Sì, è un titolo volgare. Ma è la Milano popolare delle elezioni 2013. E oltre
di Mario Pancera
Camminavo su un marciapiede di Porta Genova, a Milano, quando ho visto di fronte a me, accanto all’uscita da un supermercato Esselunga, un uomo di mezza età che, davanti a tutti, si metteva una mano nella cintola dei calzoni estraeva il pisello e orinava in mezzo a uomini, donne e bambini. Tutti si scansarono, una mamma urlò alle sue bambine e cercò di superare con loro la barriera delle auto in sosta per saltare in strada, tra il fiume di vetture che correvano per guadagnare il semaforo. Il viavai si trasformò in un rapido fuggi fuggi generale, ma direi in qualche modo composto. Lo sconosciuto, alto, robusto, occhi chiari ma perduti nel vuoto, era bianco, pareva (pareva) dell’Est europeo, uno dei moltissimi che percorrono la città e la vivono. Ubriaco. Una volta, sarebbe stata subito chiamata la polizia, oggi ci si scansa e si lascia perdere. Giusto o no, è così.
Oggi, gli ex vigili urbani e ora «poliziotti locali» armati di manganello e pistola, non si vedono se non accanto alle loro vetture biancoverdi intorno ai mercati settimanali. Una volta erano alti, austeri, andavano a piedi, si trovavano agli angoli delle strade, dirigevano il traffico. Adesso? Tutto cambia: il paesaggio, l’attitudine delle persone. Allora avevano autorità, davano fiducia, adesso incutono timore: i cittadini non li interpellano, «non vogliono grane».
Allo stadio, i tifosi si picchiavano, ora si accoltellano. Allora si andava liberamente alla partita, adesso in molti casi bisogna essere schedati. Abbiamo visto, tempo fa, che nelle edicole si trovavano in libera vendita (anche ai bambini) coltelli di varie fogge e misure, insieme con i cd, i pupazzi, le figurine dei calciatori e le riviste settimanali. Erano presentati come se fossero da collezione. «Ce li mandano», mi rispose un edicolante, «e noi li vendiamo. È permesso». Non si meravigliava, anzi era stupito della mia domanda.
Milano è, come si dice, multietnica. A Roma, Napoli, Firenze, Venezia, gli stranieri sono perlopiù turisti, a Milano lavoratori a basso costo o mendicanti. Questi ultimi li trovi spesso alticci, non sai dove vanno a dormire la notte. Sotto un cartone, in una vecchia automobile, sotto un portico, tra gli stracci. A mezzogiorno ci sono file di questuanti in attesa di un pasto caldo davanti alle porte di alcuni conventi: italiani, europei dell’Est, africani, indiani, poveri o impoveriti. Vi racconto quello che vedo. Certo, vado per le spicce, ma il lettore capisce bene quello che voglio dire. Ci sono cittadini vestiti come me e come voi, travolti dalla globalizzazione e dalle rapine internazionali. Nessuna meraviglia se qualcuno fa i suoi bisogni per strada, visto che non ha il bidet.
Mario Pancera