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Un aneddoto raccontato da Tullio De Mauro a Matteo Mennini spiega bene il cortocircuito, a cavallo del ‘68, fra don Milani, la scuola di Barbiana e la contestazione studentesca: «Conservo la fotografia di una scritta su un muro dell’università di Napoli che diceva: “El niño que no estudia no es buen revolucionario”, firmato Fidel Castro», ricorda il linguista, fra i primi accademici italiani ad occuparsi di Milani.

Cercherò di vedere, nel suo cammino di formazione, di pensiero e di azione, il rapporto di Martin Luther King con Gandhi, l'influenza di Gandhi sul suo spirito e sulla sua azione.

Ernesto Balducci scrive che il linguaggio dei sermoni di Martin Luther King è "piano, empirico, scevro da profondi concetti". Sembra una svalutazione, ma, continua Balducci, essi "nascono da una sintesi profonda e svelano inaspettate possibilità storiche" (Presentazione, in King, La forza di amare, Sei, Torino 1967, p. 14). Si potrebbe dire lo stesso dei discorsi, conversazioni, lettere e articoli di Gandhi, anch'egli efficace comunicatore diretto, più che scrittore, di calde verità scoperte nell'esperienza. Anche King come Gandhi potrebbe intitolare una sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la verità.

Nell’agosto del 1959 don Lorenzo Milani è già da qualche anno confinato nella chiesetta di Barbiana. Da là scrive all’amico Nicola Pistelli, direttore di Politica, la rivista della sinistra cattolica e padre di Lapo Pistelli, la lettera che segue, scritta in seguito ad alcune dichiarazioni del cardinale di Palermo Ernesto Ruffini. Questi avrebbe dichiarato, in una intervista a La Stampa: “Voi giornalisti parlate pochissimo della Spagna, direi che vogliate ignorarla di proposito. Eppure averla amica potrebbe esserci di validissimo aiuto contro il comunismo”. Nicola Pistelli non ha però il coraggio di pubblicarla, uscirà solo quindici anni dopo sull’Espresso.

Nella splendida lettera trasparre nitidamente la capacità di don Lorenzo di fare le opportune distinzioni tra ambiti diversi, senza assoluttizzare l’autorità ecclesiale ma senza per questo disconoscerla. Riconoscendo anzi l’assoluta necessità di educarla e di farle capire quando sta sbagliando. Nonostante i decenni trascorsi, resta ancora capacità quanto mai rara, specialmente in questi tempi di atei devoti.