Contro la guerra, e senza ipocrisie
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Editoriale al n. 545 di “Notizie minime della nonviolenza”, del 12 agosto 2008
Occorre opporsi alla guerra nel Caucaso. Occorre opporsi a tutte le guerre.
E chi si impegna anche per salvare una sola vita, e chi si impegna anche contro una sola violazione dei diritti umani, già per questo merita di essere elogiato. Per questo. Ma non basta.
Dall'Italia levare la voce contro la guerra del Caucaso (o contro il regime birmano, o contro l'occupazione del Tibet o dei Territori palestinesi, o contro i fascismi in Colombia o in Iran, o contro l'imperialismo di Bush o di Putin, o contro i terrorismi fondamentalisti e le mafie transnazionali e gli stati-mafia) è possibile farlo credibilmente solo a condizione di opporsi anche alla guerra in Afghanistan cui l'Italia sta partecipando, solo a condizione di opporsi anche al dispiegarsi della violenza razzista e assassina nel nostro paese, solo a condizione di opporsi ai poteri criminali e all'eversione dall'alto in Italia: altrimenti è un predicar bene e razzolar male.
Per una definizione del concetto di nonviolenza
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Una premessa terminologica
Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato Capitini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione "non violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola "nonviolenza" significa combattere contro la violenza, nel modo più limpido e più intransigente.
Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti", perché nessuno può dire di essere "nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre, è amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla violenza cerca di muovere verso altre più alte contraddizioni, verso altri più umani conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere l'umanità di tutti.
Scriviamo la parola "nonviolenza" tutta attaccata, come ci ha insegnato Capitini, per distinguerla dalla locuzione "non violenza"; la locuzione "non violenza" significa semplicemente non fare la violenza; la parola "nonviolenza" significa combattere contro la violenza, nel modo più limpido e più intransigente.
Chiamiamo le persone che si accostano alla nonviolenza "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti", perché nessuno può dire di essere "nonviolento", siamo tutti impastati di bene e di male, di luci e di ombre, è amica della nonviolenza la persona che rigorosamente opponendosi alla violenza cerca di muovere verso altre più alte contraddizioni, verso altri più umani conflitti, con l'intento di umanizzare l'agire, di riconoscere l'umanità di tutti.
Scegliere la pace (Johan Galtung)
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Pubblichiamo questo intervento di Johan Galtung in occasione della presentazione, insieme a Danilo Dolci,del libro "Scegliere la pace", pubblicato dalle edizioni Esperia. Il volume, unico nel suo genere, è la stesura del lungo dialogo sulla pace che si è svolto tra Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale, e Johan Galtung, fondatore del Peace Research Institute.
Entrambi gli interventi, di Danilo Dolci e Galtung, sono pubblictai sul sito:
http://www.inventareilfuturo.com/wp-content/uploads/2008/07/scegliere-la-pace.pdf, dal quale li abbiamo tratti
Entrambi gli interventi, di Danilo Dolci e Galtung, sono pubblictai sul sito:
http://www.inventareilfuturo.com/wp-content/uploads/2008/07/scegliere-la-pace.pdf, dal quale li abbiamo tratti
Sperimentare la nonviolenza (Gino Buratti)
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In occasione del 2 ottobre, giornata internazionale della nonviolenza, condividiamo questa riflessione sulla nonviolenza di Buratti Gino, pubblicata su "Notizie minime della nonviolenza", n. 607 del 13 ottobre 2008.
Il 2 ottobre, giorno in cui Gandhi è nato, giornata internazionale della nonviolenza, ci offre, se vogliamo evitare semplicemente di cadere nel ritualismo, un'ulteriore opportunità di ragionare insieme sulla nonviolenza e le prospettive che abbiamo davanti.
Dinanzi al fallimento di una politica ed una cultura incentrata sul dominio e la violenza, dobbiamo riconoscere le difficoltà che ci troviamo davanti, sulle quali dobbiamo misurare, come movimenti nonviolenti, la nostra azione politica.
Il quadro di riferimento non è così semplice: l'ONU, che pure ha dedicato una giornata alla nonviolenza, è lontano dal riuscire a proporre politiche di intervento nonviolento in caso di crisi internazionali, allineandosi in questo agli stati.
Dinanzi al fallimento di una politica ed una cultura incentrata sul dominio e la violenza, dobbiamo riconoscere le difficoltà che ci troviamo davanti, sulle quali dobbiamo misurare, come movimenti nonviolenti, la nostra azione politica.
Il quadro di riferimento non è così semplice: l'ONU, che pure ha dedicato una giornata alla nonviolenza, è lontano dal riuscire a proporre politiche di intervento nonviolento in caso di crisi internazionali, allineandosi in questo agli stati.
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