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Criticare lo Stato d'Israele non vuol dire essere antisemiti (Tom Segev)

Intervista di Eric Salerno a Tom Segev, pubblicata su "Il Messaggero" del 14 gennaio 2009.
Tratta da Notizie Minime della Nonviolenza in Cammino n. 702 del 16 gennaio 2009

"Le può sembrare strano. Ma chi critica Israele, o meglio il suo governo, per la morte di tanti civili a Gaza non è necessariamente un nemico d'Israele o un antisemita. Al contrario lo può fare per amore d'Israele. Lo può fare perché, come me, si vergogna di quello che sta accadendo".

Tom Segev è uno dei cosiddetti "nuovi storici" israeliani. Ama il suo paese ma, come storico, rifiuta i cliché della storiografia ufficiale, romantica, acritica, dei primi anni dell'impresa sionista. I suoi libri, tra i quali Il settimo milione. Come l'Olocausto ha segnato la storia d'Israele, sono stati tradotti in tutto il mondo.
- Eric Salerno: Lei, come cittadino d'Israele con genitori scappati dalla Germania nazista, è ovviamente autorizzato a criticare il suo paese. Trova giusto che un non israeliano, o ancora peggio un non ebreo, che critica Israele rischi di venire bollato d'antisemitismo?
- Tom Segev: Un problema è che spesso si critica Israele invece di specificare "il governo d'Israele". Io posso non essere d'accordo, per esempio, con quello che fa il vostro Berlusconi, ma non per questo attacco l'Italia. Certo, al momento, la maggioranza degli israeliani è allineata con il governo Olmert e, dunque, la distinzione sarebbe troppo sottile e non necessaria. In generale, però, bisogna capire che gli israeliani hanno opinioni diverse tra loro e non necessariamente coincidono con la politica di chi ci governa.

- Eric Salerno: Dunque, l'equazione antisionista, antisraeliano, antisemita non funziona?
- Tom Segev: Certo, ci sono molti antisemiti che criticano Israele perché sono antisemiti. Ma si rischia di creare un pericoloso cliché affermando che la critica, giusta o ingiusta, della politica del nostro paese sia segno di latente antisemitismo. E sono nettamente contrario a questo cliché perché serve esclusivamente la causa di chi vuole spegnere ogni forma di critica. Non ho alcuna simpatia per Hamas. Ma il male è in chi fa del male a un bambino di Sderot, come in chi fa del male a un bambino palestinese a Gaza.

- Eric Salerno: Come finirà quest'ennesimo conflitto?
- Tom Segev: Finirà. E poi ricomincerà. Naturalmente, non siamo gli unici colpevoli. Molta della responsabilità per quanto sta succedendo è degli egiziani corrotti. Sono quelli, guardie o altri sul lato del Sinai di fronte a Gaza, che hanno permesso e facilitato il contrabbando delle armi. Non l'hanno fatto per sostenere la causa dei palestinesi, non per simpatia nei confronti di Hamas. Soltanto per soldi.

- Eric Salerno: E Hamas?
- Tom Segev: Naturalmente anche loro sono responsabili. Sono anni che lanciano missili contro i centri abitati israeliani e dovevano capire che alla fine ci sarebbe stata una risposta. E la risposta è stata forte perché è così che funziona quando un esercito si mette in movimento.

- Eric Salerno: C'era un'alternativa?
- Tom Segev: Dovevamo negoziare con Hamas molto tempo fa. Il governo dice, come dicono altri governi, non si tratta con i terroristi, ma alla fine tutti trattano. E lo faremo anche noi. Si sta ripetendo la storia dei nostri rapporti con l'Olp. Prima nessun negoziato, poi la trattativa. Questa offensiva israeliana ha tanto sapore di sottofondo di politica e questioni di prestigio. Le cause dello scontro e della scelta del momento sono tre: il lancio dei kassam, l'avvicinarsi delle elezioni in Israele, la fine dell'era Bush. Lo si capisce anche dai bombardamenti. Hanno parlato d'attacchi mirati, d'attacchi con precisione chirurgica. Non è stato così. È stata una pioggia, una tempesta di bombe. È sbagliato parlare di giustizia fatta.
È meglio parlare di vendetta. E, ripeto, mi vergogno perché mi sento impotente.

- Eric Salerno: Quanto andrà avanti ancora?
- Tom Segev: Finirà prima della parata della vittoria di Obama.