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La metastasi

Una parte della magistratura costituisce una metastasi, cioè una malattia diffusa e in pratica mortale per la giustizia in Italia: questo il concetto più volte espresso, da anni, dall'attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Lo stesso concetto, con la stessa parola, è stato espresso al congresso socialista da Bobo Craxi, figlio di Bettino, che fu pure presidente del Consiglio ed è morto nel 2000 in Tunisia: per i suoi amici è morto in esilio, per i suoi avversari era un latitante, inseguito da condanne definitive. Il leader socialista Bettino Craxi e l'imprenditore Silvio Berlusconi erano molto amici, si sono aiutati a vicenda raggiungendo entrambi i vertici del potere politico e muovendo entrambi montagne di denaro.

La magistratura può costituire un cancro, che si diffonde nel corpo della società italiana e che soltanto pesanti interventi chimici e chirurgici possono tentare di arrestare: così pensano molti, e anche parlamentari e addirittura ministri. La parola, francamente, fa paura e, più volte ripetuta, tende a mettere a tacere gli oppositori. Va a finire che, a poco a poco, più d'uno pensa: «Forse è vero», e comincia a credere che non solo qualcuno (può succedere), ma molti magistrati siano corrotti, infami, ignoranti, perversi persecutori, dediti a danneggiare il Paese.

Si forma così un'altra metastasi: il dubbio. I cittadini cominciano a dubitare, viene meno la fiducia nella giustizia, si allargano nella società lo scetticismo e il cinismo, crolla il senso dell'uguaglianza di tutti davanti alla legge. In fondo, si pensa, processo più o processo meno, chiudiamo l'argomento e portiamo avanti altri temi importanti: l'inflazione, il precariato, la mafia, la nuova povertà, l'immondezza, i migranti, l'ambiente. Con la seconda metastasi - dimenticare - si copre e si cancella la prima - cercare la verità. Il silenzio rivela un'altra metastasi nel tessuto della società: la paura.

La sera dell'8 luglio, nella trasmissione «Primo piano» su Rai 3, la giornalista Bianca Berlinguer ha intervistato Antonio Polito, direttore del «Riformista» e uomo politico, già redattore dell' «Unità», e Piero Sansonetti, direttore di «Liberazione», quotidiano del Partito della liberazione comunista. Tre nomi, le stesse origini e nessuno, apparentemente, di destra. Il tema era quello della cancellazione dei processi e dell'immunità per il presidente del Consiglio. Polito si è barcamenato, Sansonetti alla fine è sbottato concludendo press'a poco: «Chi se ne frega dell'immunità per le quattro più alte cariche dello stato, i problemi degli italiani sono ben altri». Le parole non erano proprio queste, ma il concetto sì. Dormire, sopire.

Non c'è confronto: davanti al pane, anche lo schiavo non pensa alla libertà. Che discorsi sono, questi? Che confusione si fa? La metastasi del menefreghismo, del lassismo, e diciamolo pure della supponenza e dell'ignoranza, non solo politica, è senza limiti. La libertà e la verità sono soffocate in un qualunquismo che sembra inarrestabile.

Se questi sono gli intellettuali di sinistra, che hanno in mano buona parte dell'informazione televisiva, gli italiani che danno loro credito non possono non aumentare i consensi per rafforzare le neo tentazioni autoritarie. È un dolore, e penso soprattutto ai laici cattolici, vedere come non si trovino più in Italia uomini di stato, che si occupino della politica con amore e con sacrificio, pensando al paese, ai cittadini, al popolo.
Mario Pancera