Sei mesi e tanto silenzio. Il rincorrersi, in un primo tempo, di voci di rapimenti mai confermate, che poi hanno lasciato spazio a un oblio mediatico e istituzionale, interrotto da brevi quanto insignificanti aggiornamenti. L’ultimo, nei giorni scorsi, quello della ministra degli Esteri, Emma Bonino che ha ribadito: «Non si hanno notizie».
Questa è la vicenda di padre Paolo Dall’Oglio, scomparso il 28 luglio 2013 in Siria, probabilmente a Raqqa. Il gesuita romano, da oltre 30 anni operava nel Paese, dove si era schierato accanto ai manifestanti dell’opposizione laica e pluralista di cui si era fatto portavoce per chiedere alla comunità internazionale un intervento in difesa del popolo siriano.
Dopo esser stato ripreso in un video fra applausi e bandiere dei manifestanti, davanti a una chiesa armena di Raqqa, il fondatore della comunità monastica di Mar Musa veniva espulso il 12 giugno 2012. Ma, nonostante la decisione del governo di Damasco, padre Dall’Oglio nel febbraio del 2013 decise di tornare in Siria.
Ieri mattina, Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, durante una conferenza stampa alla Camera dei Deputati, ha chiesto di «illuminare la Siria e la vicenda del rapimento di padre Paolo Dall’Oglio» pubblicando sui siti di informazione e istituzionali una foto del gesuita. Giulietti, allo stesso tempo ha ricordato l’esigenza di «illuminare anche altre vicende, quella degli operai rapiti in Cirenaica, quella dei tanti giornalisti rapiti o di quelli carcerati in Turchia. Su questo serve una campagna di comunicazione attenta, capace anche di illuminare le aree di crisi, di guerra, quelle in cui vengono negati i principali diritti di libertà».