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Non ha lacrime mamma Paola

Non ha lacrime mamma Paola. Ha il pianto aggrappato al dolore per aver perso Giulio.
Giulio, quel figlio che ha riconosciuto dalla punta del naso.
Giulio, morto troppo presto, come tutti quei figli e figlie che vanno via prima delle madri.
Giulio, morto di torture nel 2016, come tante e tanti egiziani fino a oggi. Sua madre lo denuncia in modo chiaro quel che non è segreto, quel che dall’altra parte del mare si finge di non sapere.
«Io sono sua mamma», dice Paola Regeni. Rivendicando appartenenza e dolore.

Madre di quel «volto aperto e solare diventato piccolo, piccolo, piccolo».

Madre di quel viso che oggi racchiude «tutto il male del mondo».

Il volto di Giulio, quello che, come mamma, non poteva non guardare. Perché quell’ultimo sguardo scandisse la certezza di un’assenza, la presenza di un dolore cui si aggrappa, muto, il pianto. Un «dolore necessario», lo definisce mamma Paola, «per non sentirmi una vigliacca».

Necessario per accogliere nel suo cuore anche quegli ultimi terribili giorni. Per accoglierne il peso, come se ancora potesse lenire Giulio dalle sofferenze, portarne il carico di dolore. Come sempre cercano di fare le madri.

Paola Regeni, madre di questa inspiegabile situazione. Madre di ultimi momenti che tenta di ricostruire per provare a sentire il terrore che deve aver vissuto Giulio, quando «capisce che quella porta non si aprirà più». Un immagine che le torna alla mente di continuo, in un’angoscia che mai abbandona il pensiero.

Mamma Paola, che aveva insegnato a Giulio, come alle bambine e ai bambini delle classi elementari in cui è stata maestra, a «cercare sempre le parole e le azioni migliori che si può», ad «aprirsi al mondo», a essere cittadine e cittadini del mondo. E Giulio lo aveva imparato. E di questo lei era orgogliosa e fiera, come lo è ancora, davanti a quel volto piccolo, piccolo.

Paola Regeni, che chiede verità per Giulio, quel figlio che «poteva dare una mano al mondo», per la curiosità che nutriva verso di esso, per la voglia di capirne gli aspetti che ne condizionavano le società.

Paola e Claudio Regeni, la cui richiesta di verità e attesa del 5 aprile, giorno in cui l’Egitto dovrebbe dare all’Italia una risposta, sono richiesta e attesa anche nostre. Nostre, di tutte quelle madri e padri che cercano ogni giorno di insegnare alle proprie figlie e figli «a cercare le parole e le azioni migliori che si può», «per dare una mano al mondo», di cui ci sentiamo cittadine e cittadini.

Fonte: ComboniFem - Newsletter Suore Comboniane