Diciamo la verità. Sono dispiaciuto e anche umiliato, come italiano che ama l'Italia nella pace e giustizia entro la famiglia di tutti i popoli, che l'inno di Mameli sia diventato inno nazionale ufficiale. Non solo le prime due strofe, ma tutte sei (come dice La Stampa, 15 novembre), anche se sono note negli stadi solo le prime due.
E' un inno orrendo, non certo per il linguaggio arcaico, ma:
-
per i concetti guerreschi e non civili, culturali, morali, dell'unità italiana;
-
per il richiamo (tipico del fascismo) dell'impero romano;
-
per la glorificazione della vittoria bellica che, si sa da tutta la storia, non porta mai né pace, né giustizia, ma accresce la distruttività degli armamenti che minacciano genocidi (come dal 1945). (Tra l'altro, la vittoria del 1918, che stiamo per ricordare, fu la madre del fascismo);
-
per la pretesa - espressa tre volte nell'inno! - di un favore divino al nostro paese più che agli altri (ciò che offende la fede autentica);
-
per il molto ambiguo richiamo del Balilla 1746, già abusato dal fascismo;
-
per la conservata inimicizia verso l'Austria.
Inoltre, nell'inno di Mameli, data la sua vecchiezza, non c'è nulla della Costituzione del 1948, che è la vera anima della Repubblica democratica italiana. Non per nulla, è un inno amato e rievocato, anche nel nome, dai fascisti di oggi. Il tutto rende ridicola e penosa questa decisione di far cantare l'Italia con l'inno di Mameli.
L'inno di Mameli riscritto in termini costituzionali
Enrico Peyretti