In questa didascalia dovrò essere necessariamente lungo, ma non mi scuso, la cosa a cui più tengo è infatti non mancare di rispetto alla grotta.
Preambolo.
Grotta in fornese non è un antro, i discepoli già sanno, per i neofiti rinvio al capitolo Sassi Fornesi, contenuto in M. Michelucci, Di sassi, di funghi, di uomini di… Forno. Lettere a Luciano della Mea, Jaka Book, Milano 2001. Da cui traggo:
Grotta = non è la caverna, ma la roccia che è visibile in superficie come parte del monte. Nel fiume le rocce fisse che affiorano nell’acqua sono grotte. Le case sono costruite sulle grotte, cioè poggiano sulla grotta, per questo non cadono. Ma attenzione una grotta può essere anche una grande macigno isolato. Per esempio nel fiume si può indicare una grande macigno e dire “quella grotta là”. La grotta, anche se staccata, è quasi inamovibile. Però può succedere che “frani anche una grotta”. La Grotta Nera, è una parete di monte visibile dal paese, vicino ci fanno funghi estatini dal gambo esilissimo, perché c’è poca terra, ma appunto tanta roccia. Sulla Grotta in fondo al paese hanno giocato generazioni di bimbi, compresa la mia, una vera e propria palestra naturale.
Testo.
Carlo De Stefani scrisse e pubblico nel 1881: […] sulla pendice che scoscende al Frigido, nel fianco opposto alla strada, […] può vedere uno dei più grandiosi e dei più belli esempi di strati piegati a cupola intorno ad un nucleo centrale. Questo è formato da una roccia calcarea, la quale si trova per piccolo tratto nel letto del Frigido, , ed è la roccia più antica e più profonda delle Alpi Apuane, anzi di tutta la Penisola tra le Alpi Marittime e le Calabrie [… anzi di tutto il mondo, questa è aggiunta mia]. In quel punto si traversa precisamente l’asse, cioè la porzione principale delle Alpi Apuane, …. [cfr- Dr. Carlo De Stefani, Cenni geologici sul comune di Massa, in Bollettino Comizio Agrario di Massa, n. 4, 1881].
Da quando lo lessi, l’anno dopo, nel 1882 non ho fatto altro che cercare quella grotta.
Chiaramante non lessi e cercai io da quell’anno, ma i miei avi, il che è come l’avessi fatto io, perché poi oltretutto mi lasciarono la consegna.
Digressione. [strumento questo di cui non posso proprio farne a meno!]
Io faccio Michelucci per parte di padre e di madre, due ceppi distinti e diversi, i cui collegamenti si perdono nei millenni, nel senso che fino alla settima generazione non li hanno mai rintracciati, altrimenti i miei genitori non li avrebbero fatti sposare.
Il ceppo di mio padre Ercole, visto il nome dovrebbe essere un ramo mitologico, si chiama dei Marlettin. Credo proprio, avendo conosciuto mio nonno Enrico, che approfondirono molto il discorso sul vino.
Gli uomini del ceppo di mia madre Mafalda, detto dei Mondon, approfondirono invece il discorso sulla pietra, anche a livello imprenditoriale. L’impegno concreto furono i marmi, ma credo fu di pura facciata. Avevano infatti una vena pazza ed il loro sogno reale furono dei minerali strani, pietre filosofali ed addirittura aliene, cioè extraterrestri. Mio nonno Rinaldo spiegò ai suoi figli che sul monte di Antona era caduta una grande meteorite che si presentava come un grosso macigno e che andava tagliata e venduta, perché li avrebbe arricchiti per generazioni. Mio zio Giulio sapeva dov’era (di dodici fratelli fu scelto come il depositario del segreto). Mi diede nel tempo diverse indicazioni e disegni e schizzi di mappe su carta gialla (faceva un volta il fornaio) per cui ci potrei anche arrivare. Ma quando mi ci doveva portare, per consegnarmi con cerimonia segreta il testimone, morì.
E questo ceppo che da millenni cerca la grotta primordiale delle Apuane (mentre è da solo 40 anni che si cerca la particella di Dio, oggi finalmente trovata, ma appunto cosa senz’altro minore) in base a lasciti e leggende di famiglia di cui forse (ma credo proprio che sia stato così) fu direttamente informato il De Stefani che scrisse l’articolo.
Non so invero indicare quali dei ceppi della mia famiglia abbia svolto la ricerca più profonda ed importante, se i Marlettin con il vino, che all’apice, con Enrico, presero il nome di Bigiettin; o i Mondon, con la pietra, che con Rinaldo addirittura aprirono cave in accomandita semplice e partita doppia, che mai si sviluppò né si rese complessa o tripla, e poi con i figli (miei zii) fallì
Conclusione.
Nicola, il discepolo più giovane, vero vanto scientifico per i vecchi maestri, ha fotografato la grotta primordiale delle Apuane.
Su questo non c’è ombra di dubbio.
Anche lui è di pura razza fornese.