• Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Ricerca documenti

La politica come arte di giocare alla guerra...

Volano, gli aerei, volano, nello spazio tra le nuvole… Belli, gli aerei. Anch’io ne avevo, da piccolino, ci giocavo parecchio, forse quanto con le macchinine. Mi immaginavo di scendere in picchiata, come gli uccelli di Battiato, che poi quello sono per gli uomini gli aerei, e planare dolcemente, e risalire vertiginosamente oltre le nuvole, dissolto nell’azzurro del cielo. La mente perdeva i confini, proprio come il cielo immaginato, e non c’era che un universo infinito da circumnavigare. Avevo i modellini di jumbo, di Cessna, ma anche degli Stukas tedeschi da guerra. E credo che fosse così per molti bambini. Sicuramente dovevano avere tanti modellini di Stukas i 202 parlamentari che hanno votato per l’acquisto degli F-35. Solo la nostalgia per l’infanzia perduta può giustificare una simile follia, una spesa enorme in tempi di crisi radicale come questi, denari tolti al sociale.
Ora, finché è il Pdl a farlo: ma un partito che si dichiara di centrosinistra, come può farlo?
Ahi, quanto vero quel che dice il filosofo, che oggi la parola “democrazia” non è che un significante vuoto! Certo, qualcosa non torna: ho ancora in mente il tweet dell’onorevole Boccia (quello per cui le larghe intese iniziano nel privato: sono un costume antropologico, prima che politico), che dichiara, per difendere la scelta degli F-35, che con gli elicotteri si spengono incendi e si salvano vite umane.
Peccato che anche i bambini sappiano che gli F-35 sono aerei da caccia. Che un parlamentare del suo rango scriva una cosa del genere è, ancora una volta, oltre il pensabile: ci vorrebbe il pensiero iperuranico di Plotino per dirne. Chissà, Boccia da bambino aveva modellini di elicotteri?
Un suggerimento: che tornassero tutti quanti a baloccarsi con i loro modellini nelle loro camerette, e lasciassero liberi gli scranni, per qualcuno che ha a cuore, invece che la soddisfazione delle proprie fantasie infantili, il bene comune.

Marco Rovelli – da l’Unità