Sono trascorsi quasi 20 anni dall’insurrezione armata degli indigeni zapatisti del Chiapas (1 gennaio 1994) e 30 dall’arrivo, nelle cañadas di Ocosingo, di un esiguo gruppo di militanti cittadini scampati alla guerra sucia: <<un gruppo di illuminati che arriva dalla città per liberare gli sfruttati si trova, più che illuminato, messo a confronto dalla realtà delle comunità indigene […] Quanto tempo ci abbiamo messo per renderci conto che dovevamo imparare ad ascoltare e, dopo, a parlare? Non sono sicuro, sono passate già non poche lune, però io calcolo per lo meno due anni. Cioè, ciò che nel 1984 era una guerriglia rivoluzionaria di tipo classico (sollevazione armata delle masse, presa del potere, instaurazione del socialismo dall'alto, molte statue e nomi di eroi e martiri dappertutto, purghe, eccetera, infine, un mondo perfetto), per il 1986 era già un gruppo armato, indigeno in modo imbarazzante, che ascoltava con attenzione e balbettava appena le sue prime parole con un nuovo maestro: i popoli indios>>. [da Chiapas: La tredicesima stele del Subcomandante Marcos].
Un altro anniversario: l’8 di agosto nei territori zapatisti nascevano i caracoles, la forma di autogestione più radicale che si conosca oggi nel mondo. Nei caracoles appunto questa settimana si sono aperti i festeggiamenti per il ricevimento degli oltre 1800 invitati in Chiapas dove <<nella settimana prossima avrà inizio il primo corso per apprendere la libertà con gli zapatisti. […] Non sarà facile partecipare. Si esige di ri-apprendere ad apprendere, particolarmente quando si informa che i maestri non saranno professori certificati e mancheranno pedagogisti esperti. Non si svolgerà alcuno dei requisiti formali di un corso scolastico o di un ambiente accademico. E non si tratterà di apprendere sul mondo, ma dal mondo, e di apprendere da coloro che stanno costruendo il mondo nuovo. Vi è stato un tempo in cui si diceva che cambiare il mondo era molto difficile, forse impossibile; però ciò che invece era possibile era costruire un mondo nuovo. Saranno maestri coloro che stanno facendo questo. Per questo è necessario ri-apprendere ad apprendere. Ma la parte più difficile sarà il contenuto: si tratta della libertà.>> (G. Esteva, Apprendere ad apprendere, www.comune-info.net).
L’insurrezione zapatista riapriva la storia grazie a un pugno di insumisos e ciò avveniva in un angolo sperduto delle montagne del sudest messicano per mano degli ultimi fra gli ultimi, gli indigeni maya, mai definitivamente sottomessi, contrariamente alla storiografia che li descriveva come selvaggi, indolenti, incapaci, falsi, antropofagi (C. Montemayor) tanto che la parola indio, frutto dell’errore geografico di Colombo, divenne nelle società coloniali un feroce insulto.
20 anni or sono, al momento dell’insurrezione e dopo, per vari anni, l’interesse fu vivo nel mondo italiano dei movimenti dove si leggevano e discutevano animatamente i comunicati del “subcomandante” oltre a quelli, più rari e contenuti, della comandancia del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno. Per molti fu la rinascita di una speranza, per altri, più riflessivi, fu l’inizio di una rigenerazione del pensiero dopo un lungo letargo ideologico.
Il lemma dell’Incontro Intergalattico che gli zapatisti organizzarono due anni dopo, a fine luglio 2006, nella Selva Lacandona, fu esemplare: “Per l’umanità, contro il neoliberismo”. E molti loro slogan -che slogan non erano bensì lunghi ripensamenti condensati e tradotti in norme di comportamento- aiutarono molti di noi a riflettere. “Un mondo capace di contenere molti mondi diversi” proponeva una alternativa alla globalizzazione omogeneizzante. “Per noi nulla, per tutti tutto” era un programma politico preciso, alternativo alla logica dominante. “Parlare e ascoltare” era una norma basica senza il cui rispetto non esiste dialogo alcuno. “Avanzare domandando” era l’antidoto contro le onnisapienti avanguardie “progressiste” e “illuminate”. Ma soprattutto “comandare obbedendo” era una nuova concezione del potere distillata nelle comunità indigene durante 5 secoli, 3 di colonia prima e 2 di colonialismo interno dopo.
Oggi qui in Italia molti che allora si infiammarono si sono dimenticati degli zapatisti. Molti pensano che siano scomparsi. Alcuni degli ‘illuminati’ ritengono l’esperienza zapatista superata, marginale, vana. E’ certo che il Chiapas non fa più “notizia” come allora, e le nuove leve dei movimenti neppure forse conoscono i fatti. Eppure nel dicembre del 98 eravamo in molte migliaia a Roma –chi scrisse 40 mila, ma anche la metà sarebbe stato un numero notevole- per manifestare contro la strage avvenuta nel villaggio di Acteal.
Un giorno forse qualcuno scriverà la storia del movimento “zapatista” in Italia e probabilmente indicherà, fra i vari motivi dell’oblio, come è stato affossato, inseguendo logiche tradizionali di cooptazione politica da parte di sinistre politiche radicali e sconclusionate, aduse all’usa e getta, sempre alla ricerca affannosa e confusa di idee e di miti per rimpolpare le esangui file. O di movimenti “disobbedienti” incapaci di concepire altro che la propria “leadership”. Ma scriverà anche di quello che magari anonimamente è passato di positivo nel pensiero e nei comportamenti di singoli o gruppi.
Ma legami con gli zapatisti, accompagnati da un pensiero critico sempre in ricerca, continuano seppur ridotti, tenuti accesi da piccoli nuclei, una radio comunitaria là, un sito costantemente aggiornato qua, un flusso ridotto ma non spento, di viaggiatori con destinazione i punti di osservazione internazionale nelle zone dove la sicurezza è più critica. Così in questi giorni molti hanno accettato l’invito ad andare a ‘ri-apprendere ad apprendere’, nelle escuolitas zapatiste, cosa siano la dignità, l’autogestione, la libertà. E ci auguriamo che al ritorno ci raccontino e rianimino un dibattito, dibattito che certamente tornerà a riaccendersi a dicembre, in occasione del XX anniversario dell’insurrezione.
PS I Testi del sup Marcos e del sub Moisés riguardanti le modalità e il s9ignificato delle visite alle escolitas sono leggibili sul blog http://chiapasbg.wordpress.com.