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Ritorno in Libano (parte 3) (Imad El Rayes)

Continuiamo a pubblicare le testimonianze dell'amico Imad El Rayes, al suo ritorno da Libano.
All’aeroporto di Milano, in attesa di partire per il Libano, mi guardavo intorno osservando “facce libanesi”, alcuni parlavano spagnolo, altri americano, altri ancora bulgaro o italiano… ecco la varietà: 14 milioni di libanesi all’estero, sparsi in tutto il mondo, con cittadinanze diverse.
Ed ora l’aereo pieno di persone dirette in Libano, per vacanza, o per fare visita a parenti… e così portano anche denaro all’economia libanese.
Atterriamo tra gli applausi nel paese dei contrasti e delle complicazioni: sono stato accolto molto bene da tutti.
Bello rivedere il fratello, la mamma, sorella e nipoti…
Ma strane sensazioni mi perseguitavano, come se non riuscissi più a capire quale fosse la mia casa: l’Italia, dove risiedo adesso, oppure il Libano, la terra dove sono nato.
Un mio ex professore, dopo un lungo abbraccio, mi disse “Guarda che c’è bisogno di voi artisti, c’è bisogno che voi torniate in Libano almeno per fare delle mostre, facendo rivivere la libertà tolta, la cultura rubata e la sensibilità sepolta”.
Il traffico intenso e le regole di guida (caos organizzato) mi hanno spinto a girare poco, ma quel poco è stato sufficiente per capire che questo Libano gira ancora intorno a se stesso a tutto campo, cambiano solo le facce e i nomi (parlo dei politici e dei capi), in un sistema bloccato all’interno delle diverse etnie e una falsa democrazia.
Potere, ricchezza, povertà, religione e business tutti insieme, ma la vera novità è “il business della paura”, creare dubbi, intimidire la gente con problemi quotidiani, come la mancanza di acqua e di elettricità…
La cosa più importante che manca è la fiducia in un sistema politiche, che appare incomprensibile agli occhi delle persone, ma personalmente credo che il popolo libanese sia forte, anzi fortissimo… capace di sopravvive in un paese spaccato, politicamente e socialmente… in un assurdo gioco di tiro alla fune, dove la corda è tirata dall’occidente e dall’oriente, anzi verso la Mesopotamia.
Ma in Libano continua la morte e la vita: c’è che si sposa, chi crea lavoro, l’artista che dipinge e lo scultore che scolpisce.
C’è chi pensa a progetti futuri e chi si è arreso a vivere giorno per giorno, con la paura di una guerra, ma senza sapere dove, come e quando accadrà…
Ma il Libano sono anche le lunghe code all’Ufficio Passaporti, soprattutto di giovani, che sembrano voler fuggire…
Per capire di più della situazione politica bisogna tornare indietro da quando è nato lo stato di Israele e l’indipendenza del Libano, dopo la seconda guerra mondiale, comprendendo come tutti gli avvenimenti successivi siano parti di una storia infinita.
All’aeroporto di Beirut sentivo qualcuno che diceva che erano stati trovati giacimenti di gas nella Valle del Bekaa e petrolio, davanti alle coste libanesi… forse tutto ciò, se per un verso può essere la ricchezza del Libano, per l’altro può essere una delle cause per non trovare soluzione ai suoi problemi.
… Ed io in quel momento volevo solo tornare in Italia, al compito che mi aspetta: vivere e sognare la pace.

Imad El Rayes

3 settembre 2007