Il conto, prego! (Geries Koury)
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Intervista a Geries Koury, palestinese di nazionalità israeliana, teologo cristiano che vive in alta Galilea pubblicata sul n. 71 di "Bocche Scucite. Voci dalla Palestina occupata".
Breve aggiornamento sulla situazione couscous e la Palestina (Irene Panighetti)
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"Non dimenticherò mai il profumo che mi ha accolta all'ingresso della cooperativa Ein al Sultan di Gerico, una delle cooperative produttrici di cous cous per il commercio equo palestinese: sarà sempre un ricordo sensoriale, corporeo, perché non trovo le parole adatte a riproporre quell'intensità aromatica che mi ha avvolta immediatamente.
Ritorno in Libano (parte 3) (Imad El Rayes)
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Continuiamo a pubblicare le testimonianze dell'amico Imad El Rayes, al suo ritorno da Libano.
Allaeroporto di Milano, in attesa di partire per il Libano, mi guardavo intorno osservando facce libanesi, alcuni parlavano spagnolo, altri americano, altri ancora bulgaro o italiano ecco la varietà: 14 milioni di libanesi allestero, sparsi in tutto il mondo, con cittadinanze diverse.
Ed ora laereo pieno di persone dirette in Libano, per vacanza, o per fare visita a parenti e così portano anche denaro alleconomia libanese.
Atterriamo tra gli applausi nel paese dei contrasti e delle complicazioni: sono stato accolto molto bene da tutti.
Bello rivedere il fratello, la mamma, sorella e nipoti
Ma strane sensazioni mi perseguitavano, come se non riuscissi più a capire quale fosse la mia casa: lItalia, dove risiedo adesso, oppure il Libano, la terra dove sono nato.
Un mio ex professore, dopo un lungo abbraccio, mi disse Guarda che cè bisogno di voi artisti, cè bisogno che voi torniate in Libano almeno per fare delle mostre, facendo rivivere la libertà tolta, la cultura rubata e la sensibilità sepolta.
Il traffico intenso e le regole di guida (caos organizzato) mi hanno spinto a girare poco, ma quel poco è stato sufficiente per capire che questo Libano gira ancora intorno a se stesso a tutto campo, cambiano solo le facce e i nomi (parlo dei politici e dei capi), in un sistema bloccato allinterno delle diverse etnie e una falsa democrazia.
Allaeroporto di Milano, in attesa di partire per il Libano, mi guardavo intorno osservando facce libanesi, alcuni parlavano spagnolo, altri americano, altri ancora bulgaro o italiano ecco la varietà: 14 milioni di libanesi allestero, sparsi in tutto il mondo, con cittadinanze diverse.
Ed ora laereo pieno di persone dirette in Libano, per vacanza, o per fare visita a parenti e così portano anche denaro alleconomia libanese.
Atterriamo tra gli applausi nel paese dei contrasti e delle complicazioni: sono stato accolto molto bene da tutti.
Bello rivedere il fratello, la mamma, sorella e nipoti
Ma strane sensazioni mi perseguitavano, come se non riuscissi più a capire quale fosse la mia casa: lItalia, dove risiedo adesso, oppure il Libano, la terra dove sono nato.
Un mio ex professore, dopo un lungo abbraccio, mi disse Guarda che cè bisogno di voi artisti, cè bisogno che voi torniate in Libano almeno per fare delle mostre, facendo rivivere la libertà tolta, la cultura rubata e la sensibilità sepolta.
Il traffico intenso e le regole di guida (caos organizzato) mi hanno spinto a girare poco, ma quel poco è stato sufficiente per capire che questo Libano gira ancora intorno a se stesso a tutto campo, cambiano solo le facce e i nomi (parlo dei politici e dei capi), in un sistema bloccato allinterno delle diverse etnie e una falsa democrazia.
Bocche scucite - Voci dai territori occupati: intervista a Nandino Capovilla
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Autori: Betta Tusset, Nandino Capovilla
Qual
è il dramma più grande delle persone che vivono in Palestina? Soprattutto dei
cristiani?
La parola 'dramma' non riesce a far intuire una
sofferenza e un'umiliazione inenarrabile che da cinquant'anni riduce allo
stremo un intero popolo. Non siamo genericamente in una situazione di 'guerra'
ma in quella più perversa e lacerante di un sistema di occupazione militare che
schiaccia e tiene imprigionati milioni di esseri umani. Il dramma è in realtà
una evidente ingiustizia basata sul ripetuto rifiuto da parte della potenza
occupante di sottostare alle Risoluzione delle Nazioni Unite soprattutto
interrompendo la colonizzazione e il blocco del movimento. I cristiani per
questi motivi lasciano la
Terrasanta e non certo -come alcuni irresponsabili media
vorrebbero far credere- per una inesistente “persecuzione” da parte dei
musulmani.
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