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Decrescere per superare la recessione e la crisi climatica.

Proposta per la formazione di un nuovo soggetto politico (21 agosto 2009)
Nell'attuale fase storica, in cui la variante liberal/liberista dell'ideologia della crescita, dopo aver sconfitto le varianti socialdemocratiche e socialiste, ha raggiunto il suo apice arrivando ad esercitare un'egemonia assoluta su tutti i popoli della terra e su tutte le correnti politiche, la crescita della produzione di merci è rimasta inceppata dalla sua stessa affermazione, che ha determinato...

- un eccesso di offerta sulla domanda, da cui è stata causata una crisi di sovrapproduzione e un aumento della disoccupazione;
- un eccesso di consumo di risorse, sia non rinnovabili (in particolare, ma non solo, le fonti energetiche fossili), sia rinnovabili (ma in quantità e con tempi di riproduzione che non riescono a sostenere i tempi sempre più rapidi e le quantità sempre maggiori con cui vengono consumate per sostenere la crescita), da cui derivano scarsità e aumenti dei prezzi;
- un eccesso di immissioni di scarti delle attività antropiche nelle acque, nell'aria e nei suoli, sotto forma di rifiuti solidi urbani, industriali e agricoli, di sostanze inquinanti, di anidride carbonica in atmosfera, da cui sono derivati problemi ambientali sempre più gravi e diffusi ed è stata innescata una mutazione climatica.

2. La combinazione degli effetti a livello economico e a livello ambientale configurano la crisi in corso come la più grave attraversata dall'economia capitalista. A ciò si aggiunga che in conseguenza di un altro fenomeno inerente alla crescita, la globalizzazione dei mercati, la recessione si è estesa pressoché contestualmente a tutti i paesi del mondo, mentre il cambiamento climatico per la sua stessa natura coinvolge l'ecosistema terrestre nel suo insieme. Ne consegue che il paragone con la crisi del 1929 non regge per difetto e non per eccesso, sia in termini di gravità, sia in termini di diffusione.

3. A rigor di logica, se l'offerta eccede la domanda, ovvero se si produce più del necessario, basta diminuire l'offerta fino a raggiungere un punto di equilibrio. Nell'ideologia della crescita, che sfugge alla logica, per raggiungere il punto di equilibrio occorre invece potenziare la domanda, o aumentando la spesa pubblica in deficit (grandi opere), o sostenendo la domanda privata con sussidi di denaro pubblico, o riducendo la tassazione, o abbassando il costo del denaro per favorire gli investimenti in macchinari industriali più performanti, che consentono accrescere la produttività, ovvero di produrre di più con meno addetti: il mantra della competitività. Ma se aumenta la produzione e diminuisce l'occupazione non si ripropone in misura più ampia l'eccesso di offerta sulla domanda?

4. L'ideologia della crescita è stata sostenuta negli scorsi decenni dalla diffusione e dagli aumenti dei redditi monetari pro-capite conseguenti alla crescita produttiva di alcuni settori industriali, in particolare l'edilizia (quand le bâtiment va, tout va), l'automobile e gli elettrodomestici1. È umano, ma non sempre saggio, adagiarsi nella convinzione che se qualcosa ha funzionato in passato debba funzionare di per sé. Così le strategie approntate per superare la crisi di sovrapproduzione offrendo sostegni alla domanda si sono incentrate sull'edilizia, l'automobile e gli elettrodomestici. Anche perché in questi settori si sono verificati i maggiori eccessi di offerta e, quindi, le difficoltà maggiori. Non a caso la causa scatenante della crisi è stata innescata negli Stati Uniti dal sostegno alla domanda nell'edilizia mediante la facile concessione di mutui per l'acquisto di case a clienti catalogati dalle banche nella categoria dei subprime, i meno affidabili, c! he altrimenti non avrebbero potuto comprale. Non a caso nel settore automobilistico l'eccesso della produzione a livello mondiale è circa un terzo del totale: 34 milioni di autovetture all'anno su 94 milioni.

5. Le strategie di superamento della crisi mediante il sostegno della domanda per rimettere in moto il meccanismo inceppato della crescita accomunano le forze politiche di destra e di sinistra in tutti i paesi del mondo.

6. Per la destra ciò comporta il temporaneo accantonamento della pietra angolare su cui si fonda il suo sistema teorico: la capacità del mercato di trovare di volta in volta il miglior punto di equilibrio nell'allocazione delle risorse purché non vi siano intromissioni nell'economia da parte dello Stato. I governi di destra sono stati i più solleciti nell'intervenire a sostegno dei comparti produttivi, delle aziende e delle banche in maggiori difficoltà, fino a vere e proprie forme di nazionalizzazione, sebbene temperate dalla dichiarazione della loro temporaneità. L'obbiettivo di sostenere la domanda allo scopo di rilanciare il ciclo economico, per tornare il prima possibile a fare come si è sempre fatto, ha assunto la priorità assoluta, tant'è che alcuni hanno visto nelle politiche economiche della destra la più fedele applicazione del keynesismo.

7. Per la sinistra la necessità di incrementare la domanda è stata vista come la migliore opportunità per introdurre due tipi di cambiamento: una riduzione dell'impatto ambientale e una maggiore equità nella distribuzione del reddito monetario. La prima opzione è quella della cosiddetta green economy, ovvero il sostegno alla domanda di nuove tecnologie che riducono le emissioni climalteranti, l'inquinamento, il consumo di risorse e la produzione di rifiuti: la sostituzione delle fonti fossili con un mix composto da fonti rinnovabili, biocarburanti, nucleare, risparmio energetico, confinamento della CO2, riduzione dei rifiuti e recupero delle materie prime che contengono (comprese le potenzialità energetiche). Un pout pourri di proposte molto diverse tra loro e cucinato in dosi diverse dai diversi promotori, unificato dalla finalità di implementare e diversificare l'offerta di merci per creare occupazione riducendo i fattori più gravi della crisi ambientale. A parte l! e difficoltà di considerare positivi sugli ambienti e sulla qualità della vita gli effetti del nucleare, dei biocarburanti e della combustione dei rifiuti, se lo sviluppo delle tecnologie meno impattanti e dissipative viene finalizzato alla crescita del PIL, ovvero, se la diminuzione percentuale del consumo di risorse e della produzione di rifiuti per unità di prodotto viene finalizzata all'aumento delle quantità prodotte, si fa una fatica di Sisifo, rallentando soltanto l'avvicinamento al punto di rottura con la capacità del pianeta di fornire le risorse necessarie alle attività produttive e a metabolizzarne gli scarti. Per quanto lo si voglia connotare qualitativamente, lo sviluppo non può essere sostenibile.
La seconda strada indicata da alcuni intellettuali di sinistra per ampliare la domanda è una più equa ripartizione del reddito monetario tra le classi sociali. L'eccessivo divario di reddito tra i troppo ricchi e i troppo poveri, l'aumento della concentrazione della ricchezza monetaria in sempre più ristretti gruppi di iper-privilegiati e la conseguente riduzione di ciò che resta nelle mani di sempre più ampi settori della società, non solo i meno abbienti ma anche i ceti intermedi, contribuisce in maniera decisiva alla diminuzione della domanda perché riduce il potere d'acquisto di strati crescenti della popolazione, mentre la capacità di spesa dei ricchissimi, per quanto esagerata possa essere, intacca quote sempre minori del loro reddito. La rivendicazione di una maggiore giustizia sociale diventa quindi uno strumento decisivo per far crescere la domanda, superare la crisi e rilanciare l'occupazione.

8. Al di là delle differenti visioni strategiche, in tutti i paesi le misure finalizzate a superare la fase acuta della crisi mediante il sostegno alla domanda sono state concentrate nei settori produttivi in cui più marcato è stato l'eccesso di offerta: l'edilizia e l'automobile. In Italia si sono concretizzate: - con i sussidi alle rottamazioni delle automobili, estesi anche agli elettrodomestici e ai mobili; - con la concessione, in deroga ai vincoli amministrativi esistenti, della possibilità di ampliare fino al 20 per cento la cubatura delle abitazioni esistenti e in misura ancora maggiore in caso di abbattimento e ricostruzione (la proposta governativa è stata per ora bloccata dall'opposizione degli enti locali).

9. Queste misure: - non consentono di risolvere la crisi economica, perché i mercati dell'automobile e dell'edilizia sono saturi; - aggravano la crisi ambientale e climatica, perché questi settori industriali producono gli oggetti più energivori in assoluto.

10. In Italia negli anni sessanta del secolo scorso le automobili circolanti erano 1 milione e 800 mila. Nel 2008 sono state 35 milioni.
Se nei decenni passati il settore aveva grandi possibilità di espansione, oggi non ne ha più. Inoltre il sistema dell'autotrasporto (autovetture e camion) assorbe in Italia circa un terzo di tutte le importazioni di fonti fossili. Contribuisce dunque per un terzo alle emissioni di CO2, che sono la causa principale dell'innalzamento della temperatura terrestre.

11. In Italia negli anni sessanta del secolo scorso il settore dell'edilizia presentava grandi possibilità di espansione, sia perché era necessario completare l'opera della ricostruzione post-bellica, sia perché erano in corso movimenti migratori di carattere biblico dalle campagne alle città, dal sud al nord, dal nord-est al nord-ovest. Nel quindicennio intercorrente tra i censimenti agricoli del 1990 e del 2005 sono stati edificati 3 milioni di ettari di terreno: una superficie pari al Lazio e all'Abruzzo. Contestualmente il numero degli edifici inutilizzati è cresciuto. A Roma ci sono 245.000 abitazioni vuote su 1.715.000. Una su sette. A Milano 80.000 appartamenti su 1.640.000 e 900.000 metri cubi di uffici: l'equivalente di 30 grattacieli Pirelli. Situazioni analoghe si verificano in tutte le città di tutte le dimensioni. I terreni agricoli adiacenti alle aree urbane sono punteggiati di capannoni industriali in cui non si è mai svolta la minima attività produtti! va. Il mercato dell'edilizia è saturo e i consumi energetici degli edifici sono superiori a quelli delle automobili. Per il solo riscaldamento invernale, in cinque mesi bruciano tanta energia quanto tutto l'autotrasporto in un anno: circa un terzo dei consumi totali.

12. Non ci vuole una grande competenza in materia economica, basta semplicemente un pò di buon senso per capire che per affrontare con probabilità di successo sia gli aspetti economico-occupazionali, sia gli aspetti ambientali-climatici della crisi in corso bisogna fare esattamente il contrario di quanto sta tentando di fare chi, in nome del rilancio della crescita economica, si propone di sostenere la domanda nei settori produttivi in cui più marcato è l'eccesso di offerta senza preoccuparsi se ciò incrementa i fattori di crisi ambientale-climatica. Occorre indirizzare il sistema economico-produttivo a sviluppare i settori che presentano ampi spazi di mercato e a parità di produzione riducono l'inquinamento, il consumo di risorse, in particolare quelle energetiche. Poiché nei decenni passati, in conseguenza della sovrabbondanza di fonti fossili a prezzi irrisori l'unico obbiettivo che si è perseguito è stato la crescita della produzione di merci senza nessuna preoc! cupazione per le conseguenze ambientali, i settori che oggi presentano i più ampi spazi di mercato sono quelli che accrescono l'efficienza nell'uso delle risorse consentendo di diminuire l'inquinamento, le emissioni di CO2 e i rifiuti. Ma se cresce l'efficienza nell'uso delle risorse, diminuisce automaticamente il loro consumo e quindi, una volta che siano stati ammortizzati i costi d'investimento con i risparmi sui costi di gestione, si riduce il PIL.
La decrescita, nell'accezione di riduzione della produzione e del consumo di merci che non sono beni, ha le potenzialità per superare sia gli aspetti economico-occupazionali, sia gli aspetti energetici e climatici della crisi facendo fare un salto di qualità alla storia umana .

13. Mediamente in Italia per riscaldare gli edifici si consumano 200 chilowattora al metro quadrato all'anno. La normativa in vigore nella provincia di Bolzano e in altri paesi europei non consente di costruire nuovi edifici o di ristrutturare gli edifici esistenti se il loro consumo ne richiede più di 70, ma alle costruzioni più efficienti ne bastano 15. Le possibilità di riavviare il ciclo economico e di ampliare l'occupazione incentivando la ristrutturazione energetica degli edifici dissipativi costruiti negli ultimi sessant'anni sono molto maggiori di quelle offerte dall'estensione della cementificazione nelle aree agricole adiacenti alle aree urbane, dalla costruzione di grandi opere, di infrastrutture viarie, di porti e aeroporti, di edifici faraonici per usi episodici (olimpiadi, celebrazioni, centenari, expo ecc.). Inoltre, al contrario di quegli edifici, hanno un'utilità effettiva, riducono almeno dei due terzi le emissioni di CO2, ammortizzano i loro costi d'in! vestimento con i risparmi sui costi di gestione che consentono di ottenere, richiedono lo sviluppo di nuove tecnologie finalizzate non ad aumentare la produttività, ma a ridurre l'impronta ecologica.

14. Nelle ultime settimane l'orgoglio nazionale italiano è stato ampiamente gratificato dalla scalata della Fiat alla Chrysler, vissuta come una sorta di vittoria ai campionati mondiali di calcio, e subito dopo è stato frustrato dal fallimento del tentativo di fare altrettanto con la Opel. Ma l'opinione pubblica non ha percepito il significato di queste operazioni, che consiste nel conseguimento della capacità produttiva minima (6 milioni di autovetture all'anno a fronte dei 2,1 milioni attualmente prodotte da Fiat e dei 4 che raggiunge insieme alla Chrysler) necessaria per continuare a operare in un mercato in forte ridimensionamento e destinato ad ampi processi di delocalizzazioni produttive nei paesi del mondo in cui la manodopera ha le minori pretese contrattuali e retributive. Le concentrazioni industriali in corso nel settore automobilistico avranno come conseguenza una drastica riduzione dell'occupazione in assoluto e con le percentuali maggiori a livello nazionale! . Come si è potuto credere e far credere che queste operazioni potessero preludere a un rilancio dell'economia e dell'occupazione nel nostro paese, riesce difficile da spiegare.

15. Le attuali automobili trasformano in energia cinetica appena il 12 per cento dell'energia chimica contenuta nei carburanti. Il resto si trasforma in calore che si disperde nell'atmosfera e solo in minima parte viene recuperato in inverno per riscaldare i loro abitacoli. A questa inefficienza tecnica del mezzo si sommano modalità d'uso altrettanto inefficienti: ingombri crescenti, utilizzazione di un quarto della capacità di trasporto di persone, eccessi di potenza non utilizzabili per legge, occupazione di spazi pubblici per lo stazionamento fino alla loro saturazione.
Una politica economica finalizzata al superamento di queste arretratezze può favorire uno sviluppo produttivo e occupazionale del settore in misura molto più ampia di quanto non possa il sostegno alla accelerazione delle sostituzioni di automezzi che appartengono sostanzialmente alla stessa generazione tecnologica. L'imposizione di limiti alla circolazione commisurati all'efficienza energetica, la liberazione di ampi spazi urbani dalla circolazione automobilistica, l'incentivazione all'acquisto di autovetture con livelli di consumo molto inferiori agli attuali, il potenziamento e il miglioramento del comfort dei mezzi pubblici collettivi, l'introduzione massiva di automezzi pubblici a uso privato con pagamento a scalare da schede prepagate, aprirebbero gli orizzonti di una nuova stagione, di un vero e proprio nuovo inizio a un settore maturo incapace di uscire dai propri limiti.

16. La somma dei consumi energetici per il riscaldamento e dei consumi di energia elettrica degli edifici ammonta a circa la metà dei consumi energetici totali. Aggiungendo ad essi i consumi dell'autotrasporto i due settori insieme assorbono circa l'80 per cento di tutta l'energia utilizzata nel nostro paese. Almeno la metà è costituita da sprechi, inefficienze e usi impropri che possono essere eliminati con tecnologie più efficienti, i cui costi d'investimento si recuperano con i risparmi sui costi di gestione. In sostanza si può, e si deve, trasferire almeno il 40 per cento del denaro attualmente speso nelle importazioni di fonti fossili, al pagamento di salari e stipendi nei settori tecnologici che consentono di ridurle.

17. Se tutto il sistema produttivo venisse spostato dall'asse che lo indirizza alla crescita del PIL a un asse che lo indirizzi alla riduzione dell'inquinamento, dello spreco di fonti energetiche fossili e di materie prime, alla riduzione degli oggetti dismessi e al recupero delle materie prime secondarie contenute in essi, ne deriverebbe una riduzione della produzione e del consumo di merci che non soltanto non comportano miglioramenti nella qualità della vita e degli ambienti, ma le peggiorano. Si avrebbe cioè una riduzione guidata e selettiva del PIL, che aprirebbe ampie opportunità occupazionali, non altrimenti ottenibili, in attività connotate qualitativamente.

18. Per mettere in moto un processo di questo genere, finalizzato a rilanciare il ciclo economico e a creare occupazione con lo sviluppo delle tecnologie che riducono il consumo di energia, materie prime e rifiuti a parità di produzione, è decisivo il ruolo della politica, non solo a livello nazionale, ma anche a livello locale.

19. Gli strumenti decisivi per compiere questa inversione di tendenza sono nelle mani degli enti locali. Il blocco dell'espansione dei piani regolatori abbinato a un regolamento edilizio che non consenta di costruire o ristrutturare gli edifici esistenti se hanno un consumo energetico superiore a 70 chilowattora al metro quadrato all'anno indirizza l'edilizia alla ristrutturazione dell'esistente, vale a dire il patrimonio costruito negli ultimi sessant'anni. Un mercato enorme che può dare un contributo decisivo alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla crescita dell'occupazione. Un progetto strategico che impone la riqualificazione professionale di tutti coloro che operano nel settore dell'edilizia. La spinta decisiva nell'orientare il settore in tal senso può essere data dagli enti locali in prima persona, ponendo al centro dei lavori pubblici l'obbiettivo di ristrutturare energeticamente gli edifici di loro proprietà, invece di devastare la bellezza residua del terri! torio con strade, autostrade, tangenziali, rotonde, grattacieli e alte velocità.

20. Una prospettiva molto interessante per la diversificazione produttiva nel settore automobilistico è la produzione di micro-cogeneratori alimentati da motori endotermici. Utilizzando la forza di un motore per azionare un alternatore e recuperando il calore del radiatore e dei gas di scarico per alimentare un impianto di riscaldamento, con lo stesso consumo energetico necessario a riscaldare un edificio, oltre a riscaldare l'edificio si riesce anche a produrre energia elettrica per una decina di edifici della stessa dimensione. Se questi piccoli impianti venissero collocati in sostituzione delle caldaie in edifici a bassissime dispersioni termiche, la potenza termica necessaria al loro riscaldamento si può ridurre fino a nove decimi (da 200 a 20 chilowattora al metro quadrato all'anno) e si potrebbero installare macchine tarate sul fabbisogno di energia elettrica senza riversare in rete eccessi di produzione. Anche in questo caso basterebbe che le Asl deliberassero di in! stallare micro-cogeneratori negli ospedali e i comuni nelle piscine e negli impianti sportivi, per creare una domanda sufficiente a indurre le industrie automobilistiche a indirizzare parte della loro produzione in questo settore che ha margini di mercato amplissimi e riduce della metà i consumi di fonti fossili. È quindi in grado di creare occupazione e diminuire le emissioni di CO2, offrendo un contributo significativo al superamento della crisi economica e della crisi climatica.

21. Un altro settore decisivo in cui gli enti locali possono creare una domanda in grado di ridurre il consumo di risorse e l'impatto ambientale è la gestione razionale ed economica delle materie prime recuperabili dagli oggetti dismessi. Anziché investire enormi capitali nella costruzione e gestione degli inceneritori per distruggere materie prime riutilizzabili recuperando irrisorie quantità di energia termica a prezzo di un impatto devastante sulla salute umana e sugli ambienti, si può creare un'occupazione socialmente ed ecologicamente utile in attività di riduzione, riuso, riciclaggio raccolta differenziata spinta e controllata dei rifiuti fino alla loro eliminazione (opzione rifiuti zero). Queste attività pagano i loro costi con i risparmi sui costi di smaltimento, sanitari e ambientali.
E ne avanzano ancora, come dimostrano esperienze pluriennali effettuate in alcuni Comuni.

22. In sostanza, la strada per uscire dalla crisi economica e climatica passa attraverso lo sviluppo di innovazioni tecnologiche in grado di accrescere l'efficienza nell'uso delle risorse e di ridurre gli sprechi. Queste tecnologie più efficienti: - hanno enormi spazi di mercato; - pagano i loro costi d'investimento con i risparmi sui costi di gestione che consentono di ottenere; - creano un'occupazione qualificata che migliora la qualità ambientale; - riducono il consumo delle risorse che attualmente si sprecano a causa dell'uso di tecnologie poco efficienti e, una volta ammortizzati i loro costi d'investimento con la riduzione dei costi di gestione, fanno diminuire il PIL.
La strada per uscire dalla crisi economica e climatica, per creare occupazione in lavori utili socialmente ed ecologicamente, è lo sviluppo delle tecnologie della decrescita.

23. Nessuna forza politica oggi persegue questa scelta strategica, che si configura come un vero e proprio cambio di paradigma culturale rispetto a quello che informa e uniforma le società industriali: lo spostamento della finalizzazione del fare dal fare sempre di più al fare bene, ovvero l'introduzione di parametri qualitativi nella valutazione del fare al posto del parametro quantitativo del PIL. È vera ricchezza quella misurata dal PIL pro-capite quando alla composizione di questo valore contribuisce la quantità del cibo che si spreca lungo la filiera dal produttore al consumatore (attualmente in Italia costituisce il 2 per cento del PIL) e, quando in conseguenza di questo spreco il PIL cresce ulteriormente perché aumentano i costi dei servizi di raccolta rifiuti, di smaltimento, di igiene e sanità, degli impianti di smaltimento? Riduce la ricchezza pro capite la riduzione del PIL derivante dalla riduzione degli sprechi di cibo e dei costi necessari a smaltirli? Au! menta la ricchezza pro-capite l'aumento del PIL derivante dai consumi di carburante necessari a coprire grandi distanze tra i luoghi dove le merci vengono prodotte e i luoghi dove vengono acquistate e utilizzate? La diminuisce la diminuzione del PIL indotta dall'acquisto delle stesse merci da produttori vicini? Aumenta la ricchezza pro-capite l'incremento del PIL derivante dagli extra-consumi di energia di edifici mal coibentati che ne disperdono almeno i due terzi di quanto è necessario? La diminuisce la diminuzione del PIL indotta da edifici ben costruiti che ne consumano un decimo della media?

24. La destra e la sinistra, in tutte le loro articolazioni e sfumature, sono due varianti dell'ideologia della crescita del PIL, contrapposte sulle modalità di distribuzione tra le classi sociali del reddito monetario prodotto. Più ce n'è, secondo la cultura che le accomuna, più ce n'è per tutti, sia che le parti le faccia il mercato, che secondo la destra è lo strumento migliore per l'allocazione delle risorse, sia che intervenga lo Stato a ridistribuire in maniera più equa il reddito prodotto, come sostiene la sinistra.

25. Per uscire dalla crisi aprendo una fase più avanzata nella storia dell'umanità occorre una nuova forza politica svincolata dalla contrapposizione tra destra e sinistra, non perché si pone in una posizione intermedia tra i due schieramenti, ma perché si colloca in un piano laterale, definito da coordinate culturali e valoriali differenti da quello in cui esse agiscono, dove ciò che conta non è la crescita della produzione di merci ma la qualità della vita e degli ambienti in cui essa si svolge, dove cioè gli esseri umani non sono più una funzione della crescita economica, ma le attività economico-produttive tornano a essere il mezzo con cui essi migliorano la qualità della loro vita migliorando gli ambienti in cui vivono. Una forza politica che si proponga come promotrice di un nuovo Rinascimento necessario e possibile.

26. Come non può essere di destra né di sinistra perché si colloca in un altro contesto culturale, questa forza politica non può essere né conservatrice né progressista, ma il suo punto di riferimento sarà la capacità di futuro delle scelte che sosterrà, nella consapevolezza che non sempre l'innovazione e il cambiamento hanno più capacità di futuro rispetto alla conservazione dell'esistente, ma spesso succede il contrario ed è l'esistente, cancellato o minacciato dal cambiamento in nome del progresso ad avere una capacità di futuro maggiore. Basta mettere a confronto il modesto fabbisogno energetico degli edifici tradizionali, costruiti in modo da attenuare con la loro struttura gli effetti indesiderati del clima e utilizzarne gli apporti gratuiti, con il fabbisogno energetico degli edifici moderni, che assorbono un terzo di tutte le fonti fossili per il solo riscaldamento invernale perché sono stati costruiti con una tecnologia che in nome dell'innovazione e d! el progresso ha rifiutato come un patetico residuo del passato le conoscenze scientifiche e tecniche utilizzate dalle generazioni precedenti, trascurando al contempo le potenzialità insite nelle nuove tecnologie dell'efficienza.

27. C'è spazio oggi in Italia per una forza politica con queste caratteristiche? Alcuni cambiamenti in corso sia nella sfera dei comportamenti individuali, sia nella sfera dei comportamenti politici lo lasciano supporre.
La relazione conclusiva di una recente ricerca di mercato commissionata da una società della grande distribuzione organizzata per conoscere le reazioni dei consumatori alla crisi economica in corso (26 giugno 2009), significativamente intitolata Futuro presente.
I consumatori ci dicono come uscire bene dalla crisi, mette in evidenza la frequenza con cui nelle risposte del campione intervistato ritornano cinque prefissi: ri- e self- come risposta alla diminuzione della disponibilità di denaro (riciclo, riuso, autoproduzione, riduzione); de- come risposta alla diminuzione delle risorse materiali (decrescita, chilometri zero, fonti rinnovabili); con- come risposta a un bisogno di maggiore socializzazione (gruppi di acquisto solidale, condivisione, co-housing, car-sharing, social-network); tele- come bisogno di più tecnologia informatica (telelavoro, teleconferenza, skype). Una testimonianza chiara e sorprendente della diffusione di stili di vita che rivalutano l'importanza d! ella qualità, della sobrietà, della durata, della responsabilità ambientale e della socializzazione al posto dell'isolamento e del consumismo frenetico necessari a un'economia fondata sulla crescita del PIL.
In relazione ai comportamenti politici, il fenomeno più rilevante è l'aumento costante delle percentuali di elettori che non vanno a votare o annullano la scheda. La componente più consapevole di questo settore sociale sempre più ampio manifesta in questo modo la sua estraneità a un confronto politico ridotto a competizione elettorale per riuscire a conquistare il potere e i vantaggi di gestire programmi sostanzialmente identici. Una estraneità meno evidente ma altrettanto significativa è espressa anche da una percentuale sempre maggiore di elettori che votano turandosi il naso, ovverosia scegliendo lo schieramento che ritengono meno peggio in base ai propri valori di fondo. I non elettori e gli elettori in negativo che non hanno un interlocutore politico a cui esprimere con fiducia il proprio sostegno, sono disponibili ad accogliere con favore una proposta politica alternativa alla sostanziale identità tra destra e sinistra sui contenuti, perché ne percepiscono l'i! ncapacità di formulare proposte in grado di superare la crisi e perché si sentono esclusi dal mondo a sé, privilegiato e separato dalle dinamiche sociali, a cui gli attuali partiti, di destra e di sinistra, hanno ridotto la politica.

28. Una forza politica in grado di promuovere una cultura che liberi gli esseri umani dal ruolo di strumenti della crescita del PIL riportandoli ad essere il fine delle attività produttive non può nascere come semplice atto di volontà di un piccolo gruppo di illuminati, ma non è tutta da costruire. In molti enti locali esistono esperienze significative a cui fare riferimento. Occorre creare collegamenti, scambi e contaminazioni tra queste esperienze. Al contempo, poiché si stanno moltiplicando le persone che per scelta individuale e i gruppi che in forme associate stanno sperimentando stili di vita anticonsumistici e collaborativi, occorre accrescere la loro consapevolezza sul significato culturale e politico di queste scelte comportamentali. Ci sono infine aziende e professionisti che utilizzano il loro sapere e saper fare per accrescere l'efficienza nell'uso delle risorse e per ridurre sprechi, rifiuti e inquinamento.
Occorre favorire lo sviluppo di queste attività. ! Occorre creare collegamenti tra tutte queste realtà per costruire un tessuto economico, produttivo, commerciale e finanziario alternativo a quello vigente, in modo che quando questo crollerà per implosione interna, possa essere sostituito da un diverso modello già sperimentato di produrre, commercializzare, utilizzare, relazionarsi con se stessi, con gli altri, con gli ambienti in cui si vive.

29. Una forza politica che si proponga di contribuire alla realizzazione di un nuovo Rinascimento deve valorizzare le competenze mortificate dalla mediocrità premiata per meriti di fedeltà politica, ripristinare la meritocrazia e i valori dell'onestà intellettuale, ridare rigore ai processi di istruzione, sostenere in modo intransigente la legalità, costituire una cesura con gli attuali partiti, recidere ogni legame col personale politico di lungo corso di qualsiasi schieramento, gruppo o frazione, respingendo tutte le manovre di riciclaggio di cui alcuni settori di quel personale la faranno oggetto, impedire la formazione di un nuovo personale politico di lungo corso perché concepisce l'impegno politico come servizio e non come mestiere, per cui non può non indicare in due mandati il limite massimo di permanenza nello stesso incarico.

30. Per quanto difficile il compito non è più rinviabile e molti indizi lo fanno ritenere possibile perché il bisogno di uscire dal degrado morale, ambientale, economico e sociale in corso è più diffuso di quanto si creda. Molte delle energie che cercano di contrastarlo nelle istituzioni locali e con la pratica di stili di vita diversi sono pronte per coordinare i loro sforzi e aprire l'orizzonte alla speranza. Agire localmente e individualmente non basta più. Occorre inserire ogni tassello in un quadro complessivo in grado di valorizzarlo, sostenerlo, ampliarne la forza e l'efficacia, farlo interagire con tutti gli altri tasselli, non più solo in un'ottica di solidarietà reciproca o di mutuo soccorso, non più solo come forma di resistenza puntuale a chi ha in mente un futuro senza futuro, ma con la volontà di realizzare insieme il disegno di un futuro diverso che un futuro ce l'abbia davvero.