Pubblicato sul "Corriere della sera" del 3 giugno 2008 e tratto da "Notizie minime della nonviolenza in cammino", n. 567 del 3 settembre 2008.
Una parola poco amata: "competenza". Sembra che a nessuno importi niente di chi sia competente e chi no in questa confusione di ruoli, di rappresentanze. Quando invece la competenza c'è, si scopre spesso che sono del tutto scomparse la freschezza e la passione. Eppure non possiamo rassegnarci all'idea che competenza significhi automaticamente vecchio cinismo e difesa del posto conquistato. La competenza vera è quella che si rinnova continuamente, che dubita di sè, che è capace di dare senza chiedere niente in cambio.
Le donne nel nostro Paese sono poco rappresentate e hanno poco potere effettivo. Il potere, vorrei non si equivocasse, non è quello di angariare gli altri, ma di essere libere di decidere e di tentare nuove strade, di imporre il rispetto delle regole e di difendere i più deboli. Ora sembra che la nuova politica chieda alle donne che siano soprattutto decorative e poco competenti. Il che è un modo di umiliarle coi guanti bianchi. Sarà bene ogni tanto ricordare che ci sono donne competenti che lavorano sodo, che ottengono risultati, che si fanno rispettare.
Purtroppo sono poco decorative. Battagliare per i diritti nella vita infatti sciupa i corpi, logora la pelle. Voglio ricordare due donne per tutte. Che, se fossero conosciute come meritano, susciterebbero ammirazione e riconoscenza. Una vive a Caserta, dirige una casa di accoglienza per prostitute della tratta e si chiama suor Rita Giarretta. Porta i capelli grigi corti. Cammina con passo risoluto, indossando gonne grigie e scarpe basse. Ha un sorriso luminoso, che rivolge ai bambini nati in Casa Rut, alle giovani africane, romene, slave che con dolcezza tira via dalla strada e a cui insegna la dignità e la gioia di vivere. L'altra ha un posto di rappresentanza. È vicepresidente del Parlamento europeo. Ma pochi lo sanno.
Nemmeno i vicini che la vedono entrare e uscire di casa con i pacchi della spesa. Nemmeno i politici dei Paesi che visita quando la vedono arrivare, con le sue gonne nere, i suoi zaini, senza scorta, senza macchine blu al seguito. Si chiama Luisa Morgantini e fa un lavoro ammirevole. Una delle sue battaglie più risolute riguarda la pace fra Israele e la Palestina. Le "Donne in nero" di cui fa parte raccolgono sia palestinesi che israeliane e cercano con ostinazione un punto di incontro e di convivenza. Questo non impedisce loro di protestare contro la parte più intransigente e militaresca di Israele, contro l'occupazione della striscia di Gaza e le pretese di chi vuole applicare delle regole da assediato finendo per diventare assediante. Luisa scrive che a Gaza il 68% della popolazione vive sotto il livello di povertà, l'80% delle famiglie dipende dagli aiuti umanitari e la disoccupazione sfiora il 50%. "A chi vive a Gaza non viene dato il permesso di raggiungere gli ospedali egiziani o israeliani.
Oltretutto le ambulanze sono bloccate per mancanza di carburante a causa dell'embargo. La pace si fa con un dialogo vero tra attori che abbiano pari dignità e non per un diktat". Ce ne sono molte altre di donne come loro, ma sono poco decorative e non piacciono ai fotografi e alle tv. Siamo sempre e solo alla politica spettacolo?
Purtroppo sono poco decorative. Battagliare per i diritti nella vita infatti sciupa i corpi, logora la pelle. Voglio ricordare due donne per tutte. Che, se fossero conosciute come meritano, susciterebbero ammirazione e riconoscenza. Una vive a Caserta, dirige una casa di accoglienza per prostitute della tratta e si chiama suor Rita Giarretta. Porta i capelli grigi corti. Cammina con passo risoluto, indossando gonne grigie e scarpe basse. Ha un sorriso luminoso, che rivolge ai bambini nati in Casa Rut, alle giovani africane, romene, slave che con dolcezza tira via dalla strada e a cui insegna la dignità e la gioia di vivere. L'altra ha un posto di rappresentanza. È vicepresidente del Parlamento europeo. Ma pochi lo sanno.
Nemmeno i vicini che la vedono entrare e uscire di casa con i pacchi della spesa. Nemmeno i politici dei Paesi che visita quando la vedono arrivare, con le sue gonne nere, i suoi zaini, senza scorta, senza macchine blu al seguito. Si chiama Luisa Morgantini e fa un lavoro ammirevole. Una delle sue battaglie più risolute riguarda la pace fra Israele e la Palestina. Le "Donne in nero" di cui fa parte raccolgono sia palestinesi che israeliane e cercano con ostinazione un punto di incontro e di convivenza. Questo non impedisce loro di protestare contro la parte più intransigente e militaresca di Israele, contro l'occupazione della striscia di Gaza e le pretese di chi vuole applicare delle regole da assediato finendo per diventare assediante. Luisa scrive che a Gaza il 68% della popolazione vive sotto il livello di povertà, l'80% delle famiglie dipende dagli aiuti umanitari e la disoccupazione sfiora il 50%. "A chi vive a Gaza non viene dato il permesso di raggiungere gli ospedali egiziani o israeliani.
Oltretutto le ambulanze sono bloccate per mancanza di carburante a causa dell'embargo. La pace si fa con un dialogo vero tra attori che abbiano pari dignità e non per un diktat". Ce ne sono molte altre di donne come loro, ma sono poco decorative e non piacciono ai fotografi e alle tv. Siamo sempre e solo alla politica spettacolo?