Bukavu, 25 luglio 2006 Sono arrivati tra ieri e l'altroieri a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu, Repubblica Democratica del Congo, i sessantuno osservatori elettorali della società civile italiana, coordinati dall'associazione "Beati i costruttori di pace". Quarantotto di loro hanno viaggiato domenica mattina a bordo di un aereo messo a disposizione dal Ministero degli Esteri e decollato dall'aereoporto militare di Ciampino. A bordo del velivolo, la viceministra agli esteri con delega per l'Africa Patrizia Sentinelli, che ha voluto accompagnare personalmente la missione fino all'aereoporto internazionale di Kigali, in Rwanda. A bordo anche una troupe di Rai Educational, che realizzerà un documentario proprio sull'attività di osservazione elettorale del gruppo.
Ad attenderli all'arrivo, l'ambasciatore italiano in Uganda e due pullman messi a disposizione dalla Monuc, la missione Onu in Congo, che hanno trasportato via terra gli osservatori dalla capitale rwandese fino a Bukavu. Gli altri tredici italiani hanno raggiunto il gruppo ieri: arrivati a Kampala, in Uganda, con volo di linea, sono stati traspostati a Bukavu con un volo messo a disposizione dalla Monuc.
Subito il gruppo ha avuto incontri istituzionali con le autorità locali e internazionali presenti a Bukavu: nella mattinata di ieri, il governatore della provincia, Deogratias Buhambahamba, ci ha tenuto a dare il benvenuto a una piccola rappresentanza degli osservatori, manifestando il proprio apprezzamento per la missione. Poi, alle 10,30, si è tenuta la conferenza stampa con la presenza delle autorità civili e religiose: oltre al governatore, l'arcivescovo di Bukavu Francois Xavier Maroyi e il chef du bureau della Monuc a Bukavu, mr. Alfaso. Tutti hanno espresso una valutazione positiva nei riguardi dell'iniziativa, ritenuta molto importante per favorire il passaggio storico che attende il Paese con il voto di domenica prossima. "Il tempo delle intimidazioni e delle armi è finito - ha sottolineato l'arcivescovo -, ora è il tempo del confronto democratico tra avversari e non più tra nemici".
La stampa congolese, in particolare le radio (il mezzo di comunicazione più diffuso) ha dato ampio risalto all'arrivo degli osservatori italiani, che già oggi vengono identificati e salutati dalla gente per le strade di Bukavu.
Nella serata di ieri i volontari italiani hanno partecipato a un incontro organizzato dagli osservatori elettorali provenienti dal Sudafrica. Oggi, martedì 25 luglio, hanno ricevuto l'accredito della Monuc e hanno avuto due briefing sulla sicurezza presso i loro uffici, tenuti rispettivamente da personale civile e militare.
Entro domani mattina, le coppie di osservatori lasceranno Bukavu alla volta dei luoghi a cui sono stati assegnati, le città e i villaggi del Nord e Sud Kivu.
*
Bukavu, 26 luglio 2006 "Il lavoro è un diritto e un dovere sacro per ogni congolese. Lo Stato garantisce il diritto al lavoro, la protezione contro la disoccupazione e una remunerazione giusta che garantisca al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana, completata da tutti gli altri mezzi di protezione sociale, soprattutto la pensione e il minimo vitale".
"La libertà sindacale è riconosciuta e garantita. Tutti i congolesi hanno il diritto di fondare sindacati o di affiliarvisi liberamente". "Il diritto di sciopero è riconosciuto e garantito".
Sono passaggi tratti dalla nuova Costituzione della Repubblica democratica del Congo, approvata lo scorso 18 dicembre con un referendum popolare e in vigore da febbraio. Questi passaggi, chiaramente ispirati ai principi europei piuttosto che al modello sociale nordamericano, sono alla base del contatto nato in questi giorni tra il sindacato italiano e quelli locali.
Emilio Lonati, rappresentante sindacale della Fim-Cisl, si trova in questi giorni in Congo insieme alla delegazione di osservatori elettorali della società civile, promossa da "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa". La sua presenza a Bukavu, capoluogo della regione del Sud Kivu, è stata l'occasione per due incontri con i rappresentanti sindacali locali: uno scambio informale ma fecondo tra esperienze sindacali molto diverse, un'organizzazione occidentale con decenni di esperienza da un lato e dall'altro un sindacato nascente in un paese che esce da decenni di dittatura e guerre.
Il sindacalista italiano ha incontrato ieri, 27 luglio, Padyrj Kyalumba Lugano, responsabile provinciale del sindacato ufficiale Untc, l'Union nationale de travailleurs congolais. Fino al '90 esisteva infatti quest'unico sindacato nel Paese, con iscrizione obbligatoria, voluto dal dittatore Mobutu. Il quale, avvertita aria di tempesta con il crollo del muro di Berlino, decise di mettere fine al partito e al sindacato unico, aprendo così al pluralismo sindacale. "Da lì - spiega Emilio Lonati - ha avuto avvio una polverizzazione, che ha portato alla nascita di 278 sindacati nel paese. Anche gli immobili di proprietà di questo sindacato unico sono stati rivendicati dai vari gruppi e si è arrivati a una divisione del patrimonio". Fino a quando, nel 2004, viene varata una legge per la rappresentanza sindacale che, attraverso rinnovi delle rappresentanze con elezioni periodiche, consente di identificare i sindacati maggiormente rappresentativi e ha riportato l'Untc in posizione di preminenza, insieme a una decina d'altri. La legge prevederebbe al massimo cinque sindacati e dunque c'è ancora uno sforzo da compiere per concentrare quelli esistenti, in genere unioni sindacali che rappresentano le varie categorie.
Prosegue Lonati: "Per le elezioni che si terranno domenica prossima, 30 luglio (le prime elezioni libere e multipartitiche in Congo da quarant'anni), nessuno dei candidati alla presidenza ha inserito nel programma dei punti specifici sul lavoro. Così i sindacati hanno presentato il loro candidato presidente e altri due candidati per il parlamento".
Dall'incontro con il responsabile dell'Untc sono scaturite non solo informazioni generali, ma anche belle storie personali: "Kyalumba Lugano ci ha raccontato che nel '92 ha guidato la lotta in un'azienda mineraria (la Sominki, un'azienda per il 70% in mano ai belgi e per il resto al governo congolese, che estraeva oro e cassiterite) ed è stato arrestato, pur essendo nel sindacato governativo, per aver portato avanti una lotta con 54 giorni di sciopero".
"Oltre alle esperienze sindacali derivanti dal vecchio regime - spiega ancora Emilio Lonati - ci sono i sindacati emergenti, ancora senza riconoscimento ufficiale ma che hanno già portato avanti iniziative e lotte". Nella regione del Sud Kivu in cui si trova, l'unico sindacato autonomo organizzato è quello degli insegnanti delle scuole cattoliche, nato spontaneamente dalla base. Lonati ne ha incontrato il responsabile, Pierre. "Con il loro sindacato sono riusciti a ottenere già buoni risultati, primo fra tutti l'aumento della retribuzione da 8 dollari al mese a 30 dollari. Questa rivendicazione li accomuna tra l'altro a militari e polizia, le altre due categorie di lavoratori che percepiscono (quando li percepiscono) stipendi ridottissimi. Per 'ovviarè, soldati e poliziotti spesso taglieggiano la gente, mentre gli insegnanti sono costretti a chiedere alle famiglie di pagare per mandare i figli a scuola, cosa che ha causato un abbandono scolastico del 40%". Un piccolo ma significativo esempio che mostra come una questione sindacale influisca in maniera decisiva sul futuro di un paese.
"È essenziale che si crei una confederalità sindacale - commenta Lonati - perché se non si mettono insieme, mai potranno avere forza contrattuale per fare rivendicazioni e pressione sul nuovo governo che sarà in carica nei prossimi mesi".
"Mentre i sindacati che derivano dal precedente regime hanno mantenuto un minimo di struttura ed esperienza, queste nuove forme sindacali non ne hanno alcuna e per questo mi hanno chiesto la possibilità di fare degli stage. La Cisl internazionale (la Confederazione internazionale dei sindacati dei lavoratori), che ha sede a Ginevra, dovrà seguire con attenzione l'evolversi della situazione e favorirla, perché con la nuova Costituzione e il sindacato nascente si è creata una condizione ottimale".
"In questa fase di transizione - conclude Lonati - i sindacati sopravvivono in qualche maniera, dato che l'iscrizione obbligatoria è stata tolta nel 2000. Qui nella regione del Sud Kivu esistono 47 grosse imprese con seimila addetti, eppure il sindacato ufficiale ha un piccolo ufficio con solo una vecchia fotocopiatrice e una macchina da scrivere anni '70, in cui riceve la gente che ogni giorno arriva con contenziosi di lavoro. L'unico pagamento che ottengono è una piccola percentuale sulla somma che riescono eventualmente a recuperare con la trattativa con il datore di lavoro. Stanno cercando forme di mutualità nella sanità, che sono le prime cose che il sindacato nascente ha realizzato in Europa nell'Ottocento: c'è dunque ancora tanto cammino da fare".
Giusy Baioni *
Bukavu, 27 luglio 2006 Ultimo giorno di campagna elettorale, nella Repubblica democratica del Congo. Nell'est del Paese, dove sono dislocati i 61 osservatori della società civile italiana, le notizie sono di tono diverso rispetto a quelle della capitale.
C'è un clima di grande attesa a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Le strade sono invase da gente che indossa berretti e magliette col volto dei candidati, si susseguono i comizi e le manifestazioni, tra canti e balli.
Così accade anche quando per la strada si incrociano due cortei a sostegno di candidati diversi, che proseguono danzando senza incidenti. Anche i manifesti elettorali restano tutti appesi ai muri e agli alberi, uno aggiunto all'altro, nessuno strappato: tutti segni di grande coscienza civica.
In questa parte del Congo il consenso si coagula in altissima percentuale attorno al presidente uscente Joseph Kabila, che è ben consapevole di avere nel Kivu il suo bacino elettorale più convinto. "L'artisan de la paix" è il motto che si è scelto per quest'ultimo scampolo di campagna elettorale.
E la gente lo vede proprio così, come il firmatario della pace e colui che ha restituito un pò di tranquillità alla zona del Paese che più è stata martoriata dagli anni della guerra. "Non voteremo per coloro che hanno violentato le nostre mogli" dicono a mò di slogan.
Qui le attese sono tutte protese al voto di domenica, a cui probabilmente si registrerà un'affluenza altissima. Non c'è la sfiducia che si registra all'ovest, nella capitale; la gente crede e attende le elezioni come una svolta decisiva per il Paese e un'uscita dall'empasse della formula 1+4, un presidente e quattro vicepresidenti, che di fatto blocca qualunque decisione. La presenza di osservatori internazionali è molto ben accolta dalla popolazione, che li vede come un'ulteriore garanzia di legittimità per il voto.
In questo quadro, si inserisce l'attività dei sessantuno osservatori italiani, coordinati da "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa".
Ormai tutte le equipes di coppie di osservatori sono dislocate sul territorio del Nord e Sud Kivu, nelle città più importanti (Bukavu, Goma, Beni, Butembo, Uvira) e nei centri dove la tensione è più alta (da Matanda a Minemwe, da Luvungi a Walungu, da Rutshuru a Masisi).
Le attività delle equipes procedono a pieno ritmo in questi giorni: la presentazione alle autorità del luogo, tra cui i responsabili della Commissione elettorale indipendente, e la conoscenza del territorio, in particolare dei luoghi allestiti come seggi elettorali. Da tutti loro arrivano messaggi positivi sull'accoglienza ricevuta dalla popolazione e dalle autorità.
Il clima generalmente positivo e di grande attesa che si respira nel Kivu è in contrasto con le notizie che giungono da altre parti del Paese. In particolare, la chiesa cattolica in queste zone è da mesi protagonista di un intenso lavoro di formazione della popolazione, a cui viene spiegato come votare e con quale criterio scegliere i candidati. Folti gruppi di volontari hanno girato per tutta la provincia, fino nei villaggi più remoti, per fare incontri di educazione civica.
In relazione a quanto scritto da alcuni vescovi nei giorni scorsi, che hanno assunto una posizione critica verso il processo elettorale, Lisa Clark e Albino Bizzotto, responsabili di "Beati i costruttori di pace", spiegano: "Viene dato molto credito a dichiarazioni fatte a titolo personale da due vescovi, che sono diffuse come notizia principale se non unica. Tutte queste informazioni vengono però prontamente e sistematicamente smentite, col risultato di ottenere un'informazione distorta. Andrebbero invece maggiormente pubblicizzate le dichiarazioni collettive dei vescovi: lo sforzo della Chiesa, a tutti i livelli, nella formazione e nell'educazione civica, è stato enorme e continua senza interruzione".
Giusy Baioni *
Bukavu, 28 luglio 2006 Più di 25 milioni di congolesi sono chiamati alle urne, domenica 30 luglio, per le prime elezioni libere e democratiche della Repubblica democratica del Congo.
Oggi, alla vigilia del silenzio della campagna elettorale, la società civile della provincia del Sud Kivu si è ritrovata a Bukavu per fare il punto delle iniziative promosse per insegnare alla popolazione come votare (molta parte dei congolesi è analfabeta), come esercitare al meglio il diritto di scelta e la libertà e la segretezza del voto.
È dall'inizio dell'anno che la società civile si sta muovendo in questo senso affinché le elezioni risultino davvero libere e democratiche e vedano la partecipazione più ampia possibile degli aventi diritto al voto. In particolare nel Sud Kivu ha organizzato e promosso incontri, dibattiti, sessioni di approfondimento, iniziative di conoscenza con i diversi candidati locali al parlamento. Ma anche partite di calcio in cui si affrontavano squadre composte da consueti avversari (pigmei del Nord Kivu contro pigmei del Sud Kivu in alcune località; autorità civili contro militari in altre) che, alla fine, vincitori o vinti, si abbracciavano comunque, fornendo una simbolica testimonianza di concordia.
"Come società civile organizzata noi intendiamo l'insieme di associazioni civili e ong locali che si mettono insieme e lavorano in rete - hanno spiegato gli addetti al coordinamento incontrando gli osservatori internazionali della società civile italiana - Un movimento che comprende più di 1.500 organismi: ong per lo sviluppo; organizzazioni per la tutela dei diritti dell'uomo; organizzazioni di donne; organizzazioni di giovani; confessioni religiose; sindacati e gruppi professionali; intellettuali; associazioni che si occupano di sport, cultura e tempo libero; associazioni a interesse economico; associazioni caritative e umanitarie". Fondamentale la sua presenza durante la guerra per porre un limite, con strumenti nonviolenti, alla violenza dei banditi e dei ribelli che ha profondamente segnato questa parte del paese.
Frutto della società civile congolese è anche Renosec, la rete degli osservatori nazionali del Congo, che si è organizzata in vista delle elezioni formando un gruppo di osservatori elettorali nazionali, che saranno dislocati anche nella provincia.
Incontrando alcuni rappresentanti degli osservatori elettorali di "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa" a Bukavu, il coordinamento della società civile congolese li ha ringraziati pubblicamente per la loro presenza in questo momento particolare della storia del paese e per l'accompagnamento loro offerto durante gli anni della guerra.
Cinzia Agostini *
Bukavu, 29 luglio 2006 Vigilia del voto, in Congo. Dopo quarantacinque anni, il Paese torna alle urne per elezioni libere e multipartitiche. Il clima che si respira è di grande attesa, qui nel Kivu, regione a est di questo Stato grande otto volte l'Italia.
Il silenzio elettorale è stato rispettato in maniera lodevole: non solo nessun comizio e nessuno slogan per le strade, ma addirittura nella notte sono stati tolti tutti i manifesti elettorali che invadevano la città. La gente, che fino a ieri indossava orgogliosa la t-shirt o il cappellino del proprio candidato, oggi ha lasciato nell'armadio tutto quello che poteva alludere al voto. Anche nei quartieri popolari e periferici, fatti di baracche, questa attenzione è stata scrupolosa, segno di una partecipazione e di una educazione civica notevoli. Nei mesi e in particolare nelle settimane scorse, sono stati infatti moltissimi gli incontri organizzati dalla società civile per informare, educare, spiegare come e perché votare. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Tutto è pronto per domani. Alla preapertura dei seggi, gli osservatori nazionali e internazionali verificano che tutto sia in regola: i centres de vote (ognuno dei quali ha circa 6.000 votanti) stanno ultimando i preparativi e l'allestimento delle cabine elettorali; i materiali elettorali sono arrivati già da qualche giorno, senza intoppi. Ad esempio a Cahi, quartiere popolare della periferia di Bukavu, è stato allestito anche un bureau de vote all'interno dell'ospedale, per consentire anche ai malati di votare.
Stanotte scrutatori, segretari, presidenti dormiranno nei centres de vote, così da essere pronti per domattina alle 5 per le prime operazioni. I seggi si apriranno infatti alle 6 e resteranno aperti fino alle 17, dal sorgere del sole al tramonto. Poi, quando tutti gli elettori avranno votato, si procederà subito allo spoglio e alla conta dei voti: la lunga notte del Congo al suo passaggio storico.
Anche i 61 osservatori della società civile italiana, sparsi sul territorio del Nord e Sud Kivu, hanno compiuto oggi verifiche e ispezioni ai centres de vote assegnati loro. Dalla maggior parte delle 23 equipes giungono segnalazioni sulla regolarità dei preparativi. Da una zona soltanto è stato segnalato il numero non sufficiente di tamponi di inchiostro, che serviranno agli analfabeti per contrassegnare il candidato prescelto.
L'attesa febbrile del voto pare aver placato anche le tensioni esistenti in questa parte di Congo al confine con il Rwanda, in una sorta di tregua. Solo da due o tre di questi luoghi sono giunte notizie di tensioni, rientrate però nell'arco della giornata.
Ad attenderli all'arrivo, l'ambasciatore italiano in Uganda e due pullman messi a disposizione dalla Monuc, la missione Onu in Congo, che hanno trasportato via terra gli osservatori dalla capitale rwandese fino a Bukavu. Gli altri tredici italiani hanno raggiunto il gruppo ieri: arrivati a Kampala, in Uganda, con volo di linea, sono stati traspostati a Bukavu con un volo messo a disposizione dalla Monuc.
Subito il gruppo ha avuto incontri istituzionali con le autorità locali e internazionali presenti a Bukavu: nella mattinata di ieri, il governatore della provincia, Deogratias Buhambahamba, ci ha tenuto a dare il benvenuto a una piccola rappresentanza degli osservatori, manifestando il proprio apprezzamento per la missione. Poi, alle 10,30, si è tenuta la conferenza stampa con la presenza delle autorità civili e religiose: oltre al governatore, l'arcivescovo di Bukavu Francois Xavier Maroyi e il chef du bureau della Monuc a Bukavu, mr. Alfaso. Tutti hanno espresso una valutazione positiva nei riguardi dell'iniziativa, ritenuta molto importante per favorire il passaggio storico che attende il Paese con il voto di domenica prossima. "Il tempo delle intimidazioni e delle armi è finito - ha sottolineato l'arcivescovo -, ora è il tempo del confronto democratico tra avversari e non più tra nemici".
La stampa congolese, in particolare le radio (il mezzo di comunicazione più diffuso) ha dato ampio risalto all'arrivo degli osservatori italiani, che già oggi vengono identificati e salutati dalla gente per le strade di Bukavu.
Nella serata di ieri i volontari italiani hanno partecipato a un incontro organizzato dagli osservatori elettorali provenienti dal Sudafrica. Oggi, martedì 25 luglio, hanno ricevuto l'accredito della Monuc e hanno avuto due briefing sulla sicurezza presso i loro uffici, tenuti rispettivamente da personale civile e militare.
Entro domani mattina, le coppie di osservatori lasceranno Bukavu alla volta dei luoghi a cui sono stati assegnati, le città e i villaggi del Nord e Sud Kivu.
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Bukavu, 26 luglio 2006 "Il lavoro è un diritto e un dovere sacro per ogni congolese. Lo Stato garantisce il diritto al lavoro, la protezione contro la disoccupazione e una remunerazione giusta che garantisca al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana, completata da tutti gli altri mezzi di protezione sociale, soprattutto la pensione e il minimo vitale".
"La libertà sindacale è riconosciuta e garantita. Tutti i congolesi hanno il diritto di fondare sindacati o di affiliarvisi liberamente". "Il diritto di sciopero è riconosciuto e garantito".
Sono passaggi tratti dalla nuova Costituzione della Repubblica democratica del Congo, approvata lo scorso 18 dicembre con un referendum popolare e in vigore da febbraio. Questi passaggi, chiaramente ispirati ai principi europei piuttosto che al modello sociale nordamericano, sono alla base del contatto nato in questi giorni tra il sindacato italiano e quelli locali.
Emilio Lonati, rappresentante sindacale della Fim-Cisl, si trova in questi giorni in Congo insieme alla delegazione di osservatori elettorali della società civile, promossa da "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa". La sua presenza a Bukavu, capoluogo della regione del Sud Kivu, è stata l'occasione per due incontri con i rappresentanti sindacali locali: uno scambio informale ma fecondo tra esperienze sindacali molto diverse, un'organizzazione occidentale con decenni di esperienza da un lato e dall'altro un sindacato nascente in un paese che esce da decenni di dittatura e guerre.
Il sindacalista italiano ha incontrato ieri, 27 luglio, Padyrj Kyalumba Lugano, responsabile provinciale del sindacato ufficiale Untc, l'Union nationale de travailleurs congolais. Fino al '90 esisteva infatti quest'unico sindacato nel Paese, con iscrizione obbligatoria, voluto dal dittatore Mobutu. Il quale, avvertita aria di tempesta con il crollo del muro di Berlino, decise di mettere fine al partito e al sindacato unico, aprendo così al pluralismo sindacale. "Da lì - spiega Emilio Lonati - ha avuto avvio una polverizzazione, che ha portato alla nascita di 278 sindacati nel paese. Anche gli immobili di proprietà di questo sindacato unico sono stati rivendicati dai vari gruppi e si è arrivati a una divisione del patrimonio". Fino a quando, nel 2004, viene varata una legge per la rappresentanza sindacale che, attraverso rinnovi delle rappresentanze con elezioni periodiche, consente di identificare i sindacati maggiormente rappresentativi e ha riportato l'Untc in posizione di preminenza, insieme a una decina d'altri. La legge prevederebbe al massimo cinque sindacati e dunque c'è ancora uno sforzo da compiere per concentrare quelli esistenti, in genere unioni sindacali che rappresentano le varie categorie.
Prosegue Lonati: "Per le elezioni che si terranno domenica prossima, 30 luglio (le prime elezioni libere e multipartitiche in Congo da quarant'anni), nessuno dei candidati alla presidenza ha inserito nel programma dei punti specifici sul lavoro. Così i sindacati hanno presentato il loro candidato presidente e altri due candidati per il parlamento".
Dall'incontro con il responsabile dell'Untc sono scaturite non solo informazioni generali, ma anche belle storie personali: "Kyalumba Lugano ci ha raccontato che nel '92 ha guidato la lotta in un'azienda mineraria (la Sominki, un'azienda per il 70% in mano ai belgi e per il resto al governo congolese, che estraeva oro e cassiterite) ed è stato arrestato, pur essendo nel sindacato governativo, per aver portato avanti una lotta con 54 giorni di sciopero".
"Oltre alle esperienze sindacali derivanti dal vecchio regime - spiega ancora Emilio Lonati - ci sono i sindacati emergenti, ancora senza riconoscimento ufficiale ma che hanno già portato avanti iniziative e lotte". Nella regione del Sud Kivu in cui si trova, l'unico sindacato autonomo organizzato è quello degli insegnanti delle scuole cattoliche, nato spontaneamente dalla base. Lonati ne ha incontrato il responsabile, Pierre. "Con il loro sindacato sono riusciti a ottenere già buoni risultati, primo fra tutti l'aumento della retribuzione da 8 dollari al mese a 30 dollari. Questa rivendicazione li accomuna tra l'altro a militari e polizia, le altre due categorie di lavoratori che percepiscono (quando li percepiscono) stipendi ridottissimi. Per 'ovviarè, soldati e poliziotti spesso taglieggiano la gente, mentre gli insegnanti sono costretti a chiedere alle famiglie di pagare per mandare i figli a scuola, cosa che ha causato un abbandono scolastico del 40%". Un piccolo ma significativo esempio che mostra come una questione sindacale influisca in maniera decisiva sul futuro di un paese.
"È essenziale che si crei una confederalità sindacale - commenta Lonati - perché se non si mettono insieme, mai potranno avere forza contrattuale per fare rivendicazioni e pressione sul nuovo governo che sarà in carica nei prossimi mesi".
"Mentre i sindacati che derivano dal precedente regime hanno mantenuto un minimo di struttura ed esperienza, queste nuove forme sindacali non ne hanno alcuna e per questo mi hanno chiesto la possibilità di fare degli stage. La Cisl internazionale (la Confederazione internazionale dei sindacati dei lavoratori), che ha sede a Ginevra, dovrà seguire con attenzione l'evolversi della situazione e favorirla, perché con la nuova Costituzione e il sindacato nascente si è creata una condizione ottimale".
"In questa fase di transizione - conclude Lonati - i sindacati sopravvivono in qualche maniera, dato che l'iscrizione obbligatoria è stata tolta nel 2000. Qui nella regione del Sud Kivu esistono 47 grosse imprese con seimila addetti, eppure il sindacato ufficiale ha un piccolo ufficio con solo una vecchia fotocopiatrice e una macchina da scrivere anni '70, in cui riceve la gente che ogni giorno arriva con contenziosi di lavoro. L'unico pagamento che ottengono è una piccola percentuale sulla somma che riescono eventualmente a recuperare con la trattativa con il datore di lavoro. Stanno cercando forme di mutualità nella sanità, che sono le prime cose che il sindacato nascente ha realizzato in Europa nell'Ottocento: c'è dunque ancora tanto cammino da fare".
Giusy Baioni *
Bukavu, 27 luglio 2006 Ultimo giorno di campagna elettorale, nella Repubblica democratica del Congo. Nell'est del Paese, dove sono dislocati i 61 osservatori della società civile italiana, le notizie sono di tono diverso rispetto a quelle della capitale.
C'è un clima di grande attesa a Bukavu, capoluogo del Sud Kivu. Le strade sono invase da gente che indossa berretti e magliette col volto dei candidati, si susseguono i comizi e le manifestazioni, tra canti e balli.
Così accade anche quando per la strada si incrociano due cortei a sostegno di candidati diversi, che proseguono danzando senza incidenti. Anche i manifesti elettorali restano tutti appesi ai muri e agli alberi, uno aggiunto all'altro, nessuno strappato: tutti segni di grande coscienza civica.
In questa parte del Congo il consenso si coagula in altissima percentuale attorno al presidente uscente Joseph Kabila, che è ben consapevole di avere nel Kivu il suo bacino elettorale più convinto. "L'artisan de la paix" è il motto che si è scelto per quest'ultimo scampolo di campagna elettorale.
E la gente lo vede proprio così, come il firmatario della pace e colui che ha restituito un pò di tranquillità alla zona del Paese che più è stata martoriata dagli anni della guerra. "Non voteremo per coloro che hanno violentato le nostre mogli" dicono a mò di slogan.
Qui le attese sono tutte protese al voto di domenica, a cui probabilmente si registrerà un'affluenza altissima. Non c'è la sfiducia che si registra all'ovest, nella capitale; la gente crede e attende le elezioni come una svolta decisiva per il Paese e un'uscita dall'empasse della formula 1+4, un presidente e quattro vicepresidenti, che di fatto blocca qualunque decisione. La presenza di osservatori internazionali è molto ben accolta dalla popolazione, che li vede come un'ulteriore garanzia di legittimità per il voto.
In questo quadro, si inserisce l'attività dei sessantuno osservatori italiani, coordinati da "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa".
Ormai tutte le equipes di coppie di osservatori sono dislocate sul territorio del Nord e Sud Kivu, nelle città più importanti (Bukavu, Goma, Beni, Butembo, Uvira) e nei centri dove la tensione è più alta (da Matanda a Minemwe, da Luvungi a Walungu, da Rutshuru a Masisi).
Le attività delle equipes procedono a pieno ritmo in questi giorni: la presentazione alle autorità del luogo, tra cui i responsabili della Commissione elettorale indipendente, e la conoscenza del territorio, in particolare dei luoghi allestiti come seggi elettorali. Da tutti loro arrivano messaggi positivi sull'accoglienza ricevuta dalla popolazione e dalle autorità.
Il clima generalmente positivo e di grande attesa che si respira nel Kivu è in contrasto con le notizie che giungono da altre parti del Paese. In particolare, la chiesa cattolica in queste zone è da mesi protagonista di un intenso lavoro di formazione della popolazione, a cui viene spiegato come votare e con quale criterio scegliere i candidati. Folti gruppi di volontari hanno girato per tutta la provincia, fino nei villaggi più remoti, per fare incontri di educazione civica.
In relazione a quanto scritto da alcuni vescovi nei giorni scorsi, che hanno assunto una posizione critica verso il processo elettorale, Lisa Clark e Albino Bizzotto, responsabili di "Beati i costruttori di pace", spiegano: "Viene dato molto credito a dichiarazioni fatte a titolo personale da due vescovi, che sono diffuse come notizia principale se non unica. Tutte queste informazioni vengono però prontamente e sistematicamente smentite, col risultato di ottenere un'informazione distorta. Andrebbero invece maggiormente pubblicizzate le dichiarazioni collettive dei vescovi: lo sforzo della Chiesa, a tutti i livelli, nella formazione e nell'educazione civica, è stato enorme e continua senza interruzione".
Giusy Baioni *
Bukavu, 28 luglio 2006 Più di 25 milioni di congolesi sono chiamati alle urne, domenica 30 luglio, per le prime elezioni libere e democratiche della Repubblica democratica del Congo.
Oggi, alla vigilia del silenzio della campagna elettorale, la società civile della provincia del Sud Kivu si è ritrovata a Bukavu per fare il punto delle iniziative promosse per insegnare alla popolazione come votare (molta parte dei congolesi è analfabeta), come esercitare al meglio il diritto di scelta e la libertà e la segretezza del voto.
È dall'inizio dell'anno che la società civile si sta muovendo in questo senso affinché le elezioni risultino davvero libere e democratiche e vedano la partecipazione più ampia possibile degli aventi diritto al voto. In particolare nel Sud Kivu ha organizzato e promosso incontri, dibattiti, sessioni di approfondimento, iniziative di conoscenza con i diversi candidati locali al parlamento. Ma anche partite di calcio in cui si affrontavano squadre composte da consueti avversari (pigmei del Nord Kivu contro pigmei del Sud Kivu in alcune località; autorità civili contro militari in altre) che, alla fine, vincitori o vinti, si abbracciavano comunque, fornendo una simbolica testimonianza di concordia.
"Come società civile organizzata noi intendiamo l'insieme di associazioni civili e ong locali che si mettono insieme e lavorano in rete - hanno spiegato gli addetti al coordinamento incontrando gli osservatori internazionali della società civile italiana - Un movimento che comprende più di 1.500 organismi: ong per lo sviluppo; organizzazioni per la tutela dei diritti dell'uomo; organizzazioni di donne; organizzazioni di giovani; confessioni religiose; sindacati e gruppi professionali; intellettuali; associazioni che si occupano di sport, cultura e tempo libero; associazioni a interesse economico; associazioni caritative e umanitarie". Fondamentale la sua presenza durante la guerra per porre un limite, con strumenti nonviolenti, alla violenza dei banditi e dei ribelli che ha profondamente segnato questa parte del paese.
Frutto della società civile congolese è anche Renosec, la rete degli osservatori nazionali del Congo, che si è organizzata in vista delle elezioni formando un gruppo di osservatori elettorali nazionali, che saranno dislocati anche nella provincia.
Incontrando alcuni rappresentanti degli osservatori elettorali di "Beati i costruttori di pace" e "Chiama l'Africa" a Bukavu, il coordinamento della società civile congolese li ha ringraziati pubblicamente per la loro presenza in questo momento particolare della storia del paese e per l'accompagnamento loro offerto durante gli anni della guerra.
Cinzia Agostini *
Bukavu, 29 luglio 2006 Vigilia del voto, in Congo. Dopo quarantacinque anni, il Paese torna alle urne per elezioni libere e multipartitiche. Il clima che si respira è di grande attesa, qui nel Kivu, regione a est di questo Stato grande otto volte l'Italia.
Il silenzio elettorale è stato rispettato in maniera lodevole: non solo nessun comizio e nessuno slogan per le strade, ma addirittura nella notte sono stati tolti tutti i manifesti elettorali che invadevano la città. La gente, che fino a ieri indossava orgogliosa la t-shirt o il cappellino del proprio candidato, oggi ha lasciato nell'armadio tutto quello che poteva alludere al voto. Anche nei quartieri popolari e periferici, fatti di baracche, questa attenzione è stata scrupolosa, segno di una partecipazione e di una educazione civica notevoli. Nei mesi e in particolare nelle settimane scorse, sono stati infatti moltissimi gli incontri organizzati dalla società civile per informare, educare, spiegare come e perché votare. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Tutto è pronto per domani. Alla preapertura dei seggi, gli osservatori nazionali e internazionali verificano che tutto sia in regola: i centres de vote (ognuno dei quali ha circa 6.000 votanti) stanno ultimando i preparativi e l'allestimento delle cabine elettorali; i materiali elettorali sono arrivati già da qualche giorno, senza intoppi. Ad esempio a Cahi, quartiere popolare della periferia di Bukavu, è stato allestito anche un bureau de vote all'interno dell'ospedale, per consentire anche ai malati di votare.
Stanotte scrutatori, segretari, presidenti dormiranno nei centres de vote, così da essere pronti per domattina alle 5 per le prime operazioni. I seggi si apriranno infatti alle 6 e resteranno aperti fino alle 17, dal sorgere del sole al tramonto. Poi, quando tutti gli elettori avranno votato, si procederà subito allo spoglio e alla conta dei voti: la lunga notte del Congo al suo passaggio storico.
Anche i 61 osservatori della società civile italiana, sparsi sul territorio del Nord e Sud Kivu, hanno compiuto oggi verifiche e ispezioni ai centres de vote assegnati loro. Dalla maggior parte delle 23 equipes giungono segnalazioni sulla regolarità dei preparativi. Da una zona soltanto è stato segnalato il numero non sufficiente di tamponi di inchiostro, che serviranno agli analfabeti per contrassegnare il candidato prescelto.
L'attesa febbrile del voto pare aver placato anche le tensioni esistenti in questa parte di Congo al confine con il Rwanda, in una sorta di tregua. Solo da due o tre di questi luoghi sono giunte notizie di tensioni, rientrate però nell'arco della giornata.