Oggi, 25 aprile, ho deciso di esporre la bandiera della PACE sul cancello di casa mia: essa sorride e mi è grata, perché finalmente è uscita da un cassetto e sventola libera sotto il sole, tra il mare e le Apuane...
Pochi purtroppo la vedranno, in questo deserto che ormai sono diventate le nostre strade, ma rimarrà li a lungo, gliel'ho promesso.
Perché questa bandiera e non il tricolore?
Perché la bandiera italiana (cui non posso non essere affezionato, ovviamente!!) rappresenta sì l'Italia, ma, appunto, "solo" l'Italia, mentre l'arcobaleno - che si forma da un' "unico" raggio di luce che attraversa il prisma ottico - rappresenta la "totalità" e la "diversità": delle persone, dei popoli, delle culture, delle lingue, dei credi, dei caratteri, ecc., cose che tutte possono poi "ricomporsi" e ritrovarsi assieme, nell'unico "fascio" di luce, cioè l'unica umanità.
Se c'è una cosa che dovremmo imparare (siamo ancora in tempo) da questa attuale tragedia mondiale, è appunto iniziare a riflettere, pensare, agire in modo "cosmopolita", consapevoli che davvero siamo tutti sulla stessa "barca", e che non serve buttarsi ognuno con il proprio "salvagente" per evitare il naufragio.
Certo, è comprensibile ed assolutamente rispettabile che le sofferenze e le morti a noi vicine ci procurino più dolore rispetto a quelle che accadono lontano, perché sono i "nostri" cari, i nostri amici, i nostri parenti, le nostre storie di vita!
Diceva un saggio, di cui non ricordo il nome: "una cipolla può muovere alle lacrime più di una guerra: dipende da quale distanza si vedono le cose".
Ecco, a partire da questo, noi dovremmo impegnarci ad inserire i nostri dolori, le nostre gioie, le nostre lotte, le nostre speranze, nei dolori, nelle gioie, nelle lotte, nelle speranze del mondo.
Nella "lettera ai figli" (1965), Che Guevara diceva loro: "siate capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. È questa la qualità più bella di un rivoluzionario."
E poi, a proposito di Italia/Mondo, noi/gli altri, è don Lorenzo Milani a darci una risposta, tanto lucida e profetica, quanto scomoda:
".... Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora, in questo senso, io rivendico il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato, privilegiati ed oppressori dall'altro: gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri" (Lettera ai cappellani militari, febbraio 1965).
È lo stesso Don Milani che fa scrivere ai suoi ragazzi su una parete della scuola popolare a Barbiana la frase
"I CARE", che vuol dire "mi sta a cuore, mi interessa".
Ora che tra un po' torneremo a frequentarci, ecco facciamo in modo che le nostre relazioni umane, il nostro incrociarci quotidiano sia innanzitutto non frettoloso, non approssimativo (perché... "dobbiamo andare"... dove?), ma calmo, attento, recettivo, e così possa anche produrre frutti di vera pace, di vera giustizia, di vera solidarietà, in particolare di vero rispetto e tutela della nostra madre Terra, frutto questi che sono gli unici a poterci saziare tutti, davvero, anche quelli che non lo vogliono ammettere.
Era tanto tempo che volevo scrivere queste cose, in particolare da quando è tornata l'enfasi sul "tricolore" (comprensibile, visto come ci trattano i potenti dell'Europa...).
Mi sono deciso a farlo oggi, per "liberarmi" da un peso.
Spero tanto che la tua amicizia/affetto serva a farmi perdonare per cotanta oppressione di parole.
Gino Paolini
Carrara, 25 aprile 2020