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Tre fragilità

La fragilità della persona umana come corpo vivente esposto al dolore, alla malattia, alla morte. E basterebbe aver letto Giacomo Leopardi o Simone Weil per sapere quel che c'è da sapere.

La fragilità della società fondata su rapporti di dominazione, di sfruttamento e consumo anziché sulla convivialità e sulla responsabilità. E basterebbe aver letto Karl Marx o Hannah Arendt o Emmanuel Levinas per capire quel che c'è da capire.

"Zona grigia" è una delle espressioni più fortunate di questi decenni, e una delle più distorte. Non casualmente. Che il male possa contagiare chi lo subisce è una verità semplice, addirittura ovvia. Ma non indolore. Amiamo profondamente l'idea che gli oppressi sappiano resistere, che siano solidali fra loro. Ci rassicura pensare che la contaminazione diminuisca quanto più è dura la violenza inflitta, fino a sparire in situazioni estreme. Nel Lager non ci sono colpevoli, recita il titolo del fondamentale libro di Varlam Salamov (17).

Il vostro riconoscimento mi rende felice e orgogliosa, e solo un brutto incidente mi impedisce di essere con voi. Vi sono profondamente grata. Da molti anni nel mio lavoro di storica studio e scrivo di lotte nonviolente. Cerco anche di dare un contributo alle iniziative di associazioni come la fondazione Alexander Langer, che fra le altre attività svolge un'opera assidua di sostegno a quanti e quante si dedicano a costruire ponti al posto dei muri. E quando i muri resistono, li "saltano" simbolicamente e spesso concretamente, con coraggio, con rischi e costi personali, senza violenza.