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Su fratelli, su cognati!

Dai «forchettoni» di De Gasperi alle leggi ad personam di Berlusconi. E cosa fanno gli intellettuali cattolici
di Mario Pancera

Le «avanguardie cristiane»! Altro che avanguardie cristiane in movimento. Don Primo Mazzolari le sognava quando in Italia il comando politico era saldamente in mano alla Democrazia cristiana, partito che però tentennava sia riguardo alla democrazia sia riguardo al cristianesimo. Troppi cattolici politici avevano scoperto prebende e tavole imbandite; e i loro alleati repubblicani, socialdemocratici e liberali non erano da meno. Li chiamavano «forchettoni». Lo scrittore Giovannino Guareschi sul settimanale politico satirico «Candido» pubblicava una strofetta tratta dalle canzoni comuniste in cui sotto l’umile bandiera si riunivano in fitta schiera non i fratelli e i compagni, ma «i fratelli e i cognati» del primo ministro Alcide De Gasperi. Allora i dc inneggiavano al «biancofiore simbol d’amore», oggi gran parte di quelli che si definiscono loro eredi inneggiano festosi al Popolo della libertà definito dal suo leader «il partito dell’amore». I tempi e la casta non cambiano, si adeguano. In questo senso, per i politici di destra, di centro e di sinistra ancora «brilla il sol dell’avvenir».

Sui quotidiani di questi ultimi mesi si affacciano considerazioni sul governo - e, anzi, sui governi - Berlusconi. Queste considerazioni riguardano: le menzogne continue del premier su politica, economia, fisco, libertà, sicurezza; il progredire di un regime e l’avanzare del fascismo dei colletti bianchi; il rincretinimento (è la parola corretta) di gran parte dei cittadini dovuto ai mass media, specialmente alle tv, private e di stato; il fatto che i cittadini siano diventati «la gente» e che il popolo sia considerato la piazza in senso spregiativo; che molti uomini politici non servano le leggi ma se ne servano per arricchirsi, che giornalisti e giornalismo siano presi di mira per impedire  loro di parlare, e via di questo passo. Si legga, per ricordare queste verità, il bel libro «La manomissione delle parole» di Gianrico Carofiglio, noto magistrato e finissimo scrittore.

Molti commentatori hanno parlato spesso di Silvio Berlusconi su importanti quotidiani, ma sempre usando circonlocuzioni e concetti così lievi da sembrare nuvole di cipria: volevano criticarlo duramente (si capisce), denunciarne protervia, maneggi e manchevolezze, ma avevano paura, eppure questi autori erano e sono ex diplomatici, docenti universitari, economisti di fama, personaggi più o meno di sinistra o «riformatori» o liberal. Tutti in apparenza con le spalle  solide, pensionati o con posti e carriere sicure, ma timorosi nei confronti del potere.

Ho trovato addirittura un articolo pallidamente contro Berlusconi, che non ne citava mai il nome, se non nelle ultime righe, quasi per scusarsi col lettore ritenuto un po’ scemo. Di chi e di che cosa avevano paura? Di essere spiati per strada, al telefono, con una cimice, attraverso il computer, paura tangibile di tutto ciò che si nasconde nel segreto, nell’ombra.

Nel marasma generale, infine, mi sembra quasi che dai giornali «laici» siano oggi scomparse perfino le firme dei commentatori cattolici. So bene che ce n’è qualcuno, ma mi è difficile trovare nella maggior parte dei loro scritti la forza viva del cristianesimo. Non parliamo dei commentatori sacerdoti: dove sono gli eredi dei Buonaiuti, Mazzolari, Milani, Balducci?

Il laicato intellettuale cattolico a sua volta appare ormai striminzito: se c’è, non si vede poi tanto (può darsi che ci sia, ma che nessuno gli apra le porte). Chi si ricorda più dell’evangelico «la verità vi farà liberi»? Si risponde con una parola: utopie. Meglio stilare note e commenti buoni per tutti gli usi e cercare di accordarsi con il «partito dell’amore», per essere sempre pronti ad ogni evenienza e a qualche cena con gli amici. Anche cardinali. Figuriamoci se si pensa a una «rivoluzione cristiana». Ma forse oggi va bene così. Meglio i soldi e il simbol d’amore che la verità.


Mario Pancera