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I politici cattolici sono anime morte

Sono come i servi della gleba narrati da Gogol: defunti, ma oggetto di compravendita
di Mario Pancera


Sui morti e sulle truffe si può lucrare una montagna di denaro, stare nel «giro» di chi conta, ridere di gioia quando succede un terremoto, cenare con gli amici a champagne e «tonnellate di aragoste». Scrivo semplicemente quello che già sappiamo da giornali e tv: scandali, detenuti eccellenti, amici degli amici, trafficanti, impostori, case con vista, cassa integrazione, attacco alla Costituzione, tangenti, decimazione del lavoro per i giovani e delle pensioni per i vecchi lavoratori. Si parla e si scrive tanto, ma si risolve poco, pochissimo, quasi niente. Il forsennato e losco liberismo ha distrutto il lavoratore, cioè l’uomo. Bergoglio fa quello che può. Sotto gli zar, in Russia, nobili e alti burocrati dello stato possedevano territori e paesi compresi i loro abitanti e vivevano sul lavoro di migliaia di contadini, artigiani, manovali come si può vivere sugli schiavi. Questi ultimi erano i servi della gleba, cioè della terra; cioè una proprietà privata sfruttabile a volontà. Non erano esseri umani, erano «anime», numeri. Riduco al minimo: era più ricco e ritenuto persona ragguardevole chi possedeva più «anime». La lentezza della burocrazia gli dava una mano: quando gli sventurati morivano, passavano mesi prima che fossero considerati defunti. Quindi erano ancora «vivi».

A chi poteva dimostrare di avere un certo numero di anime, lo stato donava una regione da colonizzare: ci poteva costruire un paese con la chiesa, un laghetto, strade e stradicciole, boschi, coltivare quello che voleva, lasciarla a pascolo e così via. Il signor Cicikov ebbe l’idea di «comperare» i morti che, però, risultavano all’anagrafe ancora vivi: questi miserabili defunti (vissuti nel fango e nella miseria) ovvero «anime morte», semplici nomi a costo pressoché zero, gli sarebbero serviti per diventare padrone effettivo di un territorio, che non avrebbe mai bonificato, ma gli avrebbe fruttato fama, onori e altro denaro. Un nababbo sui cadaveri. Come i gaglioffi sui terremoti in Italia. La truffa della truffa. Il personaggio è stato inventato da Nikolaj Gogol, uno dei maggiori scrittori russi, ed è apparso la prima volta nel 1842: rappresenta l’ossessione del denaro.

Oggi come ieri. La classe dirigente politica italiana, chiamata ironicamente ma anche con disprezzo «la casta», è fatta in certa parte di Cicikov, di varie dimensioni e di diverse intelligenze ma, a ben vedere, di grande esperienza in corruzione, ruberie, furbizie, truffe, frodi e raggiri miliardari. Tra questi non si possono chiamar fuori i politici che si dicono cattolici. E chi non ha ancora esperienza in attività truffaldine, sembra che si sia messo in gara per procurarsela il più presto possibile.

È un racconto amaro, che in questa stagione in cui, in mezzo al letame, fiorisce Papa Francesco, sarebbe opportuno tenere per sé. «Ma perché, poi? Meglio dire con chiarezza ciò che si pensa, diranno gli altri le loro ragioni».

Mario Pancera