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Recensione del libro "Senza il vento della storia - La sinistra nell'era del cambiamento"" di Franco Cassano

Sono un tifoso del barese Cassano.

Però non gioca a calcio e non si chiama Antonio, ma Franco ed è barese nel senso che insegna sociologia all’università di Bari.

Lo seguo dal 1996 quando lessi il suo libro “Il pensiero meridiano”, che con gli occhi rivolti al Mediterraneo mi ricordava il mio Camus. Ma su tale orizzonte l’Italia non ha impostato mai la sua rotta, ha sempre scelto il Continente, e forse anche per ciò oggi ci ritroviamo nella situazione disastrosa che viviamo.

Recentemente Cassano ha scritto il pamphlet: “Senza il vento della storia - La sinistra nell’era del cambiamento”, Laterza.

In questa sua riflessione sul destino della sinistra dice delle cose semplici. La prima che occorre costruire (o ricostruire) il popolo della sinistra. In tale indicazione sta già tutto il suo rinnovamento. Parla, infatti, di un soggetto diverso dal passato, non più il proletariato, ma il popolo, che a me piace ancor di più interpretare come comunità. La sua non è come suol dirsi una deriva populista, e mi preme rimarcare a tal fine che non parla di nazione. Del resto la sua è una oggettiva constatazione dei cambiamenti in atto nella società e nel mondo.

Spiega che il proletariato non è più l’elemento centrale della analisi del presente, non nel senso che non conti più, o che non sia più un suo (e nostro, della sinistra) riferimento, ma nel senso che il rapporto capitale-lavoro non è più l’unico esistente, o più precisamente “dominante” nel sistema. Oltre alla divisione capitale-lavoro, che è divenuta ormai poi finanza-lavoro,  agiscono oggi, infatti, altre divisioni quali: lavoro-ambiente, lavoro-salute, lavoro-diritti, lavoro-individuo, lavoro-collettività, lavoro-globalizzazione che, con i problemi che esprimono, si intersecano a pari livello.

In tale quadro la globalizzazione non va obbligatoriamente intesa come un male assoluto, ma più propriamente  come il risultato oggettivo di un processo che sovrasta le prospettive e le possibilità di autogestione della politica che si limita e si concentra sul solo rapporto capitale-lavoro, perché è appunto prodotta dall’insieme delle dinamiche di molteplici e varie divisioni e rapporti sociali, a livello mondiale. Ad essa, alle sue variegate contraddizioni,  in ogni modo bisogna far fronte, rapportandoci.

Questa situazione impone alla sinistra di cambiare risposta. Ma che il cambiamento non sia tradimento dei principi o della verità, o mancanza di coerenza, o opportunismo il Cassano lo spiega bene con la bella metafora della risposta sull’età. Ogni anno si risponde, infatti,  di avere un anno in più, non per questo siamo bugiardi o incoerenti! Anzi stiamo dicendo propriamente la verità, adeguandola ai tempi.

Un altro errore fatto dalla sinistra è per Cassano l’attesa di un momento di semplificazione (e anche di profetica predestinazione) che avrebbe annullato la complessità dei fenomeni, in tal modo ci si è così arenati su posizioni sociali e politiche di rassegnazione, che alla fine hanno subito anche una deriva in senso corporativo (dell’accontentarsi e/o dell’approfittarsi), mentre il momento della semplificazione non è mai arrivato, e forse mai arriverà.

La strada giusta è capire finalmente che bisogna affrontare tale complessità.

In tal senso avverte come la sinistra abbia bisogno di una strategia egemonica, la costruzione di un suo popolo, nel quale rientrino con pari dignità tutti i protagonisti della possibile sfida per un mondo nuovo. Tale popolo, per i compiti che si trova davanti, non si può più limitare agli operai salariati, deve necessariamente comprendere i disoccupati, ma anche si badi l’individualità intesa come capacità di fare impresa, e quindi altre figure sociali e produttive. Solo in tal modo sarà possibile la creazione di un blocco sociale più largo e vincente.

Altro ramo di azione politica sarà il puntare su uno Stato innovatore, che abbia un ruolo forte e qualificato indirizzato al cambiamento.

Le azioni ed i comportamenti per seguire tali sviluppi non sono definite da Cassano nella loro specificità, non per questo il suo discorso perde in crudezza e in concretezza.

Ognuno può rifletterci su e vederne le conseguenze.

Non mancano nel libro prese di posizioni forti in diversi ambiti, come quando da un lato l’autore demolisce il mito della meritocrazia, oppure, da un altro, quando critica il ruolo ed il metodo delle avanguardie, che esprimono i limiti dell’astrazione in rapporto alla concretezza della realtà ed ai vari livelli di coscienza e di sapere in possesso dei vari e tanti protagonisti.  Gli specialisti non possono, infatti, fare gara a sé, e tirare avanti diritti, lasciando affogare chi non sa nuotare.

La sinistra riassume infine Cassano “deve scendere dalla cattedra  e cessare di sentirsi ospite in un mondo cattivo”.  In  sostanza la sua disamina afferma la necessità per la sinistra di “imparare ad andare sui propri confini”, nella consapevolezza che come per la risposta sull’età “di fronte ad un mondo profondamente cambiato si può continuare a dire la verità solo se si lascia la vecchia risposta e si prova a cercarne una nuova”.

Il discorso sulla sinistra è certo complesso, ma come lui stesso afferma, la semplificazione è un  sogno cui è meglio rinunciare.

Per parte mia ho capito  che non sta certo parlando di Renzi.

PS - In un altro libro “L’umiltà del Male” (sempre Laterza) Cassano ha in pratica affrontato gli stessi temi in maniera più filosofica, e quindi più poetica, partendo dall’analisi della “Leggenda del santo inquisitore”, contenuta nei “Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij. Troppo bello per non segnalarlo come buon esercizio di lettura. Intendo sia il Cassano, sia i Karamazov (quest’ultimo almeno per la Leggenda).

Massimo Michelucci