[…] “Il mondo non è minacciato da una catastrofe che si può verificare in futuro. La maggior parte dell’umanità sta già facendo esperienza di una catastrofe. Nessuno di noi speculerebbe in termini di catastrofi future se il proprio reddito familiare ammontasse a meno di un dollaro al giorno, se con la nostra famiglia vivessimo in un tugurio o in una capanna priva di acqua ed elettricità, se fossimo in situazione di carenza di cibo e perdessimo, in media, ogni secondo figlio venuto al mondo, se quei nostri figli che sopravvivono si ammalassero fisicamente o mentalmente per carenze basilari, se non ci fossero dottori disponibili. Se vivessimo in queste condizioni, sarebbe assolutamente chiaro che la catastrofe è già fatto compiuto. Questa è la situazione di vita della maggior parte dell’umanità al giorno d’oggi. Non si tratta di piccoli gruppi isolati e distanti. Si tratta della maggioranza degli esseri umani.” - Erik Dammann
Le crisi globali di fronte alle quali ci troviamo oggi sono uniche come categoria per molti versi: non solamente in riferimento al loro possibile esito, alla loro complessità, e allo stato di emergenza che producono, ma anche nel senso che per la prima volta nella storia dell’umanità ciascuna di esse ha come unica causa gli esseri umani. Sono una conseguenza diretta dei nostri comportamenti individuali o collettivi e possono per questo essere ricondotte, per una parte significativa, a fattori psicologici: alle nostre credenze, brame, paure, fantasie, difese e dispercezioni individuali o collettive. I nostri problemi globali sono sintomi globali, e l’attuale stato del mondo riflette lo stato delle nostre menti.
Di sicuro, con queste considerazioni non si vuole negare l’importanza delle forze sociali, politiche ed economiche. Si intende al contrario porre l’attenzione sul fatto che gli interventi politici, economici e militari non sono da soli sufficienti, e che le cure veramente efficaci sul lungo termine richiedono delle risposte su tutti i piani. In altre parole, non abbiamo solamente bisogno di fornire a tutti gli affamati il cibo necessario e di ridurre i depositi nucleari, ma anche di comprendere e correggere in primo luogo quelle forze psicologiche e sociali che rafforzano l’attuale situazione di fatto.
Sfortunatamente, per quanto la consapevolezza delle crisi globali si stia diffondendo sempre di più, molte risposte sono state fino al giorno d’oggi solo di tipo militare, politico od economico. Questa tendenza sta comunque cambiando lentamente, visto che sempre più persone sostengo l’importanza di entrambi il lavoro interiore e all'esterno di noi per modificare effettivamente sia la psiche che il mondo che ci circonda.
Uno dei più eminenti sostenitori di questo approccio integrato è il Dalai Lama. Nel suo discorso per il ricevimento del premio Nobel, la “Chiamata alla Responsabilità Universale”, egli mette in rilievo il crescente livello di interconnessione ed interdipendenza tra i fenomeni del mondo. La crisi ambientale coinvolge noi tutti. Per questo il Dalai Lama sottolinea come il nostro sentimento di responsabilità e di compassione debba abbracciare l’intero pianeta e tutte le genti. Egli sostiene che le attuali crisi che ci interessano possono essere risolte solo attraverso uno sviluppo bilanciato delle capacità scientifiche esteriori e di quelle psicologiche interiori. Due tra le più apprezzabili potenzialità interiori sono emozioni transpersonali: l’amore e la compassione.
Ram Dass ha approfondito uno di questi due elementi in “Compassion: The Delicate Balance” (“La Compassione: il Delicato Equilibrio”), mentre John Welwood esplora la possibilità di usufruire della relazione romantica per rinforzare “L’Amore consapevole”. Così come il movimento transpersonale si è evoluto a partire dall’espansione del senso di identità, anche il movimento della “ecologia profonda” sta seguendo questo cammino. Questa importante disciplina deriva il proprio nome dal suo impegno nel porsi domande sempre più profonde e radicali circa il genere umano, la natura e le loro interrelazioni ottimali.
La convenzionale visione Occidentale del mondo percepisce l’essere umano come superiore, separato e dominante nei confronti delle altre creature e della natura. Questa concezione antropocentrica vede gli esseri umani come la parte più importante dell’universo. L’ecologia profonda, da parte sua, sostiene l’importanza di spostare la nostra attenzione in modo da riconoscere il valore intrinseco di tutte le creature dell’universo e l’interconnessione tra di esse. Inoltre, essa mette in rilievo l’idea che la nostra genuina (e transpersonale) identità abbraccia la natura e il mondo intero. In questo modo tale disciplina discute a favore dell’importanza di una modificazione dell’identità dal piano antropocentrico a quello biocentrico, da quello egocentrico a quello “ecocentrico”, oltre che di un parallelo cambiamento negli atteggiamenti, nei valori e nei comportamenti. L’Ecologia Profonda si spinge al di là dei semplici sforzi a favore dell’ambiente, quali la conservazione delle risorse e la protezione della vita selvaggia; difatti anche queste iniziative implicano indirettamente che la ragione principale per la conservazione della natura è il raggiungimento di benefici per l’uomo.
Poiché le loro caratteristiche visioni del mondo hanno davvero tanto in comune, l’Ecologia Profonda e il Movimento Transpersonale apportano ovviamente molti contenuti che entrambe possono condividere. Gli ecologisti “del profondo” potrebbero beneficiare di un più sottile livello di sofisticazione psicologica, mentre dall’altra parte gli psicologi transpersonali potrebbero sviluppare una maggiore sensibilità e un maggiore impegno ecologici.
La Psicologia Transpersonale solleva inoltre due temi centrali per l’Ecologia Profonda; la prima è una questione di natura ontologica, mentre la seconda è di tipo pratico. Gli ecologisti dalle concezioni più profonde e globali auspicano un’espansione transpersonale dell’identità che superi l’ego “incapsulato” dalla barriera epidermica e che ponga in essere la possibilità ricercata da Albert Einstein di poter noi tutti “abbracciare tutte le creature viventi e la natura intera in tutta la sua bellezza”. Ad ogni modo, alcuni transpersonalisti avvertono che l’espansione dell’identità proposta dagli ecologisti “del profondo” rischia di rimanere solo parziale, in quanto andrebbe probabilmente ad identificarsi con un’estensione “orizzontale” che include tutto il mondo fisico, e non necessariamente con un’espansione verticale che acceda ad ulteriori regni della psiche e della coscienza.
La seconda questione riguarda le modalità con le quali questa espansione di coscienza, sia in direzione verticale sia in quella orizzontale, possa essere raggiunta. La maggior parte di chi coltiva la contemplazione ritiene che lo sviluppo di una stabile identità transpersonale richieda un lavoro interiore a lungo termine. Ad ogni modo, gli ecologisti “del profondo” non si riferiscono abitualmente a questo tema, ed alcuni di essi sono propensi a ritenere che il lavoro interiore, in particolare quello di natura spirituale, sia una sorta di distrazione dal bisogno disperato di azione nel mondo esteriore. Tuttavia, il Dalai Lama sostiene che l’equilibrio tra mondo interiore e quello esteriore può essere un fattore essenziale e, come ha affermato Eric Dammann: “Nulla può essere cambiato (efficacemente) finché non cambiamo noi stessi”.
La possibilità di combinare la saggezza maturata sia dalla psicologia transpersonale, sia dall’ecologia profonda rappresenta una sintesi che fornisce un mutuo arricchimento alle due discipline, e potrebbe scaturirne un movimento ecologico transpersonale di indubbio interesse. L’ecologo Australiano Warwick Fox ha avviato questa sintesi in un suo libro, dalle riflessioni molto approfondite, che si intitola: “Toward a Transpersonal Ecology” (“Verso un’Ecologia Transpersonale”), e in un articolo riportato a seguire.
In “The Tao of Personal and Social Transformation” (“Il Tao della Trasformazione Sociale e Personale”), Duane Elgin suggerisce che una coscienza allargata si rifletta nella qualità della vita, di un’esistenza che ricerca l’armonia con la natura, sia a livello interiore sia esteriore, piuttosto che un dominio su di essa. Per gli individui votati a questo atteggiamento, non vi è alcun dubbio circa la propria connessione con il “grande intero” al quale si sentono profondamente collegati e verso il quale si assumono una grande responsabilità.
Un minor numero di desideri egocentrici si traduce in ridotto consumismo, una più grande volontà di semplicità, un minore desiderio di imporre ad altri la propria volontà e un maggior interesse verso l’armonizzazione con la natura secondo una modalità ecologica e Taoista.
Alcuni dei temi che alimentano potentemente questo genere di cambiamenti vengono delineati e descritti da Stanislav e Christina Grof nella loro opera “Transpersonal Experience and The Global Crisis” (“L’Esperienza Transpersonale e la Crisi Globale”). Questi autori sottolineano che molte persone che si sono tuffate nelle proprie profondità interiori e hanno vissuto potenti esperienze transpersonali attraversano un drastico cambiamento valoriale che li orienta maggiormente verso uno spirito di servizio e di rispetto per la vita globalmente intesa.
Il compito che consiste nell’elaborare un’opportuna comprensione psicologica e di rispondere adeguatamente alle enormi proporzioni della crisi globale è divenuto evidentemente la sfida più impellente che le generazioni future dovranno affrontare. Il fisico Peter Russel suggerisce che ciò di cui abbiamo bisogno non è niente meno di quello che fu detto “Progetto Manatthan Interiore” (una trasposizione di nome dal più noto “Progetto Manatthan” che portò alla prima bomba atomica) dedicando le nostre migliori risorse umane e tecniche a questo specifico impegno.
É chiaro che ci troviamo in corsa sospesi tra coscienza e catastrofe. È probabile che per ciascuno di noi non vi sia impegno più urgente del dedicarsi ad una comprensione transpersonale e alla conservazione del nostro pianeta e della natura. L’obiettivo è quello di metter chiaramente in luce le forze psicologiche e sociali distruttive che ci hanno portato a questo punto critico nella storia del genere umano e di trasformarle in forze costruttive per il nostro benessere, sopravvivenza e risveglio di coscienza […]
40. L’Ecologia Transpersonale.
Di: Warwick Fox
Sin dall’epoca dei Greci Classici, il pensiero Occidentale si è sempre dimostrato di tipo profondamente antropocentrico. Come ha sottolineato Bertrand Russel (1979, 1990) nella sua “Storia della Filosofia Occidentale”, “Ciò che è inopportuno, anche nella più evoluta delle filosofie successive a Democrito (cioè in quelle successive ai pre-socratici) è un’indebita enfasi riposta sull’essere umano in rapporto al resto dell’universo”.
Karl Popper, il più influente filosofo della scienza del ventesimo secolo, ha espresso la sua prospettiva a partire dall’implicazione di questa tradizione filosofica nella seguente maniera:
“È assolutamente necessario al giorno d’oggi domandare scusa per esserci dedicati alla filosofia in qualsiasi sua forma possibile …. A mio modo di vedere, il più grande scandalo della filosofia è il fatto che, mentre tutto intorno a noi il mondo naturale sta deperendo – e non solo il mondo della natura – i filosofi continuano a discorrere, alle volte intelligentemente e altre volte no, circa la questione dell’esistenza o meno di questo mondo stesso così come lo viviamo (1975, 32)”.
Negli anni recenti, il tentativo più sistematico di sfida a questa tradizione antropocentrica è stato portato avanti da un gruppo sparso di pensatori che si sono dedicati ad una disciplina battezzata come “Ecologia Profonda”. L’Ecologia Profonda si lega a tre idee di base. La prima è il concetto di “ecocentrismo”, cioè l’idea di adottare un approccio centrato sull’ecologia (ovvero centrato globalmente su tutta la Terra) come base delle nostre relazioni con il mondo circostante, piuttosto che un approccio antropocentrico. In questa ottica, alla realtà non-umana è attribuito un grande valore in sé e per sé, e non semplicemente per l’ovvio valore d’uso che gli uomini le attribuiscono. La seconda idea di base è connessa con il porsi domande più profonde sulle relazioni ecologiche in cui prendiamo parte attiva, riferendoci alle cause radicali dei vari tipi di crisi ambientali interconnesse tra di loro, piuttosto che concentrarci semplicemente sui sintomi di queste emergenze.
La terza idea confida con forza nella nostra possibilità di identificarci in maniera molto più ampia e profonda con il mondo circostante rispetto a quanto non si ritenga comunemente, e che la forma di sviluppo di sé, di espressione di sé e, come direbbe Naess, di “Auto-realizzazione”, ci induce spontaneamente ad apprezzare e difendere l’integrità della realtà stessa di cui facciamo parte. Mi riferisco a questo terzo aspetto della Psicologia del Profondo con il termine di “Ecologia Transpersonale” poiché esso punta chiaramente alla realizzazione di un senso di Sé che si espanda oltre (e “attraverso”) qualsiasi percezione egoica, autobiografica e limitata del Sé. L’amplificazione e l’approfondimento della nostra identificazione personale – ovvero del senso che emerge dal consueto condiviso – fino a comprendere il mondo intero ci permette di spostarci da una percezione di noi stessi atomistica, relativamente ristretta, isolata, come fossimo particelle, fino ad un senso di unificazione ampio, espanso e partecipativo.
Questa concezione è, a mio parere, quella che tra le tre caratterizza maggiormente il lavoro degli autori ecologisti “del profondo” da quello di altri “eco-filosofi“.
Questo ultimo tema è anche quello che ha indirizzato nel tempo gli ecologisti “del profondo” ad un dialogo più aperto con gli psicologi transpersonali. Questo scambio culturale promette di rilevarsi proficuo per entrambe le parti.
Alcune potenziali fonti di incompatibilità tra queste due discipline comprendono: 1) la questione relativa alla natura e alla finalità del processo evolutivo, supponendone l’esistenza e 2) l’adozione di un focus di analisi centrato su “questo mondo”, su questa “realtà consensuale”, contrapposto a quello centrato su di un “mondo-altro da sé”, su di una “realtà non-consensuale”. In riferimento al primo di questi due punti di riferimento, gli ecologisti ad indirizzo transpersonale si pongono in continuità con i biologi evoluzionisti nella seguente domanda, posta ei teorici della psicologia transpersonale: È legittimo parlare di un fine o “telos” connesso all’evoluzione? In riferimento alla seconda questione, gli ecologisti ad indirizzo transpersonale rivolgono un altro tipo di domanda agli psicologi transpersonali: Concentrare lo studio sul solo fenomeno della coscienza può di per sé porre in contatto con stadi dell’essere e forme di realtà genuinamente “più elevate”, più reali o più evolute, oppure al contrario la coscienza è più somigliante ad una “sala degli specchi” in cui possiamo perderci in una serie infinita di “incanti” senza alcun inerente “fine superiore”? Questo interrogativo diviene particolarmente significativo alla luce dell’altra questione relativa alla modalità con cui proviamo a trascendere il nostro senso del Sé egoico, debitamente limitato (e spesso dolorosamente difensivo): ci si domanda se tale processo avvenga con metodi “verticali” (cercando ad esempio di fare esperienza di stati dell’essere e forme di realtà “superiori”), oppure con metodi “orizzontali” (cercando ad esempio di fare esperienza di noi stessi nel nostro legame intimo con il mondo circostante, come fossimo tutti foglie di un unico grande Albero della Vita evolutivo).
A dispetto di queste potenziali fonti di critica, l’ecologia e la psicologia transpersonali possono anche essere osservate come discipline in gran parte complementari – e forse addirittura necessarie – l’una all’altra. L’ecologia transpersonale aggiunge una dimensione ambientalista sistemica di cui si avverte un indiscusso bisogno anche nella psicologia transpersonale, così come, viceversa, quest’ultima scuola di psicologia apporta un’ineludibile dimensione psicologica al campo ecologico transpersonale. L’interazione di queste due prospettive può a buon diritto costituire la nostra più potente fonte di speranza per il futuro.
41. L’Ecologia “Profonda”: Vivere come se la Natura fosse importante
Di: Bill Devall e George Sessions
Il termine “Ecologia Profonda” è stato coniato da Arne Naess nel suo descrivere l’approccio più profondo e spirituale alla Natura, quale esso scaturisce da un’apertura più sensibile verso noi stessi e verso la vita non-umana che ci circonda. L’essenza dell’Ecologia Profonda è connessa con il porsi incessantemente domande circa la vita umana, la società e la natura.
L’Ecologia Profonda va al di là di un superficiale approccio limitato e frammentato nei confronti dei problemi ambientali, e cerca di articolare una visione filosofica e religiosa del mondo più comprensiva.
Le fondamenta della psicologia del profondo sono le intuizioni di base e le esperienze che riguardano noi stessi e la Natura, elementi che comportano una coscienza ecologica. Alcune osservazioni sull’amministrazione politica e la cosa pubblica scaturiscono naturalmente da una coscienza di questo tipo.
Molti di questi temi rappresentano interrogativi filosofici e religiosi perenni nei quali gli esseri umani di qualsiasi epoca e cultura si sono sempre imbattuti. Cosa significa essere un individuo umano unico? Come può un sé individuale conservare e anche incrementare la propria condizione di unicità pur rimanendo al contempo una sfaccettatura inseparabile di quell’intero sistema nel quale non vi sono limiti distinti tra è e altro da sé? Una prospettiva ecologica, emergente da questa considerazione più profonda, produce ciò che Theodore Roszak chiama “un risveglio di interi sistemi complessi che sono qualcosa di più della semplice somma delle loro parti costituenti. Sul piano dello spirito, la disciplina diviene contemplativa e terapeutica”
La coscienza ecologica e l’ecologia profonda si pongono fortemente in contrasto con la dominante visione del mondo tipica delle società tecnocratiche-industriali che vedono gli esseri umani come isolati e fondamentalmente separati dal resto della Natura, come superiori ad essa e a capo di tutto il resto della creazione. Ma la concezione che gli esseri umani siano separati e superiori al resto della Natura è solamente una parte di modelli culturali più vasti. Nel corso di migliaia di anni, le culture Occidentali sono progressivamente divenute sempre più ossessionate dall’dea di dominio: dal dominio degli uomini sulla Natura non-umana, del maschile sopra il femminile, dei ricchi e potenti sui poveri, fino al dominio dell’Occidente sulle culture Orientali. Una profonda coscienza ecologica ci permette di guardare al di là di queste illusioni erronee e pericolose.
Per l’ecologia profonda, lo studio della nostra collocazione nella culla rappresentata dalla Terra comporta lo studio di noi stessi quali parti di “un interezza organismica”. Spingendoci al di là di una comprensione strettamente materialistica e scientifica della realtà, gli aspetti spirituali e materiali della realtà stessa si fondono tra loro. Anche se gli intellettuali più influenti appartenenti alla dominante corrente di pensiero sono sempre stati propensi a vedere la religione come una “semplice superstizione” e hanno considerato le più antiche pratiche spirituali e l’illuminazione come fenomeni essenzialmente soggettivi, la ricerca di una profonda coscienza ecologica è ricerca di una coscienza e di uno stato dell’essere più oggettivi (e condivisi), attraverso una messa in discussione, un processo meditativo e uno stila di vita opportuni.
Molte persone si sono poste queste domande profonde e hanno coltivato una coscienza di tipo ecologico partendo dai contesti specifici di differenti tradizioni spirituali – quelli della Cristianità, del Taoismo, del Buddhismo, dei rituali dei Nativi d’America, solo per citare alcuni esempi. Per quanto rispetto a particolari temi gli adepti di queste religioni manifestano differenti posizioni, molti di essi ravvisano anche alcuni principi di base comuni all’ecologia profonda.
Warwick Fox, un filosofo australiano, ha sinteticamente espresso l’intuizione centrale della psicologia del profondo: “Essa consiste nell’idea che non possiamo operare alcuna netta divisione ontologica nel campo dell’esistenza: che non c’è alcuna biforcazione nella realtà per quanto riguarda il regno umano e quello non-umano … nella misura in cui percepiamo dei confini, ci viene a mancare una coscienza ecologica profonda”.
Da questa introspezione ancora più profonda, da questa caratteristica intrinseca della coscienza ecologica profonda, Arne Naess ha sviluppato due ultime norme o intuizioni che sono di per se stesse non derivabili da altri principi dati a priori.
Si è arrivati a questi principi attraverso un processo di radicale messa in discussione, ed essi rivelano l’importanza di spostarsi verso un livello di saggezza filosofica e religiosa. Questi postulati non possono, ovviamente, essere dimostrati per mezzo della metodologia della scienza moderna basata su consueti assunti meccanicistici e attraverso la sua definizione di dati molto ristretta. Queste norme ultime di cui parla Naess sono la “Realizzazione di sé” e la “Equità Biocentrica”.
- Brani tratti dal testo “L'Espansione della Coscienza – La visione transpersonale”, Crisalide Edizioni, 2013