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Gaza e Tel Aviv

Nella turbolenta Palestina di duemila anni fa, Pietro battezzava anche i nemici

di Mario Pancera

La Palestina ai tempi di Gesù è grande poco più della nostra Calabria: la si pensi a quei tempi e la si veda oggi. È sul Mar Mediterraneo, come la Tunisia, la Libia, l’Egitto, ma siamo mentalmente abituati a pensarla lontana. Fa parte del Vicino Oriente e forse la seconda parola ci distrae dalla realtà geografica. La Palestina è vicina. Gesù nasce e muore (viene ucciso) a sud, in Giudea, dove si trovano Betlemme e Gerusalemme; a metà c’è la Samaria, e a nord la Galilea, dove si trova Nazareth. Sul Mediterraneo, a sud, si trovano Gaza, e Jaffa-Tel Aviv. Quest’ultima è l’antica Joppe. Oggi vi si arriva in poche ore di volo, poco più che in Grecia, a Cipro o in Turchia. Ma molti aerei non vi atterrano più.

La striscia di Gaza confina con l’Egitto: guardandola sulla cartina geografica è quasi nulla; salvo errori, è circa la metà della provincia di Lodi, poco più di Monza-Brianza. Qui vengono ora uccise decine di persone al giorno, centinaia di migliaia affamate, ferite, lasciate senza casa. I bambini giocano nei cimiteri. I morti per la guerra in questi anni si contano a decine di migliaia. Provate a immaginarvi Lodi o la Brianza distrutte da due contendenti che vogliano entrambi una soluzione finale.

Sulla strada che da Gerusalemme conduce a Gaza, il chierico cristiano Filippo viene mandato da Dio a incontrare un influente ministro di Candace, regina degli etiopi. Gesù è già morto, morto lapidato Stefano, i cristiani sono aumentati di numero e Filippo fa parte delle più recenti generazioni di convertiti. Il ricco ministro viaggia sul suo carro e passa il tempo leggendo brani di Isaia: non riesce a capire un episodio in cui si parla di un agnello sgozzato. Filippo e il ministro, un eunuco diventato importantissimo, fanno amicizia. Filippo gli spiega la vicenda terrena di Gesù e, alla fine, l’africano gli chiede di essere battezzato come i cristiani. In sostanza, si sentono fratelli. Questo narra l’evangelista Luca all’amico Teofilo.

Anche Joppe per i cristiani è importante: qui Pietro guarisce uno storpio e risuscita una ragazza; qui vede in sogno gli angeli che lo invitano a mangiare animali che fino a quel momento riteneva impuri. Un voce lo ammonisce di non chiamare profano ciò che Dio aveva purificato. Qui viene avvertito che a Cesarea un centurione romano (un nemico, un occupante) lo vuole conoscere. Pietro va con alcuni amici (è prudente) e alla fine dell’incontro sente che sulla famiglia del centurione scende lo Spirito santo.

Allora battezza il centurione che si è messo ai suoi piedi. È forte della sua fede: battezza un pagano, un nemico diventa cristiano in pace con lui. Con lui battezza i familiari. Qualche cristiano teme che abbia commesso un errore. Pietro spiega: «Ho pensato che Dio ci aveva detto che Giovanni battezzava con l’acqua, ma lui ci avrebbe battezzati con lo Spirito santo. Chi ero io per oppormi alla sua volontà, dopo che lui aveva battezzato i gentili con lo Spirito santo?». Anche loro capiscono di essere fratelli.

Ecco Gaza e Tel Aviv. Oggi, in mezzo alla guerra, dove impera l’orrore, testimoniano come può nascere la pace, nascere l’amicizia, rinascere la vita.


Mario Pancera