la pace e scelte politiche conseguenti e coerenti con tale imperativo. Sottolineiamo questo perché poche ore fa il parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale si invitano tutti i paesi dell'Unione Europea ad autorizzare l'uso delle armi fornite all'Ucraina anche in territorio Russo, confermando, ancora una volta, la cultura bellicista che anima il governo dell'Unione Europea.
Molte sono le testimonianze, reali o immaginate, di donne che si sono mostrate contrarie alla guerra a partire già dall’antichità:
“Non fate l'amore con chi fa la guerra", è il motto delle donne greche capeggiate da Lisistrata, protagonista della commedia di Aristofane, che proclamano un vero e proprio sciopero al femminile.
In Liberia c’è stata realmente una donna che ha cercato di organizzare una rivolta contro la guerra, proclamando uno sciopero simile. Si chiama Leymah Gbowee, è una militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese e che nel 2005 ha vinto il Nobel per la pace.
Per non scordarci di chi come Berta Càceres ha lottato pacificamente contro una guerra di devastazione ambientale del suo paese e per questo ha perso la vita: attivista honduregna, è nota in tutto il mondo per essersi battuta contro la costruzione di una maxi diga sul fiume sacro al popolo indigeno dei Lenca.
E come non mostrare un doveroso ricordo a Licia Pinelli che ha mostrato a tutti e a tutte come si può sopportare un lutto pieno d’ingiustizia senza cedere al rancore e alla rabbia, con la dignità di chi conosce la verità e sa aspettare che arrivi la giustizia.
Pensiamo a tute le donne che si fanno carico della famiglia perché gli uomini sono a combattere o alla violenza domestica, fisica e psicologica, che subiscono per anni.
E non scordiamoci che, come ci ricordava sempre Gino Strada, sono soprattutto donne e bambini le vittime delle guerre; e che i sopravvissuti e le sopravvissute, sono orfani e vedove, spesso persone che hanno perso tutto
“Produrre calze di lana per i soldati significa essere cobelligeranti” diceva Virginia Woolf, figuriamoci inviare delle armi!
Perché le armi che spediamo nel mondo, servono solo a prolungare la guerra.
Una guerra frutto dello scontro tra due modelli economici: quello russo-cinese e quello Americano.
Entrambi sono modelli capitalistici che creano DISUGUAGLIANZE, come si può ben vedere dai dati empirici delle rispettive economie. Un recente studio del Gruppo Tortuga sulla violenza di genere ha evidenziato una stretta connessione tra la disuguaglianza economica uomo/donna e il numero di reati di genere.
La lotta alle disuguaglianze economiche e ai modelli che creano queste disuguaglianze è quindi il denominatore comune per un futuro di pace e di parità di genere: il patriarcato come quinta essenza di un modello capitalista che mostra i muscoli in terra palestinese o in Ucraina (ma anche in terra curda per mano dell' islamica Turchia), così pure come culturalmente si impone con la violenza maschile tra le mura domestiche.
Ci dichiariamo tutte e tutti per la Pace , ma questa parola non può essere accompagnata ad aggettivi come “giusta”, o “di difesa”, ma va intesa come reale assenza di guerra, rifiuto di inviare armi, rifiuto di aumentare le spese militari, rifiuto di costruire nuove basi militari (come quella in progetto a Coltano), richiesta incessante di dialogo e collaborazione, ricerca di una via condivisa anche tra paesi europei per uscire dalla logica bellica, costruzioni di percorsi di solidarietà e di accoglienza, riappropriazione del concetto di cura e dell’Altro: insomma costruire una strada altra rispetto alla logica militare, ma per costruire questa strada dobbiamo investire risorse nei progetti di pace (ad es. Corpi Civili di Pace, studio di strategie di intervento nonviolento e di interposizione...), sottraendoli alla ricerca spasmodica di aumentare il livello degli armamenti... le armi si producono per fare la guerra, così come gli eserciti servono a questo, e la distinzione tra guerra difensiva e offensiva rischia di essere semplicemente una ipocrisia. Per costruire la pace dobbiamo fare cessare le armi e imboccare una strada che è diversa da quella scelta, ridisegnando ruoli e spazi di mediazione che il continuo fornire armi (ad es. Ucraina e Israele) non permette.
“Questo spaventoso massacro reciproco di milioni di proletari al quale assistiamo attualmente con orrore, queste orge dell’imperialismo assassino che accadono sotto le insegne ipocrite di “patria”, di “civiltà”, “libertà”, “diritto dei popoli” e che devastano città e campagne, calpestano la civiltà, minano alle basi la libertà e il diritto dei popoli» (Rosa Luxemburg, Lettere contro la guerra)