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L'indifferenza

Carissima, carissimo,

qualunque sia il percorso della nostra vita, l'origine della nostra famiglia e delle relazioni interpersonali intessute, almeno una volta ci sarà capitato di leggere nel volto del nostro interlocutore una sorta di assenza dinanzi a quanto stavamo comunicando. Perchè?

Quanto dicevo, magari con sommo ritegno e fatica, cadeva in un baratro di indifferenza. Come, a nostra volta, non palesare l'indifferenza o meglio come non lasciarla albergare dentro di noi?

In questa quaresima papa Francesco esorta tutti a non cedere alla "tentazione dell'indifferenza" e a non lasciarsi assorbire dalla "spirale di spavento e di impotenza", saturi come siamo "di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana".

Francesco si è reso conto che il denominatore della globalizzazione che impera sull'uomo è proprio l'indifferenza. La nostra cultura quindi porta, come il papa afferma, il triste marchio della "globalizzazione dell'indifferenza". L'intonazione è tragica, gravemente tragica, perchè quando ci si scopre indifferenti, molta acqua è passata sotto i ponti e ha cancellato ogni moto della coscienza che istintivamente ed evangelicamente si rivolga all'altro e alla sua difficoltà.

Nella sua proposta Francesco tocca il punto nevralgico: la mia personale comodità non deve essere alterata o scossa, io conto più di tutti e più di qualunque necessità. Spesso, troppo spesso l'indifferenza verso chi incontriamo nella vita quotidiana ci spinge ad imitare i comportamenti delle tre famose scimmiette: turarsi le orecchie, tapparsi gli occhi e chiudersi la bocca. In fin dei conti, è la morte dell'anima, del nostro interiore sentire che si riveste di una cellulite spirituale di difesa. Una barriera perchè nulla turbi.

Francesco nella sua riflessione spirituale non rimanda al cielo. all'evanescenza, ma esige un profondo contatto con la vita, con la gente, con la propria interiorità, con un corretto radicamento nel terreno stesso dell'esistenza. Richiede ritmi di vita più rallentati in modo da favorire il contatto con il proprio vissuto; richiede capacità di assaporare, di soffrire di partecipare... ma anche di contemplare, di uscire dal piano dell'utile, di dare respiro all'esistenza coltivando la gratuità. Chi coltiva, chi ricerca la dimensione spirituale parla probabilmente meno di autorealizzazione, ma apprende a dare spazio alla relazione, al noi, all'accoglienza, alla cura dell'altro.

Fermarsi significa iniziare a conoscere a prendere possesso di noi stessi, delle proprie emozioni, delle proprie passioni, dei propri sentimenti. Cessare di sentirsi vittime dei giudizi propri o altrui, mentre è molto più importante e produttivo imparare ad ammettere i propri errori e correggersi, con senso di responsabilità e coscienza del limite.

Nel mondo di oggi urge la ribellione delle coscienze, contrastare l'ingiustizie, non pensare che la povertà sia una fatalità, che senza uguaglianza non possono esserci diritti per tutti, senza tutto ciò, una semplice azione di carità servirebbe a sancire l'ingiustizia.

Abbiamo bisogno che: la solidarietà sia contrapposta all'individualismo; le tensione all'uguaglianza contrapposta al privilegio; la dignità dell'uomo, di tutti gli uomini, contrapposta allo sfruttamento; il lavoro come bene collettivo della società contrapposto al lavoro come contratto individuale; la scuola come crescita sociale, strumenti di liberazione per tutti...

Quaresima sarà così ascolto, sguardo, parola di conforto e di condivisione.

Quaresima sarà a me importa! Perchè chi entra in qualsiasi luogo, dalla metropoli al piccolo borgo possa leggere sulle vie: A me importa! Mi sta a cuore chi vive qui e abita nel mondo. E se proprio devo partire da qualcuno, partiamo dai più piccoli e dai poveri, dagli esclusi e dai marginali. Così nessuno si vedrà recapitare il foglio di via o, peggio ancora, di inutilità e irrilevanza.

 

Buona Pasqua, antonio

 

Fonte: Rete Radié Resch di Quarrata