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Questo 8 marzo

Credo che sia difficile trovare un "ottomarzo" così intrigato e difficile, con una chiara, ma non divulgata, valorizzazione della nonviolenza e l'ombra, sempre rinnovata e perfino imprevedibile, delle violenze. Gli uomini sanno che le donne, al primo impatto con le difficoltà, si disperano, poi reagiscono costruttivamente. In Italia - un'Italia in cui diciamo non esserci golpe perché il responsabile delle esplicite violazioni contro le regole democratiche è uno che è stato regolarmente  (pur usando una legge illiberale) eletto. È responsabile non solo di "violenze" contro le norme democratiche e costituzionali, che cambia, quando lo danneggiano; ma anche di comportamenti privati che, oltre a vederlo autore di reati (concussione e prostituzione minorile), configurano menzogna, degradazione morale e umiliazione della sessualità sia femminile che maschile (quel corpo di vecchio libertino offende i maschi più delle donne che vengono pagate). Violenze che non trovavano nel paese chiara indignazione e rivolta morale collettiva.
Fino a domenica 13 febbraio, fino alla manifestazione corale della donne, non preventivamente organizzata, non politicizzata, impermeabile a strumentalizzazioni (e, infatti, regolarmente accantonata come non sufficientemente "politica", mentre dio solo sa se non era direttamente tale). E nonviolenta. Vogliamo riandare a ragionare sul "genere" della nonviolenza? E sentire che il momento è grande - forse il solo che renda ottimisti - per un futuro di nonviolenza?Si può partire da noi, che non siamo contente di ricorrere ai rigori delle condanne per le violenze contro il nostro corpo se non cambia davvero il costume: siamo ben liete di aver aperto il risveglio di iniziative dopo troppi mesi di scoraggiamento e inerzia (anche delle opposizioni, il cui dovere sarebbe proprio reclamare i diritti per non farsi togliere il Parlamento). Ci troviamo alla vigilia di un nuovo appuntamento collettivo, tutti/e indignati/e per l'offesa, questa volta non al corpo delle donne, ma a quel corpo dello stato chiamato "scuola" da parte del solito "violento" dittatore.
Ma voglio dire altre ragioni di ottimismo. Non so come andranno a finire le insurrezioni del Nord Africa, ma è grande rendersi conto che la globalizzazione delle nuove tecnologie può veicolare richieste di libertà, di giustizia, di uguaglianza e dignità umana assolutamente nonviolente. Non so come andranno a finire. Ma lavoriamo e studiamo dietro la dinamica di questi giovani e meno giovani che hanno sentito che si è forti quando e finché non si ricorre alla violenza e alle armi. Il mondo ha bisogno di valorizzare l'umano davvero "umano", cioè non "eroico", a mani nude. E le mani più nude sono quelle delle donne che in Africa non vorrebbero lasciare le carezze ai bambini per difendersi dalle aggressioni di uomini violenti, amici o nemici. Non so come andranno a finire; ma so che i nostri governi "democratici" ne hanno la responsabilità. E temo che la violenza degli interessi condizioni la libertà: eppure è evidente che occorre ormai una nonviolenza dei governi democratici che non abbiano paura di diventare un pò più poveri. Penso sempre che se diventeremo meno egoisti del nostro tanto superfluo, saremo più sicuri e contenti. Come donne non abbiamo molte illusioni; ma saremmo pronte. Quasi tutte.


Fonte: Centro di Ricerca per la Pace di Viterbo