Caro amico e cara amica a cui invito questa mail
non è mia abitudine rivolgermi a te con una lettera collettiva ma questa volta ho un motivo che mi sta particolarmente a cuore e per il quale vi chiedo alcuni minuti di attenzione.
Invitarti a prendere conoscenza su una specifica delle tante, troppe situazioni di emergenza umanitaria può suscitare in te due interrogativi. Il primo è: perché questa fra le tante? Il secondo: e cosa posso fare io in questo caso?
E’ la stessa domanda che mi sono posto prima di scriverti. Le emergenze sono tante, è vero, ma di tanto in tanto su una di queste si apre una finestra a causa di una sua fase particolarmente drammatica. E su di essa ci viene offerta la possibilità di accendere i riflettori che consentono all’opinione pubblica di prenderne atto e di compiere un gesto che ci viene specificatamente richiesto da coloro che sono le vittime. Gesto che, apparentemente inefficace, lo diviene se moltiplicato da decine o centinaia di migliaia di persone nel mondo. Anche governi responsabili o conniventi con gli autori delle violenze infatti in molti casi sono preoccupati della propria reputazione!
Chiarisco subito che non sono a chiedere contribuzioni in denaro per qualche emergenza di solidarietà come alcune volte –assai raramente in verità- ho fatto. Non è questo che chiede il popolo guarani-kaiowá, che è oggetto di queste righe, inviando in Europa il cacique della comunità Takuara, Ládio Veron Cavalheiro, figlio del cacique Marcos Veron, assassinato davanti alla sua famiglia nel 2003, e il cui nome indigeno è Avã Taperendi. Egli è uno dei rappresentanti della Aty Guaçu (Assemblea Generale dei Guarani-Kaiowá) ed è stato scelto da detta assemblea per portare e far conoscere in Europa la tragedia che questo popolo sta vivendo, sottoposto all’inesauribile sete di terra dei fazendeiros, i grandi possidenti terrieri che li assediano in territori sempre più ridotti e le cui acque sono sempre più contaminate dal glifosato usato per distruggere le piante ‘infestanti’ delle loro smisurate monocoltivazioni di soia transgenica, di riso e di canna da zucchero. Il tutto con la piena connivenza dei governanti brasiliani di ieri e di oggi.
Quello che ti chiedo è che, in qualche modo cui accennerò alla fine, tu possa in qualche misura sentirti ‘contaminato’ dal messaggio che Ládio ha iniziato il 14 marzo a trasmettere attraverso sette paesi europei e in particolare in Italia dal 2 al 12 aprile, è tu possa ascoltarlo come tuo fratello.
Forse qualcuno di voi ha conosciuto il rapporto conflittuale tra fazendeiros brasiliani e popolo Guarani-Kaiowá -che vive essenzialmente nel Mato Grosso do Sul- attraverso l’emozionante film del 2008 del regista argentino Marco Bechis, La terra degli uomini rossi. Altri forse ricorderà la drammatica vicenda dei guarani paraguaiani narrata in un altro celebre film, Mission, del regista 1986 Roland Joffé, vincitore della Palma d'oro nel 1996 al Festival di Cannes.
La violenza alla quale i popoli indigeni di queste terre, che impropriamente chiamiamo ‘latine’, sono stati sottoposti già al momento della “Conquista”, ha causato il più grande genocidio della storia. Essa si protrae ancora oggi.
In occasione del mio primo approccio con il Brasile, all’inizio degli anni ottanta, a san Paolo fui ospite a cena di un concittadino lucchese colà trapiantato da tempo, il quale mi narrò con indignazione come alcuni nostri concittadini colà residenti talora si dedicassero alla “caccia all’indigeno” andando in certi fine settimana a sparare dall’elicottero agli indigeni sorpresi nelle radure della foresta. Una gara eccitante, evidentemente, nello spirito della trista storiella no-sbari no-sbari che era in giro in quegli anni e che evidentemente aveva un qualche fondamento nella realtà, che riesce spesso a superare la fantasia.
Diverso il rapporto coi un gruppo di guarani del mio concittadino fratel Arturo Paoli, che nel 1987 ero andato a trovare a Foz do Iguaçu, alla frontiera con l’Argentina, non lontano dall’allora più grande diga idroelettrica del paese, quella di Itaipù (Il cui lago artificiale ha 200 km di estensione in linea retta e una superficie di circa 1400 km²). La diga era stata realizzata negli anni ottanta e gli abitanti del territorio sommerso dalle acque erano stati sloggiati con la forza senza fornire loro territori alternativi. Una comunità di circa 150 guaranì da allora vagava nella regione circostante, cacciato ogni volta dalle autorità locali. Fratel Arturo aveva stabilito con loro una relazione amichevole e ne seguiva le vicende e gli spostamenti. Due dei giovani del gruppo, col consenso del gruppo, avevano potuto conseguire un diploma superiore grazie al suo aiuto. Ricordo chiaramente le poche ore passate con loro. Alcuni anni dopo un altro lucchese, che a São Luis collaborava col CIMI, il Consiglio Indigenista Missionario, mi dette loro notizie: erano sempre alla ricerca di un territorio ove poter vivere, sopravvivendo per mezzo della caccia e della pesca.
I governi brasiliani, e in particolare quello attuale sembra voler primeggiare, hanno a loro carico gravi inadempienze verso le popolazioni indigene del loro paese e non è esagerato parlare di lento sterminio in corso di alcune di esse.
Voglio raccontare un episodio accadutomi personalmente. Il mio primo approccio con il Brasile avvenne all’inizio degli anni ottanta in occasione di un viaggio organizzato dall’Associazione dei Lucchesi nel Mondo. Fummo ricevuti festosamente dall’associazione del lucchesi di San Paolo che organizzarono una cena di gala nel grattacielo Italia (allora il più alto della città, come fu enfatizzato) nel corso della quale si decantarono le virtù dei lucchesi, sia quelli emigrati che quelli stanziali. Il mio vicino di destra durante la cena ci tenne a darmi una versione rivista e corretta narrandomi come uno degli sport preferiti da alcuni dei commensali, di cui non fece il nome, in certi fine settimana fosse quello di andare a caccia dall’elicottero di indigeni sorpresi nelle radure della foresta. Forse qualcuno ricorderà la trista storiella no-sbari no-sbari che era in giro in quegli anni ……
Questi due episodi mi sono vivi alla memoria. Successive frequentazioni di popolazioni indigene prima nel nord del Brasile poi fra i maya del Chiapas e alcune popolazioni andine mi hanno poco a poco attenuato l’altezzosità del ‘civilizzato’ di fronte alla ‘barbarie’ dei popoli indigeni. E ho imparato molte cose. Avevo iniziato il mio rapporto con i popoli indigeni della regione ‘latina’ sicuro di poter insegnare qualcosa e ho finito per ascoltarli tacendo per poter infine dialogare.
Il cacique Ládio sarà in Italia dal 2 al 13 aprile secondo il programma che trovate in allegato. Sabato scorso tutti coloro che hanno collaborato a questo viaggio hanno vissuto ore di apprensione quando è giunta la notizia, molto scheletrica date le difficoltà di comunicazione con la zona, che per rappresaglia contro questo viaggio europeo, organizzato in segreto fino al suo arrivo in Europa, un elicottero aveva raggiunto l’aldea takuára dove è nato e vive Ládio, scaricando un gruppo di uomini bendati e armati che minacciavano di compiere una strage. Fortunatamente ciò non è accaduto, come si è appreso solo molte ore dopo. L’elicottero è stato successivamente identificato come appartenente all’esercito che, dopo l’intervento della FUNAI (Fundação Nacional do Índio), ha dichiarato di essersi trattato di una esercitazione militare.
Questa volta il Mininotiziario America Latina dal basso assume il carattere di una lettera personale che invio anche ad amici, estranei alla mailing list del Mininotiziario, con la preghiera di leggerla con attenzione.
Stiamo assistendo a livello mondiale ad una recrudescenza della violenza contro le persone, che in America Latina in particolare è rivolta sia verso fasce ampie di popolazione come le donne, i bambini e i popoli indigeni, che verso categorie specifiche come i giornalisti, i difensori dei diritti umani e i difensori della natura.
Nel numero scorso del Mininotiziario ho segnalato tre casi di popolazioni indio-latine e afro-latine (queste espiantate dalle loro terre africane secoli or sono) che stanno affrontando momenti diparticolare violenza. Nel prossimo Mini dovrò affrontare purtroppo altri casi che nel mondo indigeno di questa regione sono venuti in evidenza quasi contemporaneamente a questi, ma questa lettera vuole coinvolgervi in uno dei tre casi già affrontati, quello del popolo guaraní-kaiowá, una delle tre sotto-etnie dei guaraní che vivono in Brasile, progressivamente espulsi dai loro territori ancestrali, con gravi conseguenze quali l’omicidio per obbligarli a questo passo e talora il suicidio, specie fra i giovani, per lo smarrimento generato in uno dei popoli avente più forte il legame con la propria Madre Terra.
Nel n.4 del mininotiziario (che alleghiamo nel caso vi fosse sfuggito) abbiamo esposto la difficile situazione del popolo guarani-kaiowá del Brasile. Il giro in Italia del suo rappresentante Ládio Verón Cavalheiro (Avã Taperendi) è stato molto partecipato e si è concluso con la decisione di inviare, come prima azione, una lettera all’ambasciatore della Repubblica del Brasile in Italia che verrà consegnata il giorno 19 aprile da una delegazione, in occasione della «giornata dell’indio>>.
La lettera, pure allegata, è già stata firmata dalle realtà che hanno organizzato gli incontri in varie città (fra cui Fondazione Lelio Basso, Pax Christi Italia, Circolo Culturale Primomaggio Perugia, Centro Sociale Casaloca Milano etc. nonché il presente «mini») e malgrado il tempo ristretto viene proposta alla firma di singoli cittadini che desiderano dare il proprio appoggio. Per evidenti problemi logistici potranno essere prese in considerazione solo le adesioni che perverranno entro il prossimo 16 aprile compreso.
Per fare questo basterà rispedire al mittente la presenta mail CON SCRITTO NELL’OGGETTO NOME E COGNOME DEL O DEI FIRMATARI.
Grazie e buoni giorni di festa
Sua Eccellenza Ambasciatore Antonio de Aguiar Patriota
Le organizzazioni, i movimenti, le istituzioni e le realtà tutte che Le inviano questa lettera, intendono manifestare la propria preoccupazione e indignazione circa la situazione delle popolazioni indigene del Brasile, con specifico riguardo ai Guaraní Kaiowá del Mato Grosso do Sul, per le continue violenze perpetrate contro questo popolo.
Siamo preoccupati del fatto che il governo del Brasile non garantisce la demarcazione del suo territorio ancestrale: pertanto i Guaraní Kaiowá sono costretti a vivere in piccole porzioni di terra accerchiate da piantagioni di canna da zucchero e di soia che richiedono un uso intensivo di sostanze agrotossiche che avvelenano tanto i fiumi quanto il suolo. Condizioni queste che gli impediscono di coltivare, cacciare, pescare, così come di usare le erbe medicinali, ovvero di vivere secondo le loro tradizioni culturali.
Ci preoccupa che i governi brasiliani che si sono succeduti non abbiano onorato i loro impegni di delimitazione dei territori Guaraní-Kaiowá e degli altri indigeni come previsto dalla Costituzione, esponendo i Guaraní-Kaiowá a ogni tipo di violenza con l’obiettivo di espellerli da ciò che resta delle loro terre ancestrali.
Ci preoccupano iniziative governative come la Proposta di Emendamento della Costituzione (PEC) 215 e il decreto legge n. 80 del 19 gennaio del c.a., emanato dal Ministero della Giustizia, che modifica il processo di demarcazione delle terre indigene trasferendo la competenza dalla FUNAI ad un gruppo tecnico dipendente dal ministero, che avrà il potere di rivedere e addirittura revocare le aree già delimitate. Il congelamento e la riduzione di queste aree provocherebbero l’incremento della deforestazione e l’accelerazione del genocidio.
Ci preoccupa l’implementazione dell’ipotesi del “marco temporal” secondo cui possono essere riconosciute come terre indigene soltanto le aree che erano effettivamente occupate dagli indigeni al momento della promulgazione della Costituzione Federale, nell’ottobre del 1988. Siamo consapevoli che si tratta di una reinterpretazione della Costituzione brasiliana e che tale criterio non tiene conto di tutte le violazioni subite dagli indigeni prima e durante la dittatura militare, e che molte comunità non si trovavano nella propria terra perché erano state espulse o sterminate.
Ci preoccupa che aree che sono già state delimitate e legalmente dichiarate come terre indigene restino nelle mani di persone non indigene, e che tale conflitto per la terra fa in modo che molti Guaraní Kaiowá restino in accampamenti situati ai bordi delle strade che attraversano le terre dove vivevano, subendo violenze indicibili: minacce, aggressioni, attacchi con prodotti chimici, torture, stupri, omicidi - in Brasile tra il 2013 e il 2017, secondo i dati della CIMI, sono stati uccisi 891 indigeni, 436 dei quali nel Mato Grosso do Sul.
Ci preoccupano i suicidi. L’angoscia, l’emarginazione e la violenza si manifestano in modo particolarmente tragico nell'enorme numero di suicidi. Secondo le stesse comunità più di mille uomini, donne e ragazzi si sono suicidati negli ultimi 20 anni. Solo fra il 2000 e 2008 si sono registrati 410 suicidi, e fra questi molti adolescenti. Nulla di concreto è stato fatto per prevenire tale tragico fardello di vite umane, e, d´altro lato, è quasi totale l´impunità di coloro che hanno torturato o assassinato indigeni in Mato Grosso do Sul.
E’ legittimo che le popolazioni indigene del Brasile rivendichino di vivere nel proprio territorio ancestrale, in accordo con la Costituzione, con le leggi brasiliane e con il diritto internazionale, e in armonia con la propria cultura, tradizioni, lingua, nonché di coltivare e cacciare rispettando l’ambiente. La loro richiesta non riguarda tutto il territorio da essi tradizionalmente occupato: stanno chiedendo indietro solo una piccola area del Tekoha, proprio territorio sacro, che rappresenta meno dell’1 % delle terre del Mato Grosso do Sul.
Chiediamo che si fermi il genocidio contro i Guaraní Kaiowá. Gli attacchi alla terre indigene, così come l’alto numero di suicidi in questa popolazione, dimostrano che il reato di genocidio continua a verificarsi secondo la definizione della Convenzione dell’ONU del 1948. Ricordiamo che nel 2012, lo Stato brasiliano ha firmato il Trattato 169 dell’OIT sui Popoli Indigeni e Tribali (1989) che stabilisce l’obbligo dello Stato di garantire la protezione dei popoli indigeni, la loro integrità, tutela dei diritti umani, del proprio territorio, patrimonio e dell’ambiente, così come la loro partecipazione alla definizione delle politiche che li riguardano. Ricordiamo anche che il 28 marzo del corrente anno, il presidente della FUNAI, Antonio Costa, ha ufficialmente dichiarato che la demarcazione delle terre già legalmente riconosciute ai Guaraní Kaiowá è in ritardo di decenni, che sin dal 2007 è stato firmato un accordo del governo per regolarizzare 18 territori, e ha promesso una soluzione celere a questa chiarissima violazione del diritto degli indigeni.
Per tutto quello che abbiamo esplicitato, sollecitiamo che Sua Eccellenza si attivi presso le competenti autorità brasiliane affinché i diritti dei popoli indigeni siano rispettati, le loro terre delimitate, cosicché essi possano vivere finalmente in pace. Ricordiamo l’importante contributo dei popoli originari nella tutela dell’ambiente, e che la demarcazione delle loro terre, prima ancora che essere un diritto, sarebbe inestimabilmente propizia per il nostro pianeta.
Non è pensabile che una nazione che si considera una democrazia, e che è ancora internazionalmente riconosciuta come regime democratico, veda, al suo interno, accadere brutali, eclatanti violazioni dei diritti umani, e l´omissione dello Stato democratico di diritto.
PERCHE’ E’ URGENTE SOSTENERE I GUARANI-KAYOWA
Nell’ultimo numero di questo mininotiziario è stata messa in evidenza la difficile situazione di tre popoli indigeni di Abya Yala: i Guarani-Kaiowa del Mato Grosso do Sul, gli afrodiscendenti Garífuna dell’Honduras, il popolo amazzonico ecuadoriano Shuar. Nel circa un mese da allora altri casi sono venuti in drammatica ma ci sono seri motivi contingenti per soffermarsi sul caso dei Guarani-Kayowa rinviando al prossimo Mini di parlare degli altri. Infatti da domani 2 aprile sarà in Italia un capo cacique di questa sub-etnia guarani, una delle tre etnie guarani che vive in Brasile, incaricato dall’assemblea del suo popolo -la Aty Guaçu- di una missione importante per cercare di rompere il cerchio di morte che i fazenderos della regione stanno sempre più stringendo attorno ad esso con la connivenza del governo del paese. Il suo nome è Ládio Verón Cavalheiro, cacique dell’aldea Takuara e membro della assemblea Aty Guaçu e il cui nome indigeno è Avã Taperendi. Ha 50 anni, è professore di storia ma vive facendo il contadino nella sua comunità. Egli è il figlio del cacique Marcos Veron ucciso dai pistoleros dei fazendreros nel 2008 sotto gli occhi della sua famiglia. Egli negli ultimi mesi ha dovuto vivere in clandestinità perché ricercato da questi sicari e la preparazione del lungo viaggio in sette paesi europei è stata realizzata nel più stretto segreto.
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All’inizio di gennaio il Tribunal Popular di São Paulo, una iniziativa sorta nel 2008 in occasione dei 60 anni della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ha preso contatto con persone di 7 paesi europei inviando loro un messaggio che presentava i motivi della richiesta di farsi carico di organizzare il viaggio di Ládio e che inizia così:
“Facciamo appello a tutte le organizzazioni politiche, accademiche, ambientali e culturali, a militanti ed attivisti per i diritti umani e la costruzione di un mondo migliore, di dare il benvenuto a Cacique Ladio Verón durante il suo soggiorno in Europa nel 2017. Con il suo viaggio si intende denunciare a livello internazionale la continua violenza subita dalle popolazioni indigene in Brasile in generale, e in particolare da quelle dei Kaiowá e dei Guarani.”
A Tessalonica, il giorno xxx , Ládio è stato raggiunto da una notizia terribile. Takuara, l’aldea in cui vive con la famiglia, sarebbe stata “attaccata” da uomini armati scesi mascherati da un elicottero che aveva sorvolato a lungo il luogo. Ci sono volute molte ore drammatiche per avere notizie più certe. Gli elicotteri erano due, appartenenti all’esercito, e quanto accaduta è stato giustificato come una manovra militare. Una chiara provocazione come reazione al viaggio in Europa atta a intimorire sia gli abitanti che il cacique il quale, chiarito l’accaduto, in un comunicato ha ricordato come le manovre militari in territori indigeni debbano essere preventivamente comunicate e approvate. In esso ha anche ricordato così gli obiettivi del suo viaggio:
“Sono in Europa come portavoce eletto nella Aty Guasu (Grande Assemblea Guarani Kaiowa) nel febbraio di quest'anno. La mia missione è rappresentare il Popolo Guarani Kaiowa per:
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Denunciare l'indegna situazione alla quale siamo sottoposti ormai da decenni, in funzione del crescente potere dell'agroindustria e della partecipazione di quei gruppi capitalisti alla attivazione delle politiche dello Stato nocive per l'ambiente e nemiche del popolo Guarani Kaiowa , così come dei popoli indigeni in generale;
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Denunciare il progetto di privatizzazione dell' Acquifero Guarani e le sue terribili conseguenze;
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Consolidare una rete di sostegno internazionale capace di rafforzare la nostra resistenza.”
Sempre nel corso della tratta greca del viaggio si è appreso che il governo brasiliano ha deciso il taglio di ben 279 funzionari della FUNAI, la
Il popolo Guarani-Kaiowá1 è uno dei tre sottogruppi del popolo guarani presenti in Brasile e la sua consistenza numerica è di circa 30mila persone mentre altre 10mila circa sono presenti in Paraguay (altri sottogruppi guarani sono presenti in Paraguay, Bolivia, Argentina). I sottogruppi guarani-ñandeva, guarani-kaiowa e guarani-mbya hanno forme linguistiche, costumi, pratiche rituali e organizzazione politica e sociale differenti.
1Per un contatto diretto con queste realtà consultare:
Blog di Aty Guasu (Grande Assemblea) Guarani Kaiowá
Pagina di Aty Guasu (Grande Assembla) Guarani Kaiowá su Facebook
Sito della campagna guarani Povo Guarani, Grande Povo - Terra, Vita e Futuro -http://www.campanhaguarani.org.br/
Sito bilingue e collaborativo Teko Arandu - http://www.tekoarandu.org/
Sito dell’Associaziobe dei Giovani Indigeni di Dourados (AJIndo) http://www.jovensindigenas.org.br/