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Palestina. Le operazioni militari e quelle mediatiche

Il corpo di un bambino trucidato, sventrato, sanguinante. Il cadavere di un uomo fatto a brandelli, con nel viso, magicamente risparmiato, ancora l’espressione del terrore. Una donna colpita a morte, non piu’ riconoscibile. Le immagini che arrivano da Gaza sono le solite del 2009, manca solo la voce di Vik a raccontarcele. Una drammatica ripetizione di eventi, senza fine, senza soluzione. E, dall’altra parte, la mano grondante sangue di uno Stato assassino, sostenuto in tutto e per tutto dagli sciacalli di un Occidente sempre piu’ infame. E un diffuso senso di impotenza, inferiore solamente alla rabbia, all’indignazione, al furore.

Esiste un’unica verita’ sulla Palestina, tutto il resto e’ vergognosa menzogna. Una menzogna fatta di ingiustizia, e prevaricazione imperiale, di pulizia etnica, fascista e infame. Ma come puo’ la popolazione mondiale – gran parte della popolazione mondiale, perche’ noi Area Antagonista nel suo complesso abbiamo fatto della Palestina terra emblematica della battaglia contro l’ingiustizia – accettare passivamente tutto questo? Non esiste una coscienza collettiva pronta ad indignarsi e a mobilitarsi per tanta vergogna?

Andando al lavoro ascolto la radio. Non sempre riesco a prendere la mia stazione di riferimento, Radio Popolare, che fra tanti difetti e pur avendo una posizione politica sempre meno condivisibile, mantiene sugli avvenimenti internazionali un’autorevolezza e una puntualita’ mirabile. Devo fare zapping e mi fermo su Radio 1 Rai, dove sta iniziando il Gr. Immediatamente lanciano la notizia di un attentato nel centro di Tel Aviv. Ma e’ un’altra parte dell’intervento del giornalista che mi colpisce. Cioe’ quando sottolinea con insistenza, con ferocia, con freddezza calcolata e colpevole, un particolare che altrove non ho letto ne’ sentito (non ho intenzione di metterne in dubbio la veridicita’, bensi’ di sottolinerane la malignita’ calcolata): la televisione nazionale palestinese avrebbe narrato la notizia dell’attentato con grande gioia e con felicita’ pari a “..quando si racconta un gol della propria squadra del cuore”.

Per avere un quadro della situazione di cio’ che accade nel mondo, mi servo spesso dell’Ansa, fondamentalmente agenzia di stampa sempre meno oggettiva e sempre piu’ asservita agli interessi del potere. Questa volta mi colpisce una fotografia. Riguarda ancora Gaza e riprende i festeggiamenti per la conclusione dell’operazione militare israeliana. La foto, bella, reale riprende un bambino, avra’ 5 anni,  con una pistola in mano. La didascalia sottolinea la differenza fra la realta’ palestinese e quella occidentale, come a dire fra la barbarie e il progresso.

Ho raccontato questi due episodi come per fornirmi una spiegazione. Non esiste nei conflitti attuali una situazione piu’ chiara e lampante della Palestina, in cui la responsabilita’ della guerra, dell’aggressione, dell’occupazione sia piu’ facile da dimostrare. E’ una vicenda a senso unico dove qualcuno attacca e qualcuno viene continuamente attaccato, sfruttato, villipeso, massacrato. L’opinione pubblica occidentale potrebbe naturalmente comprendere tutto questo, bisogna quindi sottoporla continuamente a un’operazione di mistificazione della realta’.

Una realta’ in cui il popolo palestinese dev’essere percepito come disumano, feroce, barbaro. Capace perfino di esultare goliardicamente per un attentato o di annullare il diritto sacro del bambino a vivere la propria eta’. Dopotutto disumanizzare il nemico e’ stato sempre principio fondamentale di ogni propaganda imperialista.

Come se non fosse la guerra d’Israele la prima causa di questa perdita d’umanita’. Vik l’aveva capito prima e meglio di altri ed infatti ha coniato la magnifica forma di saluto “Stay Human”, Restiamo Umani.

La Palestina ci sta provando. E noi con lei.