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Alzare la voce paga? Quando un ministro fa il capo popolo e capo branco

Ultimamente, ma in maniera coerente con il suo profilo, il ministro dell'Interno Salvini ha espresso una serie di affermazioni tipiche da un “capo popolo - capo branco”, con un atteggiamento poco idoneo a quello che dovrebbe avere il Ministro dell'Interno, il cui compito è quello di decifrare i conflitti interni all'Italia ed individuare strade da percorrerle per gestirli in modo meno traumatico, assumendo quindi un profilo più riservato e più incline a smussare gli angoli, cercando la giusta mediazione tra istanze opposte.

Salvini invece interpreta questo ruolo all'opposto: utilizzando uno stile comunicativo che richiama molto quello di Trump, alza in continuazione il tono del linguaggio, in un crescendo di escalation1, il cui unico obiettivo è l'esasperazione del conflitto, creando di volta in volta il nemico di turno (prima i migranti, poi alcuni governi, ora le ong...) rendendone sempre più difficile la gestione e il superamento, anche per la totale assenza di una figura terza capace di mitigare questo procedere con la ruspa, metafora, questa, che ben si adatta al neo ministro.

Alzare la voce paga ", “Il caso Regeni è soltanto una questione di famiglia, e che per l'Italia è fondamentale avere buone relazioni con un Paese importante come l'Egitto”, “definire che i profughi che vengono portati di forza a Valencia sono in crociera” non sono espressioni di uno statista, ma ancor meno di un ministro della repubblica... sono affermazioni che si possono far in un bar... ma non nelle istituzioni quando si è chiamati a gestire i conflitti, non ad alimentarli.

In realtà, a mio avviso, l'unico interesse in campo è quello di voler creare sempre nuovi focolai di conflitto, per mantenere la situazione tesa e caotica, perché in tale esasperazione c'è la legittimazione politica e la ricerca di consenso ampliando i rigurgiti della pancia degli elettori.

In questo quadro diventa ancor più imbarazzante il silenzio di tutto il resto del governo, le cui parole risultano soffocate dalle grida del ministro.

Inevitabilmente però, così come quando due forze politiche accettano di governare insieme significa che hanno molti elementi di convergenza, risulta altresì evidente che il silenzio rispetto a tali affermazioni non può che essere considerata una sorta di condivisone di quelle posizioni nei confronti del problema dei migranti.

Ma paga davvero? La soluzione complessiva del problema è raggiunta? Che cosa ha ottenuto in realtà?

Il fenomeno migratorio ha due punti di vista, che non sono completamente antitetici, a meno che non si voglia farli diventare tali in maniera artificiale, la cui gestione, tuttavia, trattandosi di materia complessa e delicata, richiede capacità di sintesi e di mediazione:

  • quello di uomini e donne che, esasperati dalle proprie condizioni di vita (per conflitti, terrorismo, fame e devastazione ambientale), fuggono dalla proprie terre, una minima percentuali2 dei quali si dirige verso il continente più ricco, ovvero l'Europa3.

  • Quello dei paesi che li accolgono o che sono momento di transito, che devono gestire i percorsi di accoglienza, facendo i conti con la sensazione di percezione di insicurezza, che non deve essere amplificata, ma ascoltata e governata.

Esasperare queste due prospettive, significa, di fatto, impedirne una soluzione complessiva che tenga conto, da un lato, le situazioni oggettive dei paesi meta dei profughi e dall'altro il fatto che questi sono persone umane come noi e come tali vanno trattati e rispettati.

Il dramma del tempo che viviamo, su cui la politica di questo governo sguazza, è la perdita di questa capacità di riconoscere la dimensione umana.

Dinanzi a questo fenomeno migratorio una politica seria e alta non lo ignora, chiudendo semplicemente le porte e nascondendo la condizione dei migranti ai nostri occhi e alle nostre coscienze, ma si fa carico della gestione dei flussi e del modello di accoglienza, finalizzato a favorire processi inclusivi.

E' evidente che tale gestione non si risolve obbligando le navi che soccorrono i naufraghi a dirigersi verso altri porti lontani, bensì lavorando, in Italia per costruire percorsi di accoglienza veri e finalizzati a processi di inclusione, e in Europa per il superamento del regolamento di Dublino del 2013, in base al quale il primo paese di arrivo è incaricato di trattare la domanda di richiesta di asilo, facendo si che i migranti pur arrivati in un paese possano dirigersi verso la loro meta reale, rendendo effettivo il ricollocamento in tutti i paesi dell'Unione Europea dei migranti arrivati in Italia e Grecia.

D'altra parte la logica di chi vuole “scoraggiare” le partenze ha come prerequisito il disconoscimento da un lato delle scelte che hanno spinto quelle donne e quegli uomini ad abbandonare la propria terra, dall'altro delle condizioni disumane dei lager dove li costringiamo ad essere rinchiusi, gestiti da quegli stessi trafficanti di armi e di morte con i quali trattiamo per impedirne la partenza, scegliendo di essere completamente complici delle loro sofferenze e della loro morte4.

Poiché a mio avviso la risoluzione del problema parte dal tenere insieme i due punti di vista, appare evidente come non abbia alcun senso che una nave che salva 600 persone debba portarle a Valencia, con 4/5 giorni di viaggio ad andare e altrettanti a tornare operativa per salvare altre persone oppure obbligare navi delle ong a dirigersi verso un porto della nazione a cui la nave appartiene (le navi USA le mandiamo in America per poi farle tornare?).

Ma ancor di più diventa incomprensibile l'alleanza di questo governo con i paesi neofascisti dell'est Europa, che proprio di ripartizione dei migranti e di revisione del trattato di Dublino nella direzione di aprire le frontiere non ne vogliono minimamente sentir parlare.

Alzare la voce per Salvini serve solo in Italia, per definire chi sia realmente il leader del governo e chi il capo popolo.

Non credo che il vero obiettivo di questo atteggiamento sia quello di modificare gli accordi europei, stante anche la crisi in cui versa un'idea politica di Europa e le alleanze che questo governo sta costruendo, quanto piuttosto parlare alla pancia degli italiani, alimentandone le paure e il rifiuto dell'altro, e cercare esclusivamente di bloccare, a costo di qualunque prezzo e con ogni mezzo, le partenze, anche accettando, come già aveva iniziato Minniti, di arrivare ad accordi con i capi guerriglia in Libia, fornendo loro soldi, armi e mezzi, con la contropartita di chiudere i migranti, i nuovi schiavi, nei loro lager.

Se Minniti in qualche modo aveva provato a mitigare questo indirizzo, anche sulla base delle voci di dissenso emerse nel suo partito e nelle associazioni, Salvini non ha certo remore rispetto alle condizioni disumane in cui i migranti vivono nei lager turchi e libici e alla fine cui sono condannati.

In questo senso certo si dimostra decisionista, cercando e trovando consenso in Italia, sulla pelle però degli ultimi tra gli esclusi, delle cui vite non gliene importa niente, in assenza totale di forme di dissenso interne e di una opposizione politica che appare afona, tutta rinchiusa nel proprio dibattito interno.

Ed anche l'affermazione “dissuadiamoli a venire qui aiutandoli a casa loro” è pura propaganda usata come giustificazione delle proprie scelte aberranti, dimostrando una totale non conoscenza delle realtà da cui fuggono le persone, fatte di conflitti, terrorismo, fame, carestia, desertificazione...

Cosa significa aiutarli a casa loro se non mettere mano agli squilibri di sviluppo, di distribuzione delle risorse e di devastazione ambientale che noi alimentiamo in continuazione?

Altri aiuti che non mettano i discussioni le ragioni delle disuguaglianze diventano semplicemente un mero gesto di elemosina, niente di più e niente di meno... assicurando non una vita dignitosa e sicura alle persone, ma semplicemente la mera sopravvivenza, magari alimentando il potere di quegli stessi governi fantoccio e corrotti che spesso fanno gli interessi dei paesi ricchi.

La scelta di aiutarli a casa loro è condivisibile solo se si ha il coraggio di mettere mano alle cause che determinano le disuguaglianze, i conflitti e che giustificano la presenza di governi totalitari e corrotti, quindi una scelta che si può misurare solo su tempi lunghi e che ha una ricaduta anche nei nostri stili di vita... ma nel frattempo, per i prossimi anni o secoli, pur di dare risposte ai rigurgiti della nostra pancia, siamo disposti ad accettare che questi profughi muoiano nei campi di concentramento libici e turchi, oppure che ritornino a morire nei loro paesi, schiacciati dalla fame e dalle guerre?

Una posizione questa davvero “vomitevole”, anche se un giudizio del genere la Francia è l'ultimo paese che può esprimerlo, tenendo conto delle politiche repressive che applica nei confronti dei migranti.

Ma se la Francia non può permettersi di dire questo... noi possiamo permettercelo e credo che Salvini farebbe meglio a mettere via anche il vangelo e il rosario che si porta dietro, perché il tenerlo in mano mentre assume certe decisioni è una bestemmia... un sepolcro imbiancato che gronda di sangue.

Il vero dramma che viviamo non sono solo le politiche di questo governo, ma la cultura e “l'etica” espressa, che ha sdoganato nella maggioranza della popolazione il tarlo della perdita del senso di solidarietà e della negazione dell'umanità di cui è portatore l'altro, a prescindere della nazionalità di appartenenza.

Dinanzi a ciò, pur consapevoli che, liberato quel tarlo, siamo diventati una minoranza, ma non è detto che il punto di vista della maggioranza risulti necessariamente essere quello giusto (anche il fascismo e il nazismo, le leggi razziali e i lager da essi proposti trovavano consenso nella maggioranza della popolazione tedesca ed italiana), abbiamo come forze di sinistra, come forze progressiste, come organizzazioni sindacali, come comunità religiose tutte il dovere di operare per ricostruire un tessuto di solidarietà ed una capacità di attenzione alla persona umana, unica condizione per favorire un antidoto a quel tarlo, alimentato dalle scelte di questo governo.

Ci attende un periodo lungo, non facile, in cui siamo chiamati a procedere contro vento, ma, in tal senso credo, che siano condivisibili le parole di Francesco Costa tratte dal suo articolo “Un consiglio all’opposizione, sui migranti” pubblicato sul Post:

Qual è allora la strada alternativa? Quella di Gentiloni e Minniti era sicuramente una strada pragmatica, che prevedeva una certa quota di sofferenze umane come male necessario: ma non era una vera alternativa, perché la diplomazia ha fallito, le altre nazioni ci hanno quasi tutte presi in giro e dovendoci arrangiare siamo finiti a minacciare la chiusura dei porti, proprio come Salvini, maltrattare le ong, proprio come Salvini, e chiudere un occhio davanti ai famigerati campi di concentramento in Libia. La strada alternativaè, appunto, l’unica strada veramente alternativa. Li accogliamo. Perché è giusto. E basta. Li accogliamo tutti? È una domanda stupida: non sono tutti.

Non è una cosa da rivoluzionari di estrema sinistra: lo ha fatto una leader conservatrice e moderata come Angela Merkel. Bisogna essere però forti, credibili e coraggiosi, certo. Non è una cosa esente da rischi, anzi: l’integrazione è dolorosa e complicatissima persino in Germania, dove c’è la piena occupazione, figuriamoci qui. Non è una strada promettente per chi vuol fare una lunga carriera: si rischiano di pagare grossi prezzi politici. Non è una strada facile: per percorrerla bisogna prima lavorare molto dal basso, sul territorio, come dicono quelli, perché sia una scelta che abbia un consenso popolare vero, anche se ovviamente non assoluto. Avete da fare nei prossimi cinque anni? Di tempo ce n’è.



Gino Buratti

Massa, 18 giugno 2018


Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare.

(Bertolt Brecht)


Note:

1Modalità questa ben nota nei manuali di gestione dei conflitti, assunta da chi di fatto il conflitto lo vuole superare schiacciando l'altro, assumendo come verità solo e soltanto il proprio punto di vista.

2Sulla base dei dati relativi al 2016 forniti da UNHCR l'88,4% dei 64,6 milioni di profughi si trova in paese a basso e medio reddito e non è intenzionato a venire in Europa.

3Cfr. Annalisa Camilli, "Non è vero che c’è un’invasione di migranti in Italia", Internazionale del 18 giugno 2018

4La storia ci ricorda come l'Europa abbia consapevolmente ignorato prima le cause dell'avvento del nazismo e del fascismo e poi il dramma che si consumava nei campi di sterminio