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Una generazione che dice no alle guerre

Chiariamo bene una cosa: il problema non è mai stato la Siria. Dopo che il governo britannico guidato da David Cameron ha subito la sconfitta più umiliante, quando i parlamentari ribelli di tutti gli schieramenti si sono uniti per impedire che il nostro paese partecipasse a una nuova guerra in Medio Oriente, ecco cos'ha detto il ministro delle finanze George Osborne: "Penso che a livello nazionale dovremmo cominciare a riflettere sul nostro ruolo nel mondo e a chiederci se il Regno Unito vuole fare la sua parte nel sistema internazionale, essere il grande paese aperto e commerciale che mi piacerebbe che fosse o tirarsi indietro. Spero che questo non diventi il momento in cui quanto pare, i voltiamo le spalle ai problemi del mondo". Non ha parlato di "nuovi spargimenti di sangue". Non ha detto che l'uso di armi chimiche è assolutamente inaccettabile".

No, quello che preoccupa Osborne e il governo è cosa significa questo per il Regno Unito. Come apparirà agli occhi del resto del mondo il "nostro" rifiuto di seguire gli Stati Uniti nell'attacco alla Siria, con o senza l'approvazione dell'Onu. Ci sentiremo ancora grandi e importanti? Avrà conseguenze sulle nostre esportazioni?

Non è passato molto tempo da quando, nelle periferie della Siria, si sono raffreddati i corpi delle ultime vittime del sarin, resi ancora più rigidi del solito perché inalare un gas nervino provoca la contrazione di tutti i muscoli, e alla fine il soffocamento. Ma Osborne pensa alle prospettive commerciali del Regno Unito.

Il problema non è mai stato la Siria, siamo noi.

Con grande disappunto del governo, l'opinione pubblica britannica è rimasta decisamente contraria a qualsiasi prospettiva di guerra in Siria - più di due terzi si sono dichiarati contro l'intervento militare - e, per una volta, anche i commentatori politici di ogni tendenza erano d'accordo.

Se il primo ministro David Cameron avesse seguito ti consiglio di Vjaceslav Pleve, il ministro russo che nel 1905 scrisse che per fermare l'ondata di rivolte sociali serviva una "breve guerra vittoriosa", non avrebbe potuto sbagliarsi di più. Abbiamo già visto a cosa portano queste cose. Le guerre condotte dagli Stati Uniti in Iraq e in Afghanistan non sono state brevi né vittoriose. Gli Stati Uniti hanno ancora la forza militare e l'illusione di essere i poliziotti del mondo. n Regno Unito non coltiva più questa illusione. Da cinque anni ci ripetono che siamo troppo poveri per permetterci uno stato sociale decente, quindi meno che mai possiamo permetterci un'altra campagna indifesa degli interessi statunitensi in Medio Oriente. Pochissimi di noi vogliono la guerra, pochissimi credono che una guerra possa aiutare i siriani. A quanto pare, i cittadini britannici non hanno sempre la memoria corta. Dieci annidi guerra sono serviti a qualcosa.

In Siria la situazione è spaventosa e preoccupante. In due anni e mezzo sono morte decine di migliaia di persone, centinaia di migliaia hanno lasciato il paese, e la guerra tra i sostenitori di Bashar al Assad e le frammentarie forze ribelli durerà ancora a lungo, con o senza l'intervento angloamericano. L'impulso è dire: "Dobbiamo fare qualcosa". Ma, in un modo o nell'altro, quel qualcosa prevede sempre delle bombe a grappolo e non, per esempio, l'invio di aiuti e medicinali o l'apertura delle frontiere ai profughi.

Secondo una minoranza di falchi, il regime di Assad "dev'essere punito" e sarebbe il Regno Unito a doverlo fare. Vecchi c1iché sono stati rispolverati e lustrati, a uso e consumo della moderna

ipocrisia militare: noi risolviamo "i problemi del mondo". "n nostro paese", ha scritto il deputato conservatore Robert Halfon nel suo appello a favore dell'intervento, "si oppone da secoli a qualsiasi tirannia. n Regno Unito ha dato al mondo la democrazia moderna e il principio di legalità". Questo non è vero. n Regno Unito ha imposto per secoli la sua versione del principio di legalità a centinaia di milioni di persone del sud del mondo, molte delle quali sono state massacrate o schiavizzate.

E nei decenni successivi alla caduta dell'impero britannico gli inglesi non sono stati coerenti neanche nella loro opposizione alla "tirannia". Non siamo intervenuti durante il genocidio in Ruanda. Margaret Thatcher ha preso un tè con Pinochet. La lista dei dittatori con cui Londra ha mantenuto rapporti cordiali è lunga, ed è un atto di accusa contro chiunque abbia il coraggio di sostenere che il popolo britannico si è sempre mosso sul terreno della moralità.

Il problema non è la Siria ma, nel bene o nel male, siamo noi, sia a destra sia a sinistra. La generazione che è cresciuta durante le guerre in Iraq e in Afghanistan "riflette" già da dieci anni. Abbiamo visto il terreno della moralità che i nostri leader hanno tracciato per noi, e abbiamo scoperto che è un cimitero. I corpi sepolti lì sotto sono tantissimi, i fiori che ci crescono sono marci e puzzano di corruzione. Ma questa volta no. Non ci stiamo.

 

Fonte: “Internazionale” del 6 settembre 2013

Segnalato da Enrico Peyretti