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Gerusalemme: l’appello delle donne

«Quando i miei figli erano ancora bambini pensavo che, una volta cresciuti, ad attenderli non ci sarebbe stato il servizio militare. La fine del conflitto mi sembrava vicina. Ora, guardo i miei nipoti e so che a loro toccherà andare sotto le armi perché la pace si è allontanata».

Queste le amare parole di Jeremy Milgrom, ebreo che dal 1988 promuove il dialogo e la pace nell’organizzazione “Rabbini per i diritti umani”. Lo scorso 7 dicembre le riportava Avvenire: all’indomani della decisione Usa che riconosce Gerusalemme Capitale di Israele, anche l’ostinazione pacifista del rabbino Jeremy sembra vacillare.

Un profondo disagio ha pervaso anche le donne di Women Wage Peace, ebree e arabe, religiose e laiche, che da tre anni organizzano insieme tante iniziative di pace.

Dal loro sito hanno detto: «In questo tempo di tumulti anche la nostra situazione si è complicata: molte fra le nostre aderenti ebree sono contente di quanto annunciato su Gerusalemme dal presidente Usa Donald Trump, mentre molte delle nostre aderenti arabe hanno espresso dolore e disappunto perché Trump non ha riconosciuto il presente e futuro dei palestinesi.

In Women Wage Peace noi facciamo lo sforzo di vedere ciò che accade dalla prospettiva dell’altra, per riconoscere le nostre emozioni e contenerle: sono un misto di gioia, tristezza e preoccupazione».

Eppure non si rassegnano: «Con la grande diversità che caratterizza il nostro movimento, tutte però condividiamo la stessa convinzione:  il conflitto può essere risolto senza violenza, il nostro agire deve promuovere l’accordo politico, e le donne devono essere parte del processo decisionale. Vi chiediamo di unirvi a noi e pregare perché la calma prevalga».

Mentre la tensione dilaga, creando fratture sempre più profonde fra chi applaude e chi condanna la decisione di Trump, e mentre il presidente turco Erdogan invoca che Gerusalemme est venga riconosciuta Capitale dello Stato palestinese, le donne non recedono: «Noi di Women Wage Peace facciamo appello ai nostri leader e a tutti coloro che sono coinvolti nel conflitto, di fare tutto il possibile per prevenire la violenza».

Ogni agire deve promuovere il negoziato e le donne devono essere coinvolte nel processo decisionale.