Venticinque anni or sono, dal 15 al 21 maggio 1989, si tenne a Basilea la prima Assemblea Ecumenica Europea, dopo mille anni dalle reciproche scomuniche tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli (attuale Istanbul) e a cinquecento anni dalle rotture tra Roma e i popoli della Riforma.
Durante questa assemblea, a cui parteciparono trecentocinquanta delegati provenienti dalle chiese protestanti e ortodosse e trecentocinquanta inviati dalle conferenze episcopali cattoliche europee, si parlò di pace, giustizia e salvaguardia del creato. Presiedevano il Metropolita di Leningrado e Novgorod Alexej che, dopo qualche mese, sarebbe stato eletto Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, e l’Arcivescovo di Milano Card. Carlo Maria Martini.
L’incontro di Basilea è stato il corollario di un movimento ecumenico, nato nei primi decenni del secolo XX°, per favorire la conoscenza e il dialogo tra le chiese cristiane, infatti, è di quel periodo l’iniziativa del pastore americano Paolo Watson che propose una settimana annuale di riflessione e di preghiera per il superamento delle divisioni tra i cristiani. Anche nella Chiesa Cattolica Romana, si recepì la nuova iniziativa che, in un primo momento fino agli ‘50, fu pensata come una specie di “ritorno dei dissidenti alla chiesa cattolica”.
Quando fu eletto Papa Giovanni XXIII° il quale visse a contatto, dapprima con la Chiesa Ortodossa in Bulgaria dove era stato inviato come rappresentante pontificio dal 1928 al 1934 e, dal 1935 al 1944, svolse il medesimo incarico a Istanbul in Turchia, città e nazione notoriamente musulmane, furono anche queste sue esperienze che lo hanno convinto, dopo solo tre mesi dalla sua elezione a Vescovo di Roma, a convocare il Concilio Vaticano II° con l’intento di aprire la Chiesa Cattolica Romana al dialogo e alla collaborazione con le altre chiese cristiane e alle grandi religioni del mondo. Durante il concilio la Chiesa Cattolica prende coscienza del problema “ecumenismo” e dichiara che “la divisione tra le chiese è la conseguenza dei peccati degli uomini”, e si impegna a pregare il Dio di tutti perché conceda il dono dell’unità proprio come auspicato dal Signore Gesù la sera dell’Ultima Cena “affinché tutti siano una cosa sola”.
Dal concilio riparte un nuovo modo di vivere l’ecumenismo, si prega “per l’unità dei cristiani” e nascono due organismi europei cioè il Consiglio Ecumenico delle Chiese KEK, per protestanti e ortodossi e il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee CCEE per i cattolici che iniziano un lavoro comune che sfocia proprio nell’organizzazione dell’Assemblea Ecumenica di Basilea che fu il primo appuntamento ufficiale, un appuntamento di festa dopo tanti anni di divisioni e di lotte fratricide fra cristiani. Allora l’Europa era molto diversa da oggi: c’era ancora l’Unione Sovietica, la Germania era divisa in Repubblica Federale e in Repubblica Democratica, la Cechia e la Slovacchia erano ancora insieme, la Jugoslavia era una repubblica federale e l’Albania era chiusa ad ogni apporto esterno. Significativo il fatto che nel programma della settimana, il giovedì, interrotti i lavori assembleari, una lunga marcia attraversò le frontiere della Germania e della Francia senza dover mostrare la carta di identità ai doganieri. Sei mesi dopo l’Assemblea di Basilea cadde il Muro di Berlino. In quella settimana del maggio ’89, i cristiani europei sperimentano il bello di essere insieme e, probabilmente, questo fatto stimolò quel miracolo che è l’attuale costruzione in modo pacifico, pur con tutte le difficoltà che conosciamo, dell’Europa dei 28 Paesi.
L’ultima sera il Cardinale Martini convocò i delegati e gli osservatori italiani per fare il punto della situazione: spiegò cosa era avvenuto durante i vari incontri, le stanchezze ma anche le prospettive che, da quella settimana, si potevano aprire nella collaborazione tra le chiese per la costruzione della pace attraverso la giustizia e impegnandosi nella salvaguardia del Creato.
Dopo Basilea, i cristiani continuano il loro percorso ecumenico in una seconda tappa a Graz (Austria) dal 23 al 29 giugno 1997. In quell’occasione migliaia di europei, provenienti soprattutto dall’Est Europa, dove erano caduti tutti i muri, inondarono la città austriaca per l’appuntamento ecumenico e, se Basilea fu una grande festa, le autorità delle chiese cristiane incominciarono a mettere i puntini sulle “i”, a fare i distinguo, a rivedere i rapporti tra le chiese, facendo sorgere immancabili difficoltà tra i capi delle chiese che la presenza del nostro Cardinale Martini, con la sua autorevolezza, riuscì ad attutire.
Il terzo appuntamento, a Sibiu, in Romania, dal 4 al 9 settembre 2007, fu un incontro in chiave minore, minore partecipazione, minore pubblicità, minori contenuti. Nel frattempo però, i due organismi ecumenici KEK e CCEE, si accordarono per la stesura di una “Charta oecumenica” (aprile 2002 a Strasburgo), una specie di dichiarazione di intenti che i cristiani d’Europa, se lo ritenevano opportuno, potevano incominciare a percorrere “chiamati all’unità della fede ad annunciare insieme il Vangelo, andando incontro all’altro e operando e pregando insieme nel proseguire il dialogo. La nostra comune responsabilità in Europa ci porta a riconciliare popoli e culture, salvaguardando il creato, e approfondire la comunione con l’Ebraismo, curare le relazioni con l’Islam e l’incontro con le altre religioni e visioni del mondo”.
Poi è arrivato Papa Francesco che rilancia l’ecumenismo e scrive: “l’impegno ecumenico risponde alla preghiera del Signore Gesù che chiede che “tutti siano una sola cosa”. La credibilità dell’annuncio cristiano sarebbe molto più grande se i cristiani superassero le loro divisioni e la chiesa realizzasse “la pienezza della cattolicità a lei propria in quei figli che le sono certo uniti con il battesimo, ma le sono separati dalla sua piena comunione”. Dobbiamo sempre ricordare che siamo pellegrini e che peregriniamo insieme. A tale scopo bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze e guardare anzitutto a quello che cerchiamo: la pace nel volto dell’unico Dio” (E.G. 244)
Ma quale potrebbe essere il nostro impegno personale? Per facilitare il dialogo per un ecumenismo anche spicciolo e popolare? Ci viene incontro il card. Martini che ci propone:
1. Abbiamo anzitutto un grande bisogno di percepire dentro di noi una fontana zampillante di pace che ci apra alla fiducia nella possibilità di passi concreti e semplici verso un cambiamento di stile di vita e di criteri di giudizio, unica via a un cammino serio di pace. Evitiamo di lasciarci intorpidire da un clima consumistico prenatalizio che rischia di farci rimuovere le domande serie emerse da questi fatti drammatici.
2. Per evitare di essere trascinati, magari non intenzionalmente, in uno scontro di civiltà, occorrerà esercitarsi nell'arte del dialogo, che parte da una chiara coscienza della propria identità e della ricchezza dei linguaggi con cui esprimerla e renderla accessibile smontando i pregiudizi, i cavilli e le false comprensioni.
3. Per questo sarà importante imparare a conoscere le altre religioni, in particolare l'Ebraismo e l'Islam, scrutando di ciascuna la storia, la letteratura, le ricchezze spirituali, le profondità mistiche, il pluralismo espressivo, anche quello sociale e politico.
4. Soprattutto occorrerà educare a gesti, pensieri e parole di perdono, di comprensione e di pace, usando tolleranza zero per ogni azione che esprima sentimenti di xenofobia, di antisemitismo, di minor rispetto di qualunque sentimento e tradizione religiosa. Questo richiede che anche gli altri rispettino e apprezzino quei segni religiosi che sono stati e sono tuttora per noi la via e il simbolo che ci permette oggi di offrire a tutti ospitalità e pace.
5. E’ superfluo ricordare quanto la scuola e l'università siano chiamate a educare al dialogo, al confronto sereno, per aiutare a riflettere sui gravi problemi in discussione a livello internazionale ma anche nazionale e regionale (e non soltanto perciò sui temi della pace e della guerra, ma anche oggi su temi per noi gravi e urgenti come la giustizia e la sanità). Grande sarà in questo senso il compito e la responsabilità dell'autonomia scolastica. (discorso alla città 6.12.2002).
Angelo Levati