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Legittimiamo i lavavetri (Francesco Gesualdi)

Pubblicato su la rivista "Carta" del giorno 8 settembre 2007
Triste doverlo ammettere, ma così è: siamo diventati un popolo di opulenti, e gli straccioni ci disturbano. L’opulenza, prima ancora che nel portafogli, l’abbiamo nella testa. Un tempo un Della Valle che sfoggiava il suo panfilo ci dava il voltastomaco ed acuiva il nostro senso di ribellione. Oggi ci affascina, raffigura il sogno che abbiamo dentro di noi, il desiderio di diventare tutti straricchi, Per questo Berlusconi ha vinto.
Era illusorio pensare che la sinistra uscisse indenne da questo maremoto, ed eccola in piena crisi di identità. I i dirigenti di sinistra spesso superano i loro colleghi di destra per repressione, per attacco ai diritti, per sostegno al mercato liberista. Una base conservatrice esprime una dirigenza conservatrice, che naturalmente si prodiga in politiche reazionarie per essere apprezzata dalla sua base e fare un pieno di voti alle elezioni successive. Questo circolo vizioso ha fatto nascere nel centrosinistra il movimento, inaugurato da Cofferati, dei sindaci-sceriffi.
E che ne è di noi, che almeno intellettualmente facciamo ancora resistenza alla cultura dell’opulenza? Beh, il nostro compito si fa sempre più difficile e temo che debba trasferirsi sempre dì più dal piano della politica a quello della predicazione. Salvo eccezioni, nelle istituzioni non abbiamo i numeri per spostare l’asse delle decisioni e invece di logorarci nei parlamenti e nei governi forse sarebbe più efficace occupare il ruolo del la piazza, delle campagne di pressione e di sensibilizzazione, della piccola sperimentazione a scopo educativo. In quest’ottica esprimo alcune opinioni sulla vicenda dei lavavetri.
1. Se vogliamo interrompere i flussi migratori, dobbiamo smetterla di comportarci come quel contadino impazzito che prima scoteva gli alberi e poi se la prendeva con i frutti perché erano caduti a terra. Fuor di metafora, dobbiamo smetterla di saccheggiare il Sud del mondo e poi accanirci contro i fuggiaschi. La migrazione coatta è un flagello da prevenire nell’interesse di tutti, ma il solo modo per farlo è di sospendere le politiche di rapina e convertirci a pratiche economiche basate sulla cooperazione, prezzi equi, salari dignitosi, difesa dei beni comuni, equa ripartizione delle risorse non rinnovabili.
2.Il migliore antidoto contro l’accattonaggio e la microcriminalità, non la repressione, ma la sicurezza sociale per tutti, autoctoni e stranieri. Invece di spendere risorse in poliziotti e soldati, bisognerebbe spendere in alloggi, sanità, istruzione, e garantire a tutti un reddito di esistenza in cambio di un servizio reso alla comunità. Bisogna uscire dalla logica secondo la quale qualcuno è di troppo. In una concezione comunitaria siamo tutti necessari perché tutti possiamo dare un contributo importante per il bene comune. Tutti dovremmo dare e tutti dovremmo ricevere.

3. Quando lo Stato è latitante dobbiamo riconoscere agli esclusi il diritto di inventarsi i piccoli espedienti per sopravvivere e il miglior modo per impedire che si trasformino in truffe o aggressioni è di legittimarli. Del resto viviamo in economia, cosiddetta di mercato, che ha sempre posto al primo posto il diritto dei singoli di poter avviare qualsiasi attività commerciale anche se invade la vita altrui. In nome di questa libertà sia mo costretti a sorbirci la pubblicità che non ci infastidisce solo quei tre minuti al semaforo, ma ci rincorre per tutta la vita.
Da un punto di vista strettamente economico, i lavavetri sono opera tori che offrono un servizio, e poiché esercitano la propria attività al di fuori di ogni regolamentazione, sono l’emblema di quel liberismo che Ber sani si sforza di introdurre in ogni professione. Ma in questo caso il sistema torce la bocca e preferisce sostituire il liberismo con l’arresto e il sequestro degli attrezzi. Motivazione ufficiale: qualche lavavetri sembra minacciare gli automobilisti, Sarebbe come chiudere tutte le banche per ché qualche cliente afferma di essere stato truffato da questo o quell’istituto bancario. Rispetto alle banche abbiamo qualcosa di più di qualche lamentela. Abbiamo le prove che centinaia di migliaia di risparmiatori so no stati raggirati con titoli bidone, eppure non sono stati posti i sigilli neanche a un ufficio bancario e neanche un funzionario è finito in galera.
Sul piano del diritto sarebbe troppo facile provare che nei confronti dei lavavetri si stanno commettendo degli abusi di ufficio. La classica mano dura contro degli inermi malvisti da tutti. Ed ecco il punto: i lavavetri so no i derelitti che vorremmo eliminare dalla nostra vista perché ci rovi nano la festa dell’opulenza, come i bimbi denutriti che compaiono sullo schermo all’ora di cena. In definitiva il nodo è la convivenza, un tema che non può essere ignorato, e la scelta giusta non è rigettare i lavavetri sottto i ponti, ma creare le condizioni affinché non siano più percepiti come persone aggressive che operano fuori dalla legalità. Cambiare la percezione, un obiettivo che può essere raggiunto tramite la legittimazione e la formazione. Se il mestiere di lavavetri fosse riconosciuto, ma al tempo stesso potesse essere esercitato solo su autorizzazione del comune, per via frequenza di un corso gratuito di italiano e corrette relazioni, forse metteremmo in moto un circuito virtuoso che potrebbe avere tre effetti positivi: l’eliminazione del racket mafioso, un nuovo rapporto fra fin migrati e cittadinanza, l’apertura di un canale di comunicazione con le istituzioni che potrebbe portare alla soluzione cli molti altri problemi.
Francesco Gesualdi

* CENTRO nuovo MODELLO DI SVILUPPO