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Guerra e Pace nel 2022

Di fronte all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia il movimento della pace non è neutrale: abbiamo ben chiaro chi è l’invasore, il suo regime e la volontà di modificare il contesto geopolitico che lo circonda.

Ciò premesso, anche per smentire la narrazione a senso unico dei media, ci è chiaro che un conflitto non nasce casualmente, bensì affonda le sue radici nelle contraddizioni, nelle fragilità e negli accadimenti storici: questa guerra ha radici che risalgono almeno al 2014 quando, nei fatti, nessuno si è alzato in difesa delle vittime del Donbass e il silenzio europeo è regnato a Odessa. Si è persa l'occasione di mettere in discussione vecchie alleanze politico militari; occasione possibile dopo la caduta del muro di Berlino, il cui mancato «accoglimento» ha lasciato aperti nuovi terreni di conflitto.

Il nostro obiettivo è cercare la pace, indicare le condizioni affinché due popoli possano di nuovo vivere uno accanto all’altro, consapevoli del fatto che tale ricerca chiede di avere uno sguardo aperto, sguardo che le parti in conflitto non possono avere.

Per costruire un percorso di pace è necessario avere conoscenza del passato e visione del futuro, ponendoci come soggetti che cercano di leggere in modo critico dentro e oltre gli eventi. Noi siamo disposti alla mediazione, quella mediazione a cui l’Europa si è sottratta diventando, consapevolmente, parte del conflitto.

Il presente documento vuole essere un modesto contributo in tal senso, per mostrare come dinanzi a questa tragedia non sia affatto vero che l’unica strada percorribile in vista di una sua cessazione è quella delle armi. A maggior ragione se, oltre alla risoluzione del conflitto, si vuole operare per creare le condizioni di una pace duratura.

Non è facile, certo: la potenza e la violenza militare russa è sotto gli occhi di tutti e ciò è innegabile. Ma si poteva fare qualcosa prima? Quando questa guerra sarà finita - perché prima o poi finirà - che cosa rimarrà dell’Ucraina e quali relazioni ci saranno tra il popolo russo e quello ucraino?

NO ALLA GUERRA... OLTRE LA GUERRA...

Siamo sbigottiti: mai avremmo pensato che il dittatore Putin avrebbe invaso un paese in Europa.

Siamo vicini al popolo ucraino che sta vivendo ore drammatiche e tragiche.

Siamo vicini  anche alle migliaia di cittadini e cittadine russi che in questi giorni sono scesi in piazza per dire no all’invasione, correndo il rischio di finire arrestati o uccisi, e ricordiamo i giornalisti incarcerati o eliminati dal regime perché “oppositori”.

Come ha scritto padre Zanotelli, viviamo un momento drammatico della storia umana, sotto la minaccia di un “inverno nucleare” e di una “estate incandescente”: il primo provocato dalla corsa al riarmo, la seconda provocata da una paurosa crisi ambientale.

Per fortuna non si parla più di “guerra umanitaria”, anzi, tutto il mondo politico si dichiara per la pace, sebbene poi si smentisca ricorrendo all’acquisizione e produzione di nuovi armamenti. La politica che si dichiara per la pace è la stessa che, nel giro di un paio di giorni, ha deciso e ratificato l’invio delle armi all’Ucraina!

Dire No alla guerra significa fare azioni di Pace. Significa anche non semplificare problemi complessi, cercando scorciatoie con cui solo si imbroglia e si danneggia l'umanità.

SUBITO IL CESSATE IL FUOCO

Si deve immediatamente procedere alla raccolta di aiuti umanitari, soprattutto farmaci e alimenti, da inviare in Ucraina, prevedendo un ruolo attivo del governo italiano attraverso la protezione civile, le associazioni e le comunità religiose che agiscono la pratica dei diritti contro la guerra.

Il primo obiettivo da raggiungere è quello del «cessate il fuoco», mettendo in campo misure e azioni che non rischino, al contrario, di peggiorare la situazione.

Riteniamo pertanto che non debbano essere alimentate le occasioni di conflitto, non ci debbano essere interventi armati degli Stati e non debbano neppure essere fornite armi al popolo ucraino.

In Italia alcuni, anche importanti intellettuali, giustificano l’invio di armi paragonando la resistenza del popolo ucraino alla Resistenza Partigiana in Italia nel corso della seconda guerra mondiale.

Riteniamo che le condizioni non siano assolutamente paragonabili a quelle della resistenza del ‘43 in Italia o della guerra di Spagna o altri esempi analoghi. Allora le armi delle prime formazioni partigiane venivano dall’esercito, lasciato in balia di se stesso dopo la fuga di Badoglio e del re e successivamente furono fornite da Stati che erano già in guerra. Sostenere che senza le armi degli alleati non ci sarebbe stata la Resistenza in Italia è un errore storico: la Resistenza in Italia nasce ben prima, con l'opposizione al fascismo.

Inoltre è proprio nella seconda guerra mondiale che cambia la modalità della guerra: dallo scontro tra eserciti si passa al bombardamento diretto della popolazione e dei civili che, da allora, sono ormai oltre il 90% delle vittime nelle guerre odierne.

Un ulteriore invio di armi perciò non contribuisce alla difesa del popolo ucraino e alla sconfitta dell’esercito russo. Esso può solo aumentare il «bagno di sangue» in atto e il rischio di un’estensione della guerra, con la minaccia del ricorso alle armi nucleari.

Bisogna piuttosto avviare e sostenere una grande e autorevole azione diplomatica, prima di tutto attraverso una riedizione forte e sostenuta delle Nazioni Unite.

Ma questo è solo il primo passo.

COMINCIARE OGGI A COSTRUIRE IL DOPO-CRISI A PARTIRE DAL DISARMO

Quando usciremo da questa crisi dovremo prima di tutto valutare in quali condizioni saremo e perseguire obiettivi di medio-lungo termine, arrestando la spirale che porta alle tensioni, alle provocazioni e alle guerre.

Il punto cruciale è perciò saperci porre già oggi dinanzi a questa crisi con una visione ampia e proiettata nel tempo, domandandoci come aiutare realmente l'Ucraina e l'Europa, come costruire relazioni di pace, come riportare la situazione in un quadro di dialogo e di confronto; e, ancora, saperci porre senza ipocrisie di fronte a tutte le crisi, le guerre e i conflitti latenti esistenti: Yemen, Congo, Israele-Palestina...

Ciò che è mancato e che si dovrà costruire è un grande e forte polo sociale, politico ed economico in grado di orientare un mondo complesso, contraddittorio e sconnesso.

Alla luce delle terribili tragedie vissute nel 900, degli abissi di orrore che ha scavato e di cui si è resa conto nell’avviare, subito dopo il 1945, i bilanci morali e materiali del secondo conflitto mondiale, l’Europa potrebbe essere l’unione di Stati con il carico culturale e morale più autorevole per condurre un percorso di ristrutturazione delle relazioni internazionali, politiche ed economiche. Per ricostruire una reale Unione delle Nazioni. Ma ci domandiamo se l’Europa, che per questa sua storia potrebbe svolgere il ruolo indicato, sia all’altezza di quel ruolo; se quei bilanci li abbia terminati ed effettivamente consegnati alla storia.

La strada degli armamenti non va nella direzione delineata ed auspicata. Essa è invece funzionale a quell'industria militare che ha sempre fatto affari d’oro con le guerre, compresa quella attuale tra Russia e Ucraina.

Nel 2021 la spesa militare mondiale ha sfiorato i 2000 miliardi di dollari; quasi la metà delle spese è attribuita a USA / NATO, ma tutti si sono riarmati: Russia, Cina, Giappone, la stessa Africa.

L’Italia fa la sua parte: con il governo Draghi c’è stato un aumento considerevole degli investimenti militari. Il ministro della Difesa, Guerini, e quello dello Sviluppo economico, Giorgetti, hanno presentato progetti per 30 miliardi di euro da finanziare con le risorse del Recovery Fund, nonostante l'urgenza di compensare le disuguaglianze sociali, cresciute a dismisura durante la pandemia. Le grandi aziende belliche, che hanno continuato ad essere aperte e a produrre anche nel primo lockdown come se producessero beni essenziali per vivere, oggi sono in piena attività, favorite da un Ministero della Difesa che si sta trasformando in agente di commercio dell’industria bellica italiana.

La guerra fra Russia e Ucraina ha messo in evidenza, inoltre, come i conflitti extra-europei non solo costituiscano un ricco business, ma passino di fatto inosservati agli occhi dell’opinione pubblica internazionale.

Il potenziamento dell'industria bellica – in Italia come nel contesto internazionale – inoltre rafforza il potere dei militari e impone la loro logica nel risolvere i conflitti semplicemente attraverso una misurazione dei rapporti di forze, fino allo scontro tra apparati bellici.

Solo pochi giorni fa la Camera dei deputati ha approvato, a larghissima maggioranza (solo 19 contrari), un Ordine del giorno che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la “Difesa” con un aumento al 2% del PIL, passando dai 25 miliardi di euro l’anno (68 milioni al giorno) ad almeno 38 miliardi di euro l’anno (104 milioni al giorno).

Le tensioni tra Russia e Ucraina esistono dal 2014, ma né gli Stati interessati, né la comunità internazionale, né soprattutto l'Unione Europea hanno fatto niente per trovare un punto di equilibrio che garantisse tutti e due gli stati e i diritti delle popolazioni che vi abitano.

Anzi, in qualche modo l'Occidente ha operato per rendere ancora più critica la situazione, assecondando una politica espansionistica della NATO nell'est Europa che, di fatto, ha costituito un accerchiamento per la Russia.

PROMUOVERE UN'ALTRA EUROPA SMILITARIZZATA

Le conseguenze devastanti di questa visione miope della politica europea, subalterna alla logica militare di NATO e USA, le abbiamo davanti, legate non solo all'approvvigionamento energetico, ma soprattutto all'assenza di visione e di prospettiva della classe politica.

Quando, oltre alle sanzioni economiche, sicuramente fondamentali, ha deciso di inviare armi in Ucraina, l'Unione Europea ha perso infatti l'occasione di proporsi come soggetto mediatore, in grado di ascoltare le ragioni e i torti dell'una e dell'altra parte e di proporre soluzioni per cessare il conflitto e avviare una normalizzazione dei rapporti. Ha perso questa occasione, senza neppure ricordare che Ucraina e Russia sono Europa.

Una politica che autorizza l'invio di armi in Ucraina e progetta l’estensione della NATO a tutti i paesi confinanti con la Russia comporta l’esasperazione delle relazioni internazionali, perpetuando le prove di forza tra i contendenti, che potrebbero fermarsi se a capo degli Stati vi fossero figure equilibrate e sagge; poiché invece a prevalere sono gli apparati militari e guerrafondai, senza un piano di governo autenticamente politico, tali relazioni risultano essere esplosive, anzi esplodenti.

Oggi, più che di un'alleanza atlantica, avremmo bisogno di dialogo e di collaborazione umanitaria tra tutti i paesi europei, per favorire distensione, cooperazione e collaborazione.

Per noi la priorità è costruire un’Europa smilitarizzata, dall’Atlantico agli Urali; un'Europa di pace, di sicurezza per tutti e tutte, di libertà e di democrazia. Un’Europa allargata e aperta al mondo, dove l’Alleanza Atlantica sia una collocazione culturale, di emancipazione collettiva, di condivisione di un progetto globale di pace. Un’Europa che possa farsi promotrice dei diritti sia all’interno che all’esterno dei propri confini.

Questo è l'altro punto. Pace e convivenza non si improvvisano quando ormai è scoppiata la guerra. La pace e la convivenza tra i popoli si costruiscono con il tempo, con la fatica, con la mediazione e il dialogo. La pace non è un'icona, né uno slogan o un'utopica aspirazione. La pace è una condizione drammaticamente forte e indispensabile, incarnata nei corpi delle donne e degli uomini, fatta di scelte coraggiose e prospettiche che toccano i rapporti tra gli Stati, i diritti, l'economia, nell'intento di costruire equilibri opposti ai disequilibri costruiti sulla minaccia militare.

È proprio dal secondo dopoguerra che si espande e si sviluppa l’idea della Nonviolenza e della difesa non armata; dall’India, con l’esperienza di Gandhi, a tutto il mondo. Questa è la strada che riteniamo percorribile.

A nostro avviso è necessario e possibile operare una riduzione drastica della spesa militare e spostare risorse per garantire una vera sicurezza per tutti attraverso il disarmo e la nonviolenza.

Una difesa comune europea (in una prospettiva difensiva, non offensiva) può e deve dotarsi di forze di intervento non militare, attrezzate e preparate ad intervenire nelle situazioni di conflitto per tempo, non quando ormai gli eserciti hanno iniziato a bombardare.

Occorre costruire un corpo internazionale di pace in grado di intervenire in tutti i conflitti.

Occorre abolire l’armamento nucleare. Per questo proponiamo con forza che l’Italia ratifichi adesso il “Trattato per la proibizione delle armi nucleari”, proposto dall’ONU nel 2017 e firmato da 59 Stati.

Occorre costituire reti internazionali aperte di ricerca in tutti i campi.

Occorre attuare tutti gli interventi legislativi idonei a limitare il liberismo economico, a cominciare dalla produzione e dal commercio delle armi.

Occorre investire sull'autosufficienza e sostenibilità energetica fondate sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, con la promozione di politiche di efficienza e innovazione industriale per rompere il perverso legame fra dipendenza da fonti fossili dall'estero e rapporti di forza nelle relazioni internazionali.

Occorre estendere i diritti, diminuire le disuguaglianze, garantire l’accesso alle risorse a tutte e tutti, non solo al primo mondo.

Occorre superare le logiche securitarie, riconfermate anche nel “patto europeo immigrazione e asilo”, che prevede il rafforzamento del controllo esterno delle frontiere attraverso nuovi fondi stanziati in favore di Frontex e dei paesi di origine e di transito per il trattenimento delle persone in fuga verso l’Europa.

Occorre implementare politiche di accoglienza non discriminatorie: chi scappa dalla guerra, dalla violenza, dalla persecuzione, dalla povertà, lo fa a prescindere dal colore della propria pelle o dalla propria cittadinanza. Non ci possono essere profughi di serie A e di serie B.

Non ci può essere pace in assenza di giustizia.

PASSI DI PACE

Deve essere convocata una conferenza internazionale, sotto l’egida dell’ONU, che tenga conto delle legittime aspirazioni alla sicurezza di tutti i soggetti coinvolti.

Perché questo possa essere realizzato sono necessari molti passi indietro rispetto alle posizioni di ciascuno ed è indispensabile mettere in campo realmente la volontà non solo di far cessare il fuoco, ma anche di riflettere sulle ragioni di fondo del conflitto:

  • La Russia deve sospendere l'invasione e ritirarsi entro i propri confini e si deve aprire subito una conferenza internazionale che garantisca sicurezza sia a tutti i paesi intorno alla Russia che alla Russia stessa, anche tramite la creazione di un'area di neutralità, presidiata da osservatori neutrali e non militari.

  • L'Ucraina deve garantire autonomia e rispetto dei diritti umani nelle aree russofone del proprio territorio, proprio perché tutti noi crediamo nell'autodeterminazione dei popoli.

  • La NATO deve rinunciare ad una espansione nell'Europa dell'Est e del Nord, riducendo la propria presenza anche in quegli stati particolarmente vicini alla Russia in cui invece si è insediata massicciamente.

  • L'Europa, l'Unione Europea e l'ONU devono farsi carico di costruire una forza di pace non militare che vigili sul rispetto di tutti gli accordi.

  • Tutti i paesi dell'Unione Europea devono procedere ad una riduzione dei bilanci militari e delle spese per armamenti, iniziando a finanziare la costruzione di una forza di pace, investendo quindi in formazione, valori, mezzi, ricerca e strategie nonviolente.

  • Il diritto umano all’obiezione di coscienza al servizio militare deve essere garantito, in conformità all’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e i paragrafi 2, 11 del Commento generale № 22 del Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite.

  • Tutte le parti coinvolte devono impegnarsi a negoziare un nuovo Trattato sulle forze convenzionali in Europa e smilitarizzare l’Europa attraverso il disarmo, le ispezioni, ecc.

  • Tutte le parti coinvolte devono astenersi da attacchi cibernetici, specialmente contro infrastrutture critiche che colpiscono la vita dei civili. Gli Stati e la società civile devono perseguire in buona fede un accordo internazionale che proibisca gli attacchi informatici.

  • Tutte le parti interessate devono intraprendere azioni urgenti per prevenire la guerra nucleare, compresa l’adesione al Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari.

  • Gli Stati Uniti devono ritirare le loro armi nucleari di stanza nei paesi membri della NATO e la Russia deve ritirare le sue armi nucleari tattiche dalle basi vicine al suo confine occidentale.

  • la NATO deve rinunciare alle armi nucleari e denuclearizzare la sua dottrina politica, così come la Russia e gli Stati Uniti (e tutti gli altri Stati dotati di armi nucleari) devono porre fine ai loro programmi di modernizzazione delle armi nucleari. Gli Stati Uniti, la Russia, l’Ucraina e tutti i membri della NATO devono aderire al Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.

  • Le Nazioni Unite, infine, devono essere radicalmente ripensate - potenziandone la rappresentanza democratica - e dotate di poteri di intervento di polizia internazionale di interposizione.

Tutto questo significa dire  No alla guerra e costruire la Pace.


Accademia Apuana della Pace

Massa, 31 marzo 2022


Link documento in pdf: https://www.aadp.it/dmdocuments/doc3452.pdf