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Correva l’anno 2012 e il mese di aprile quando, per la prima volta, scrivemmo un pezzo su Combonifem magazine, sottolineando la necessità di un linguaggio che declinasse alcune parole al femminile, riconoscendo un cambiamento dei tempi certo, ma, ancora di più, il fatto che diverse cariche istituzionali e professioni lavorative venivano ricoperte da donne. Da qui, commentavamo, la necessità di avere termini rispondenti alla realtà. Perché chiamare le persone per nome significa riconoscerle.

La vicenda che ha visto coinvolte la Filcams Cgil e la Camera del Lavoro di Milano, a proposito dell'iniziativa della Coin di mettere in vetrina ragazzi e ragazze per pubblicizzare prodotti da spiaggia, si può considerare emblematica delle implicazioni ambigue, contraddittorie, che si porta dietro, con evidente esitazione a nominarle, il movimento che da alcuni anni si batte contro la mercificazione del corpo delle donne.

Chi non riesce, nemmeno a immaginare, quanta forza innovatrice ci sia nella vita delle donne italiane, nelle nostre vite, è immerso in un autismo politico. E questo incontro dimostra una realtà cristallina nella società, ma opaca nei  palazzi del potere: l’Italia è in crisi perché non ha dato risposta alla libertà delle donne, libertà  che ha cambiato tutto: vite, lavoro, relazioni, saperi.