Due Chiese di fronte al berlusfascismo. Mazzolari e l’uomo: una questione morale
di Mario Pancera
Gli storici ci diranno un giorno come si è comportata in questi anni la Chiesa con il berlusfascismo. Che cosa fa, oggi, non è chiaro. Ufficialmente tergiversa: a volte lo appoggia perché tocca temi sensibili come quelli della famiglia e della scuola (e i provvediment i governativi sembrano a suo favore), altre volte tace (come quando vara leggi che incoraggiano il gioco d’azzardo o pesano prima di tutto sui poveri). La Chiesa non ufficiale, invece, appare divisa: ci sono vescovi, sacerdoti, politici, eminenti laici cattolici che parlano, scrivono, partecipano a un dibattito generale anti berlusfascista. Questi non discutono soltanto della figura morale e politica del premier e del suo partito, ma soprattutto guardano al degrado della società, al suo immiserirsi materiale, intellettuale e spirituale. Tendono al risveglio delle coscienze.
La parte della Chiesa critica, chiamiamola così, non ha tuttavia la forza che avrebbe se fosse solidalmente sostenuta da quella ufficiale. Quando sentiremo i vertici della Chiesa parlare con decisione di «palude», di «melma», riguardo ai comportamenti dei politici italiani, così come fanno e hanno fatto i padri paolini di «Famiglia cristiana» e i gesuiti di «Aggiornamenti sociali», oltre naturalmente a tante altre persone e associazioni, che pubblicano testi e fanno sentire la loro voce attraverso internet? La Chiesa critica è formata da migliaia e migliaia di voci di fedeli, che hanno però un impatto sociale modesto perché non sostenute dalla Chiesa ufficiale. La distinzione è, certo, semplicistica, ma chiara: la Chiesa ufficiale trova gli accordi anche con la politica peggiore, che porta all’impuden za del furto ai danni di tutto il paese, allo sfaldamento del senso religioso della vita; la Chiesa critica – quella che difende valori diversi, ma ugualmente fondamentali per un cristiano - è importante che ci sia, ma conta relativamente poco.
Lo storico italiano Federico Chabod (1901-1960) parlando alla Sorbona nel 1950 sui compromessi tra la Chiesa e il fascismo ricordava agli studenti: «…Nel 1931 il problema dell’Azione cattolica provocherà una grave crisi. Da parte fascista si dichiara che “l’educazione e l’istruzione della gioventù non possono essere affidate che alle mani dello Stato”. La Santa Sede, da parte sua, vuol salvare ad ogni costo l’Azione cattoli ca, che proprio sotto il pontificato di Pio XI ha preso uno slancio e un vigore sconosciuti al tempo del pontificato di Benedetto XV. Tuttavia, anche questa volta si troverà la via del compromesso. Fra l’altro, la Chiesa accetta di non affidare le cariche direttive dell’Azione cattolica a coloro che si sono distinti come antifascisti. Tutto questo rappresenta già molto. Prestigio all’estero, confermato da eminenti personalità; e, all’interno, accordo con la Chiesa».
Si noti, da questo testo, che la Chiesa, almeno sulla carta, accettava di affidare le cariche direttive dell’Azione cattolica a elementi non antifascisti ovvero di affidarle a fascisti, filofascisti oppure obbedienti o i ndifferenti. Il compromesso serviva alla dittatura di Mussolini per acquistare prestigio o accrescerlo all’interno e all’estero. In sostanza: con la loro diplomatica approvazione i vertici della Chiesa finivano per dare nuove ali alla dittatura. Sappiamo come è andata.
D’altra parte il berlusconismo-fascismo è nei fatti: come è noto, il Popolo della libertà nasce dall’unione di Forza Italia di Silvio Berlusconi con Alleanza Nazionale (erede del msi fondato dai nostalgici della Repubblica sociale italiana) di Gianfranco Fini, scioltasi nel 2009. Una storia recente. Rivedendo il suo pensiero, Fini ha condannato fascismo e nazismo dichiarandoli «male assoluto»; in seguito ha lasciato Berlusconi, ma quasi tutti gli altri no, sono rimasti. È purtroppo pure nei fatti che il berlusconismo è diffuso nell’animo umano da sempre, in qualsiasi partito, al governo o all’opposizione, sotto le forme di affarismo, arrivismo, qualunquismo e simili. Cose tutte che nulla hanno a che fare con il Vangelo.
Penso che alla Chiesa ufficiale toccherebbe di non compromettersi, di non fare accordi indegni della fede che la a nima. Anche senza essere politologi né teologi, queste, a dir poco, infelici connessioni tra fede e poteri materiali sono sotto gli occhi di tutti, e contribuiscono alla dissoluzione del tessuto sociale su cui la stessa Chiesa si basa. Lo spirito si deve ribellare: «Il cristianesimo è la rivoluzione di Dio a passo d’uomo», avvertiva don Primo Mazzolari nel 1949. L’accento mazzolariano è sull’uomo, non sul denaro.
Mario Pancera