Tolleranza (Di Rienzo Maria G.)
- Accademia Apuana della Pace
- Categoria: Approfondimenti sulla nonviolenza
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Pubblicato su Notizie minime della nonviolenza, n. 214 del 16 settembre 2007
Direi che possiamo ritenerci soddisfatti: la "tolleranza zero", in Italia, è stata infine raggiunta. No, non mi riferisco alle ordinanze sui lavavetri o alle proposte (oscene) di un ex ministro della Repubblica rispetto alle moschee. Si tratta di una notiziola, un trafiletto apparso sui giornali qualche giorno fa. In sintesi la storia è questa: due bande di ragazzi italiani, tutti italiani, si scontrano, si picchiano, ed uno dei belligeranti finisce al pronto soccorso. Solo poco tempo fa, la battaglia si sarebbe conclusa qui ("Ne abbiamo mandato uno in ospedale, siamo forti, abbiamo vinto!"); invece, i "vincitori" si appostano all'uscita della clinica, e quando il disgraziato ne mette fuori il naso lo accoltellano alla gola. Senza gravi conseguenze, per fortuna, ma è facile vedere che si tratta di una svolta cognitiva, una svolta terribile. Non basta più che gli "sconfitti" siano fisicamente battuti e psicologicamente umiliati, devono proprio sparire.
Ammetto che se fossi stata meno ottimista avrei saputo mettere insieme le avvisaglie e comporre un quadro molto prima. In questi anni mi è stato detto che se difendevo i diritti umani di tutte e tutti ero eurocentrica, filo-occidentale, oggettivamente alleata di Bush e anche un pò retrograda.
Una signora molto per bene, dal droghiere, mi ha spiegato che rubare è un mestiere come un altro, sta a noi "farci furbi" e "difenderci". Un giovanotto mi ha chiesto perché non rispettavo "le idee" dell'estremismo religioso e politico. Qualcun altro ha lamentato la mancanza di "valori" ed ha inneggiato al buon tempo andato in cui gli uomini erano veri uomini, le donne erano vere donne eccetera. In maniera assai rapida si è arrivati a questo: "La tolleranza significa che non puoi avere un'opinione su niente", e "L'unica legge in vigore è quella della giungla". Grado zero
Direi che possiamo ritenerci soddisfatti: la "tolleranza zero", in Italia, è stata infine raggiunta. No, non mi riferisco alle ordinanze sui lavavetri o alle proposte (oscene) di un ex ministro della Repubblica rispetto alle moschee. Si tratta di una notiziola, un trafiletto apparso sui giornali qualche giorno fa. In sintesi la storia è questa: due bande di ragazzi italiani, tutti italiani, si scontrano, si picchiano, ed uno dei belligeranti finisce al pronto soccorso. Solo poco tempo fa, la battaglia si sarebbe conclusa qui ("Ne abbiamo mandato uno in ospedale, siamo forti, abbiamo vinto!"); invece, i "vincitori" si appostano all'uscita della clinica, e quando il disgraziato ne mette fuori il naso lo accoltellano alla gola. Senza gravi conseguenze, per fortuna, ma è facile vedere che si tratta di una svolta cognitiva, una svolta terribile. Non basta più che gli "sconfitti" siano fisicamente battuti e psicologicamente umiliati, devono proprio sparire.
Ammetto che se fossi stata meno ottimista avrei saputo mettere insieme le avvisaglie e comporre un quadro molto prima. In questi anni mi è stato detto che se difendevo i diritti umani di tutte e tutti ero eurocentrica, filo-occidentale, oggettivamente alleata di Bush e anche un pò retrograda.
Una signora molto per bene, dal droghiere, mi ha spiegato che rubare è un mestiere come un altro, sta a noi "farci furbi" e "difenderci". Un giovanotto mi ha chiesto perché non rispettavo "le idee" dell'estremismo religioso e politico. Qualcun altro ha lamentato la mancanza di "valori" ed ha inneggiato al buon tempo andato in cui gli uomini erano veri uomini, le donne erano vere donne eccetera. In maniera assai rapida si è arrivati a questo: "La tolleranza significa che non puoi avere un'opinione su niente", e "L'unica legge in vigore è quella della giungla". Grado zero