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Donne allombra del pubblico potere (Irigaray Luce)

Tratto dal notiziario del “Centro di ricerca per la pace” del 21 febbraio 2007

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul quotidiano "La repubblica" del 2 febbraio 2007]


In nome di che cosa si può decidere della separazione dell'ambito privato e dell'ambito pubblico? E chi può prendere una simile decisione? Forse è una delle questioni più sottili che dobbiamo affrontare. Ma generalmente ci sfugge perché è risolta, a nostra insaputa, dal costume, dalla tradizione.
Sembra naturale che debba essere così. Salvo che si resta talvolta un pò perplessi davanti a certi eventi, certi incontri, con altre culture e anche con altre generazioni. I limiti non sono sempre stabiliti allo stesso posto, nello stesso modo. Si fanno in pubblico delle cose che si facevano solo in casa, e non si sa più come comportarsi, dove passa la separazione tra vita privata e vita pubblica.
I movimenti per l'emancipazione e la liberazione delle donne hanno rappresentato uno di questi momenti in cui le certezze rispetto a che cosa è il privato e quale altra il pubblico hanno vacillato. E questo terremoto non ha finito di sconvolgere i nostri punti di riferimento. Probabilmente perché il posto dove una donna può stare è stata una delle chiavi che è servita per assicurare la chiusura dell'ambito privato rispetto a quello pubblico. Ma se le donne escono dalla casa, dove si sposta la separazione? E che cosa, infatti, definiva prima la vita privata? Il mantenimento della donna a disposizione del capofamiglia per soddisfare le sue necessità? Forse sarebbe interessante esaminare le diverse necessità a cui la donna in casa doveva corrispondere per capire qualcosa della definizione del privato rispetto al pubblico.
La donna in casa era una casalinga indispensabile per assicurare i bisogni della vita del cittadino che lavorava fuori casa. Ma questo non necessita di una parete tra privato e pubblico tranne per nascondere il possibile sfruttamento della lavoratrice. È vero che il lavoro della casalinga non è regolamentato da un codice del lavoro che controlla gli orari, le assicurazioni sociali, i congedi per malattia, le ferie, l'età della pensione, eccetera. Il privato qui servirebbe a coprire la deregolamentazione del lavoro in casa. Ora questo lavoro sostiene l'insieme del mercato lavorativo, e non è chiamato in causa senza comportare problemi allo stesso Stato. Deve inventare diversi mezzi per sostituire la permanenza della donna in casa.
Un'altra funzione della sfera privata sarebbe collegata alla procreazione.
Ma questo aspetto della vita generalmente si esibisce più che nasconderlo, oltre al fatto di non appartenere in senso stretto alla sfera privata.
L'ambiguità della separazione tra privato e pubblico è particolarmente evidente su questo punto. Si sostiene che la casa familiare non deve essere di dominio pubblico ma lo Stato non smette di intervenire sulla regolamentazione delle nascite. Lo fa attraverso la legislazione, penale più che positiva è vero, lo fa anche attraverso diversi vantaggi concessi a coloro che accettano di procreare i futuri cittadini e lavoratori. Si deve notare che, se i figli sono esibiti come la testimonianza della potenza maschile, non si parla altrettanto delle diverse prove di cui necessita la maternità dalla parte delle donne. Sembra andare da sè, che questo corrisponde al lavoro femminile, alla conquista della sua umana dignità da parte della donna. I numerosi commenti sulle fatiche del lavoratore non si sono molto soffermati su quella del lavoro materno. Questo deve rimanere un affare privato che, appena ragazza, una donna si suppone capace di portare a buon fine quasi da sola. Potrà dimostrare le sue capacità presentandosi, sorridente, in pubblico con il bambino in braccio. È vero che si tratta della più bella opera che si possa compiere, ma a quale prezzo! Fortunatamente la stessa natura è qui di aiuto...
Il privato è dunque un posto dove la donna fa da casalinga, procrea e cura i figli. Finora l'uomo non è ancora molto intervenuto nella definizione del settore privato. Sembra che il suo ruolo sia legato alla proprietà: della terra, della casa, dei beni e perfino della donna e dei figli. Sarebbe questa relazione con la proprietà che crea la separazione tra il pubblico e il privato. Una separazione che si accompagna con la divisione tra natura e civiltà, e, in parte, tra diritto naturale e diritto civile. L'esistenza della proprietà privata è anche collegata in qualche modo alla monogamia, almeno legale e in linea di principio. E questo non va senza ambiguità per la donna: da un lato sembra più protetta, dall'altro si trova più isolata e divisa dalle altre donne, cosa che la rende più vulnerabile all'influenza e al potere dell'uomo.

Ma perché una donna in casa a disposizione del marito? Oltre ai punti già considerati, siamo di fronte a un processo di individuazione non ancora compiuto dall'umanità. Quali che siano i suoi sforzi per differenziarsi dalla madre, assimilata alla natura, l'uomo occidentale non è ancora riuscito a emanciparsi dalla madre. Ha elaborato una cultura, una società, una politica, del "tra-uomini" per emergere dal mondo materno, ma ha tuttora bisogno di un luogo privato per proseguire nell'impresa dell'affermazione di un'identità maschile, e questo lontano dallo sguardo degli altri maschi.
Questo processo di individuazione maschile trasforma la donna in un sostituto materno, e l'ambito privato in un luogo di familiarità e di confronto con la natura che non deve contaminare l'ambito pubblico nè essere controllato da esso.
Una volta di più, sono le donne a perturbare l'ordine stabilito. Ma questa può essere la probabilità di una ripresa di un processo di individuazione per l'umanità. A patto che la donna sia capace di riuscire nel proprio passaggio dall'identità naturale all'identità civile e culturale, e che divenga così quella che aiuta l'uomo a uscire dal mondo materno.
L'individuazione umana si conquista in due, nel rispetto delle reciproche differenze. È un passo ancora da compiere, che sposta il limite tra privato e pubblico attraverso l'apprendimento di un'intimità che possa sostituire una familiarità indifferenziata e incolta, che sta ora minacciando la nostra vita civile e culturale.