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Riflessioni sulla risoluzione pacifica di conflitti ed un’ipotesi di applicazione pratica

In occasione dell’ultima assemblea delle Associazioni afferenti all’Accademia Apuana della Pace, che si è tenuta Venerdì 2 Ottobre 2020, sono stati brevemente messi in luce i benefici che un’attività di formazione coordinata dalla stessa Accademia potrebbe avere per tutti i soci iscritti. Si è considerato il fatto che sarebbero di indubbia utilità le conoscenze, tecniche di mediazione, e varie analisi di buone pratiche già accumulate dagli studi di Istituti di Formazione Superiore Italiani e Internazionali impegnati nella realizzazione di contesti pacifici. Si sono ricordati tra questi, a titolo esemplificativo, I Corsi di Laurea dell’Università di Pisa, di Assisi e l’Università per la Pace della Costa Rica fondata con il patrocinio e riconoscimento dell’ONU nel 1980.

Ascoltando gli intervenuti nell’assemblea parlare anche di queste realtà, mi sono venuti in mente per associazione alcune dinamiche di cui ho letto e ascoltato in più occasioni e che si riferiscono alla pragmatica della comunicazione efficace, agli studi sulle buone (nel senso di efficaci) relazioni nelle interazioni umane, alle discipline del cosiddetto “auto-mutuo-aiuto” e altri settori delle scienze psico-educative e socio/umanistiche. Per chi volesse trascurare questa mia breve disquisizione di tipo teorico può trovare nel paragrafo seguente un mio insieme di idee con le quali tradurre in proposte pratiche questi assunti, con riferimento particolare, nella fattispecie, alle forti criticità di natura ambientale caratterizzate dall’estrazione lapidea intensiva ancora in atto negli agri marmiferi delle Alpi Apuane.

Ciò che spesso porta determinate comunità, ceti sociali o lobbies promotrici di interessi commerciali/professionali di settore a trovarsi in posizioni conflittuali tanto ideologiche quanto relative ad interessi che sembrano insanabilmente avversari è l’esclusione di itinerari possibili mediante i quali dare spazio agli interessi/diritti specifici di tutte le due o più parti contemporaneamente. In sintesi, ciò che spesso porta ad una stagnazione delle mediazioni in un conflitto piuttosto che alla realizzazione di una concertazione per soluzioni utili a tutti è quella prospettiva che il latini chiamavano “mors tua, vita mea”, e che gli anglosassoni oggi definiscono con il termine “win-lose” (vincere e perdere) o “zero-sum game” (gioco a bilancio finale uguale a zero); quest’ultima espressione sintetizza il risultato di ogni interazione che sia un vero e proprio scontro, ove cioè non si riesce a far altro che a vedere un presupposto singolo interesse/bene materiale/altra utilità da conquistare con l’esercizio di potere e sottraendolo all’altra parte risultante in tal modo perdente. Una terza via utile a tutti gli attori della mediazione risulta spesso totalmente esclusa come ipotesi dal suddetto approccio concettuale rigido cui spesso ci assuefacciamo tutti anche inconsciamente a causa di una certa cultura educativa ancora imperante. Se si rimane all’interno di questa “forma mentis” non si può passare dal conflitto ad una concertazione che possa portare ad una soddisfazione di tutti. Come direbbero i latini: “Tezium non datur”, non c’è una terza ipotesi. Si può ottenere solo un pieno o un vuoto, un punto a me che è uno in meno per te, bianco o nero, senza altre opzioni di colori né sfumature di chiaro/scuro.

L’annoso stallo nella gestione/soluzione della precarietà ambientale/ecologica dovuta dall’estrazione intensiva del marmo nelle cave apuane.

Vorrei adesso presentare una mia visione che, mi auguro, potrebbe contribuire ad individuare una via amministrativo/politica per risolvere le criticità di varia natura prospettate dall’estrazione intensiva e a termine indefinito del marmo dalle cave delle nostre Alpi. A questo riguardo mi pare quasi una premessa scontata da parte mia dire a tutti voi che sono ben lieto di sottoporre le mie idee ad un cosiddetto “Brain storming” (“raffica tempestosa di idee in libera associazione) che solo il lavoro di gruppo può apportare, e di cui già l’assemblea dell’AAdP del 2 Ottobre ha fatto ottimisticamente intravedere la possibilità, visto l’alto numero dei presenti e i proficui apporti di esperienze narrate e visioni sicuramente costruttive. Nel teatro degli scontri tra posizioni di arroccamento varie caratteristico della “questione marmo”, da molti anni confliggono interessi di associazioni d’impresa, diritti della cittadinanza, politiche di salvaguardia ambientale. Il tutto perché, sostanzialmente, non ci si è mai provati ad emancipare in modo risoluto dalla concezione di una contrapposizione data per scontata tra gli interessi di tutti gli attori coinvolti, compresa anche la tutela della salute dell’ambiente e dei cittadini. La visione così cristallizzata segue il preconcetti come “O lavoro o tutela dell’ambiente.” Il fatto che si possa far rispettare una scadenza non a brevissimo termine delle concessioni di cui beneficiano gli imprenditori attivi nelle cave permetterebbe sia che le famiglie imprenditoriali stesse abbiano tempo per pensare ad una variazione delle proprie imprese in futuro, sia che gli stessi agri marmiferi possano essere oggetto di valutazioni tecniche e di salvaguardia tramite futuri vincoli di legge opportuni. Le prospettive utili che intravedo, per non dilungarmi troppo, sono esposte nel seguente elenco.

  1. Le manovalanze operaie attualmente al lavoro per l’estrazione potranno ancora rimanere impiegate per un certo periodo anche dopo il termine dell’attività estrattiva nei siti ove lavorano. Si può infatti immaginare la necessità di ripulire i siti e anche il territorio immediatamente circostante dalle ingenti quantità di polvere di marmo generate dalle lavorazioni. Tra l’altro la normativa già vigente impedirebbe una loro dispersione nell’ambiente che, anche se attualmente non si traduce in uno sversamento attivo nei corsi fluviali come un tempo, si concretizza comunque in una giacenza delle polveri stesse per tempo indeterminato e senza alcuna misura per uno stoccaggio controllato; ciò espone i detriti fini stessi ad essere letteralmente dilavati ad ogni precipitazione atmosferica consistente che ne determina la pericolosa dispersione nei letti di fiumi e torrenti fino al mare, con possibili passaggi anche alle falde acquifere.

  2. Le possibilità di attività economiche regolamentare, che possono dare opportunità di occupazione in settori alternativi per molti cittadini anche dopo l’interruzione di attività estrattive sono molteplici. Alcuni bacini e siti estrattivi, a seconda della loro conformazione, potrebbero essere adattati a musei all’aperto da dare in gestione. Alcune di queste aree espositive possono essere date in gestione ad enti o privati, previa emissione ed espletazione di opportuni bandi di gara, che curino mostre permanenti o alternate sulla storia dell’estrazione del marmo in senso lato, sulla fauna e flora endemica caratteristica delle Apuane, che spesso si connota per esemplari e nicchie ecosistemiche uniche al mondo, o altri temi ancora. Si possono ricavare Cinema e Teatri all’aperto o protetti da tensostrutture, arre per concerti di musica di vario genere; palestre all’aperto per l’arrampicata e l’alpinismo, ove si possano anche tenere corsi di formazione di personale tecnico. Ancora possono essere allestiti dei “sentieri/parchi avventura” gestiti da altri enti, con installazione di elementi caratteristici quali ponti sospesi (di corde, tavole di legno, etc.); camminamenti su cui procedere assicurati a vie ferrate e apprendendo l’uso di presidi di sicurezza sotto la guida di istruttori.

  3. Altri settori le cui caratteristiche e conformazioni non li rendessero adatti ad ospitare le attività appena esposte potrebbero essere oggetto dell’intervento di agenzie per il ripopolamento della flora e la conservazione di specie faunistiche, oppure diventare sede ove allestire centri di pronto soccorso o stoccaggio di attrezzature sanitarie per la Croce Rossa e/o la protezione civile, al fine di essere più vicini ai sentieri e alle vie alpinistiche di scalata che di tanto in tanto sono teatro di infortuni o incidenti. Potrebbe anche essere progettata una piattaforma di scalo per un mezzo dell’elisoccorso, o bacini idrici ricavati nei pozzi di alcune cave, cui elicotteri adibiti all’antincendio possano attingere per ricaricarsi d’acqua senza dover raggiungere il mare ad ogni viaggio.

Sicuramente queste proposte devono essere oggetto di molteplici valutazioni tecniche di fattibilità e raggiungere l’attenzione delle amministrazioni politiche locali, ma possono essere oggetto anche di miglioramenti e modifiche opportune per pianificare un qualcosa di veramente attuabile e da cui ricavare maggiori opportunità di reddito per molti. Spero che queste mie idee, sicuramente perfettibili anche in seno all’Accademia Apuana della Pace, possano essere divulgate alla cittadinanza e ai nostri amministratori locali e, comunque, vadano a costituire un esempio tangibile di come possiamo “fare” pace e non solo “fare la pace” quando non resta altro da fare se non correre a tamponare conflitti già in atto con scontri più o meno violenti e pericolosi. Penso che questo possa mettere in luce la valenza che l’Accademia può avere nella prevenzione di situazioni di conflitto pericolose, e non solo come Ente impegnato a combattere “contro” realtà violente già in atto. In tal modo, e questa volontà è già emersa come importante considerazione all’ultima assemblea, possiamo contribuire con nostri interventi ad evitare soluzioni a rischio di conflitti violenti “proponendo” alternative migliori a quelle presenti.

Allegato a questo mio scritto invio anche una tabella elaborata da una realtà formativa che attiva corsi a livello internazionale online. Questi corsi sono della serie “Capra Course”, in quanto l’ente formativo che li organizza è stato fondato da Fritjof Capra, un fisico ricercatore di origine austriaca che da tempo si è impegnato nel coordinare le ricerche di scienziati, economisti, educatori e altri studiosi per la soluzione delle grandi sfide del mondo attuale (dsparità tra le ricchezze, inquinamento e riscaldamento globale, conflitti armati, migrazioni di massa). L’aspetto innovativo di questo approccio è la “visione sistemica” nella quale si comprendendo queste problematiche attuali, scaturita dal fatto che esse stesse sono immerse in una rete di interazione reciproca, per la quale un opportuno intervento su di una può avere effetti benefici anche su altre. La tabella allegata da me tradotta in italiano e che invio anche in Inglese originale è una mappa concettuale ben leggibile delle interrelazioni tra Pandemia da Covid-19 e altri sistemi economico/ecologici integrati del mondo. Oltre al suo primo best seller “Il Tao della Fisica”, Fritjof Capra ha pubblicato libri sulla visione sistemica di tutto l’ecosistema terrestre in cui è compresa anche l’umanità e promuove attualmente molte ricerche volte a garantire un futuro sostenibile e pacifico nel mondo.