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L’inizio di agosto lascia un’impressione amara, per chi si occupa dei Balcani con lo sguardo rivolto al superamento delle conseguenze dolorose dei conflitti degli anni Novanta e un impegno profuso nella direzione di ciò che riguardi, prima ancora che la riconciliazione, le speranze di una rinnovata convivenza. E proprio in questi primissimi giorni del mese estivo per eccellenza, quando l’attenzione dell’opinione pubblica sembra più debole, per l’inizio della pausa estiva, e per il rallentamento dell’attività istituzionale, alcune notizie irrompono dall’Europa del Sud Est, e tutte sembrano avere un tono amaro, doloroso, tragico, nel portato che vi si condensa da una lunga stagione di violenza e di guerra.

Di seguito il discorso di Štefan Füle Commissario europeo per l´allargamento e la politica di vicinato:

“ Signor Presidente, Sono lieto di avere l´opportunità di partecipare a questa conferenza sulla prospettiva europea dei Balcani occidentali. Questi scambi di opinioni, in particolare con i membri del Parlamento europeo, mi hanno permesso di capire la posizione delle principali parti interessate e di collaborare con gli altri nel portare avanti la nostra politica fin dall´inizio del mio mandato come Commissario per l´allargamento e la politica europea di vicinato. L´anno passato ha visto grandi progressi da un certo numero di paesi dei Balcani occidentali sulla loro strada verso l´Unione europea.

Approfitto del viaggio organizzato dai Beati per andare a vedere Sarajevo, mai stata prima. Sarajevo, il mito della convivenza e della cordialità. E com’è oggi? Quelle che scrivo sono solo impressioni di 2 giorni passati a Sarajevo. I segni esteriori della guerra sono ancora evidenti nei quartieri popolari vicino all’aeroporto, dove andiamo per vedere il Tunnel scavato sotto l’aeroporto per il passaggio di persone e materiale per evadere l’assedio: grattacieli con buchi e segni degli spari o toppe poco mascherate sugli intonaci.

Nel 20° Anniversario della cosiddetta “marcia dei 500” del 10 dicembre 1992 l’Associazione “Beati i Costruttori di Pace” è tornata a Sarajevo per ricordare quelle tristi giornate, per incontrare autorità istituzionali e religiose al fine di capire la situazione attuale e per rivivere una giornata di convivialità con molte persone che si erano incontrate in quei giorni e nei mesi successivi durante l’assedio della città. Allora molti volontari dell’associazione si erano fermati in città per svolgere vari servizi in favore della popolazione, soprattutto un servizio di recapito della posta.